System failure: una società complessa sull'orlo del crollo? | Megachip
Top

System failure: una società complessa sull'orlo del crollo?

“La civiltà occidentale è sull’orlo di un crollo?” Si chiede New Scientist nel suo editoriale di questa settimana e la risposta è, forse dovrebbe essere: Ma perché solo quella occidentale? [G. Monbiot]

System failure: una società complessa sull'orlo del crollo?
Preroll

Redazione Modifica articolo

12 Febbraio 2018 - 08.46


ATF

di George Monbiot

E’ una bella domanda, ma che va un tantino stretta. “La civiltà occidentale è sull’orlo di un crollo?” Si chiede New Scientist nel suo editoriale di questa settimana e la risposta è, forse dovrebbe essere:  Ma perché solo quella occidentale?

Sì, ci sono dei governi occidentali che sono stati presi da una frenesia di autodistruzione. In un’epoca di complessità fenomenale  e di crisi interconnesse, l’amministrazione Trump si è imbarcata nel deskilling – nella dequalificazione – delle massa e in una semplificazione dello stato. Anche se Donald Trump ha licenziato il suo stratega Steve Bannon, la strada è sempre la stessa dichiarata da Bannon,  la  “decostruzione dell’amministrazione dello stato”, che rimane il punto focale  – forse l’unico – della politica di Trump.

Togliendo fondi ai dipartimenti, smantellando gli uffici e licenziando gli esperti su cui facevano affidamento, chiudendo i programmi di ricerca, screditando i funzionari pubblici che rimangono ancora in servizio, resta solo uno stato che si disprezza e che sta distruggendo l’impianto del governo stesso. Allo stesso tempo, sta distruggendo le difese pubbliche che potrebbero servire per difenderci dal disastro.

Una serie di studi pubblicata negli ultimi mesi ha cominciato ad esplorare l’impatto più ampio che possono avere gli inquinanti. Uno di questi studi, pubblicato su the British Medical Journal,  indica che l’esposizione prenatale dei bambini all’inquinamento atmosferico nelle città sta causando “qualcosa che è quasi una catastrofe per la Sanità Pubblica”. L’inquinamento, se arriva a colpire l’utero materno, può provocare  la diminuzione del peso alla nascita, l’interruzione dello sviluppo dei polmoni e del cervello del bambino e una serie di malattie debilitanti e fatali in età avanzata.

Un altro rapporto, pubblicato su Lancet,  indica che il numero di morti provocato dall’inquinamento è tre volte più elevato dei danni fatti all’AIDS, dalla malaria e dalla tubercolosi, messe insieme. L’inquinamento, notano gli autori della ricerca, “minaccia la sopravvivenza della società umana.”  Una raccolta di articoli sulla rivista PLOS Biology  rivela che da un esame sulla maggior parte degli 85.000 prodotti chimici sintetici ai quali potremmo essere esposti,  non si sono rilevati dati affidabili sulla loro sicurezza in termini di salute pubblica. Mentre centinaia di queste sostanze chimiche  “contaminano sangue e urine di quasi tutte le persone campionate”  e la quantità dei materiali che li contengono aumenta ogni anno, non abbiamo idea di quali possano essere i possibili impatti futuri che provocheranno questi elementi, sia presi uno ad uno che combinati tra loro.

Come se avesse voluto rispondere immediatamente a queste constatazioni, il governo Trump ha sistematicamente distrutto  l’integrità della Environmental Protection Agency, ha cancellato il  Clean Power Plangli standard ambientali per il controllo dei veicoli a motore, ed ha  tolto il divieto dell’uso del chlorpyrifos  (un pesticida che ormai è riconosciuto compromettere la funzione cognitiva e comportamentale nei bambini), oltre ad aver annullato un lungo elenco di altre tutele pubbliche.

Anche nel Regno Unito, gli ultimi governi hanno ridotto la loro capacità di rispondere alle crisi. Uno dei primi atti di David Cameron nel prendere il potere fu bloccare i sistemi di allarme preventivo per il governo: la Commissione Reale sull’inquinamento ambientale e la Commissione per lo sviluppo sostenibile. Non voleva stare a sentire quello che gli dicevano. Buttava fuori i consiglieri di buonsenso e faceva posto ai leccapiedi:  Tutto questo, in passato, molte altre volte ha preceduto la caduta degli imperi. Ora, mentre NOI ci separiamo dall’Unione europea, stiamo degradando la nostra capacità di risolvere anche quei problemi che nulla hanno a che vedere con le frontiere.

