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La rivoluzione che manca

Tutto converge (spesso per bieco interesse di bottega) ad un finale di partita tra sovranisti ed europeisti. [Pier Francesco De Iulio]

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28 Maggio 2018 - 09.14


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di Pier Francesco De Iulio

 

È un profluvio di commenti, di scampato pericolo e di alto tradimento, per il discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo che il Prof. Giuseppe Conte ha rimesso l’incarico nelle sue mani, sciogliendo la riserva.

La “rete” e i social impazzano, nella rincorsa del cittadino digitale a dire la sua, twittando e postando la frase del giorno su quanto avvenuto. Eserciti di neo-costituzionalisti da tastiera si scontrano sui cavilli della nostra Carta costituzionale, sperando di spuntare il maggior numero di like (e fors’anche qualche cuoricino).

Nei talk show serali, dove va in scena la grande bellezza dell’informazione pseudo-politica, è subito un gran trambusto di invettive e minacce, sorrisi e pacche sulle spalle. Il giornalista dà del tu al leader politico, il politico si scusa di non essere “in studio” col giornalista (aveva da fare…). Sempre in collegamento telefonico, in collegamento televisivo, in collegamento occulto coi “poteri forti” dell’Europa e delle banche, e naturalmente degli onnipresenti “mercati”.

Ed è sempre scontro fazioso. Lotta tra tifoserie avverse di una politica asservita e ridotta a merce per il ludibrio da stadio. E tutto converge (spesso per bieco interesse di bottega) ad un finale di partita tra sovranisti ed europeisti.

Le dichiarazioni di ieri sera del Presidente Mattarella hanno una valenza squisitamente politica, prima ancora che noi si stabilisca l’opportunità e la liceità del suo comportamento all’interno del quadro istituzionale.

Egli ha detto:

«La designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari.»

e ancora,

«L’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. Le perdite in borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane.»

È la resa dell’agire politico (e sociale) di fronte al principio ordinatore dell’economia. È la finanza del grande capitale globalizzato che si erge imperiosa sull’altare dell’umano sacrificato.

Qualcuno, con cognizione di causa, ha scritto: «Mattarella gioca col fuoco.»

E io mi domando: a chi giova che il Presidente della Repubblica giochi col fuoco? E chi sarebbero poi i pompieri che accorrerebbero a spegnerlo, e come? Cui prodest?

 

 

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