Ma queste patologie non sono confinate solo in “Occidente”. L’ascesa della demagogia (la ricerca di soluzioni semplicistiche a problemi complessi, accompagnata dallo smantellamento dello stato tutore) è evidente ovunque. La disgregazione ambientale sta prendendo velocità in tutto il mondo. L’annientamento delle popolazioni di vertebrati, la Insectageddon  (la scomparsa degli insetti), il disboscamento delle foreste pluviali, delle mangrovie, del suolo, delle falde acquifere, il degrado di interi sistemi terrestri, come l’atmosfera e gli oceani, procedono a ritmi sorprendenti. Queste crisi che producono effetti l’una sull’altra interesseranno tutti, ma le nazioni più povere saranno colpite prima e maggiormente.

Anche le forze che minacciano di distruggere il nostro benessere sono ovunque e sono sempre le stesse: in primo luogo la capacità di fare lobbying delle grandi imprese e dei grandi capitali, che percepiscono qualsiasi amministrazione statale come un impedimento ai loro interessi più prossimi. Poi c’è la forza di persuasione dei finanziamenti elettorali, dei thinktanks  finanziati in segreto, dei giornalisti asserviti e dei professoroni addomesticati, sono queste le forze che minacciano di sopraffare la democrazia. Per sapere come funzionano, basta leggere il libro di Jane Mayer  Dark Money.

Fino a un certo punto, la connettività aumenta la resilienza. Per esempio, nei momenti in cui c’è carenza di generi alimentari prodotti nelle vicinanze, i mercati regionali o quelli globali ci consentono di attingere alla produzione di altri luoghi. Ma se questa connettività e questa complessità superano un certo livello di guardia, minacciano di diventare situazioni ingestibili. Le caratteristiche emergenti del sistema, combinate con l’incapacità del cervello umano di comprenderle, potrebbero allargare le crisi piuttosto che contenerle. Rischiamo così di ammazzarci l’un l’altro. New Scientist avrebbe dovuto chiedere “una società complessa  viaggia sull’orlo del collasso?“.

Le società complesse hanno già collassato molte volte in passato. Viviamo in una specie di civiltà interglaciale, viviamo una breve tregua dall’entropia sociale. Ci si è sempre chiesti quando, non se. Ma ora questo “quando” inizia a sembrare un “presto”.

Il crollo degli stati e la complessità sociale, però, non sono sempre stati una brutta cosa. Come sottolinea James C Scott nel suo affascinante libro Against the Grain, la dissoluzione degli stati antichi, che si basavano su schiavitù e coercizione, probabile  fu vissuta da molte persone come l’inizio della loro emancipazione. Quando il potere centralizzato cominciò a vacillare, per effetto di epidemie, di carestie, di inondazioni, di erosione del suolo o della perversione autodistruttiva del governo, chi era intrappolato nelle regole di quella gabbia, ebbe la possibilità di fuggire e in molti casi si unì ai “barbari” invasori.

Questo cosiddetto “primitivismo secondario”, osserva Scott, “potrebbe rivelarsi come un netto miglioramento in termini di sicurezza, di nutrizione e di ordine sociale. Mettersi dalla parte dei barbari spesso è un tentativo di migliorare la propria sorte. “L’età oscura che inesorabilmente viene dopo l’età dalla gloria e della grandezza dello stato potrebbe essere stata, all’epoca, un periodo migliore per essere vivi.

Ma oggi non c’è più spazio per tornare indietro. Le terre selvagge e i ricchi ecosistemi che un tempo davano da mangiare a cacciatori-raccoglitori, a nomadi e ai profughi  – che scappavano dalle prime forme di stato che implodevano  – oggi  quasi non esistono più.  Solo una piccola parte della popolazione mondiale di oggi riuscirebbe a sopravvivere ad un ritorno alla vita primitiva. (Tanto per dare  un’idea dei numeri, secondo una stima, la popolazione delle isole inglesi durante il Mesolitico, quando si viveva di  caccia e di raccolta, era di 5000 persone). In questa era nominalmente democratica, la complessità dello stato ora è –  pur con tutti i suoi difetti – l’unica cosa  che si frappone tra noi e il disastro.

E allora che cosa facciamo? La prossima settimana, se tutto va bene, parlerò di una nuova strada da seguire. Quella che stiamo percorrendo adesso, non è quella giusta.

George Monbiot

Fonte :  www.monbiot.com 

Link  : http://www.monbiot.com/2018/01/29/system-failure/

29.01.2018

Traduzione:Bosque Primario

Link articolo: System failure: una società complessa sull’orlo del crollo?

Native

Articoli correlati