Istruzione. Apertura di fuoco per l'anno scolastico

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17 Settembre 2009 - 14.08


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di Andrea Bramante- dazebao.org

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A tre giorni dall”inizio dell”anno scolastico non si placano le proteste dei precari e da ieri, si sono aggiunte quelle degli studenti. Sul tetto de “La Sapienza” gli studenti sostengono le lotte dei precari; a Milano la polizia sgombera il Liceo serale “Ghandi”. In 3 mila comuni di montagna le scuole sono a rischio chiusura. Ma insomma, per chi è suonata la campana?

 

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ROMA – Le scuole hanno riaperto lo scorso 14 settembre, in quasi tutt”Italia ma, ormai è chiaro che non sarà un anno facile. Tornati in classe gli studenti, infatti, come era prevedibile, prendendo atto delle “novità” hanno deciso che no, proprio non vanno bene e, come era accaduto lo scorso anno, i vari coordinamenti si sono ricostituiti per contestare la riforma Tremonti-Gelmini riprendendo esattamente dal punto in cui avevano lasciato.

A rafforzarli nella loro decisione le settimane di lotta messe in piedi dai vari coordinamenti dei precari e dalla CGIL che, peraltro, non accennano ad esaurirsi sostenute – ora – dalla linfa giovanile del movimento studentesco. Una sorta di circolo virtuoso che prende forza dalle varie esperienze che, via via, si consolidano e si manifestano.

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La protesta dei precari della scuola, così, arriva all”Università. Molti studenti, già da ieri mattina, sono saliti sul tetto dell”Università di Roma “La Sapienza” dove hanno portato striscioni a sostegno dei precari, appunto, con scritte del tipo “Scuole e università, stessi stagli, stessa precarietà“, oppure “Tagli alla scuola, una truffa per tutti” e, ancora, “I nostri destini non fanno rima con Gelmini”.

Sul tetto gli studenti hanno piantato le tende ed hanno fatto sapere, almeno quelli che si firmano “Coordinamento dei Collettivi della Sapienza”, di avere intenzione di passarvi la notte. Quando sono saliti, ieri attorno a mezzogiorno, erano una cinquantina di studenti ed una ventina d”insegnanti ma l”Onda, annunciano, “s”ingrandirà sempre di più in vista di un nuovo autunno caldo”.

Intanto, l”Unione degli Studenti delle scuole superiori ha annunciato un blitz nei pressi del ministero dell”Istruzione per giovedì prossimo, in occasione dell”incontro della ministra Gelmini con le associazioni studentesche, nella sede di Viale Trastevere. L”Uds – in vista della manifestazione del 3 ottobre organizzata dai precari della scuola – oltre ad annunciare la presenza degli studenti in piazza ha anche lanciato, per il prossimo 9 ottobre, una mobilitazione nazionale annunciando cortei studenteschi in diverse città italiane, tra cui Roma, contro i tagli alla scuola mentre per il 10 e l”11 è prevista, sempre nella Capitale, una grande assemblea di studenti delle scuole medie superiori, universitari, dottorandi e ricercatori.

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“Un”azione eclatante, i cui dettagli sono ancora top-secret” annunciano, intanto, gli studenti dell”Onda torinese, per l”inizio della scuola.
Il presidio si svolgerà venerdì pomeriggio, alle 17, in piazza Castello, ed è stato indetto da una decina di sigle autonome fra cui: Precari autoconvocati, Onda anomala Torino, Cub e Cobas scuola e Studenti autorganizzati.

Gli effetti della riformicchia

A Milano, invece, la polizia – stamane – ha interrotto con la forza l”occupazione del liceo civico serale “Gandhi” di Milano.
L”istituto, occupato ieri sera da un ottantina di studenti, è al centro di una protesta – inziata lo scorso 7 settembre – per dire “no” “all”intenzione del Comune di chiudere i quattro indirizzi della scuola – spiegano i manifestanti- fatta eccezione per due classi”.
Intorno alle 7, gli agenti sono entrati nell”istituto dove hanno dormito una trentina di ragazzi, tra i quali alcuni appartenenti ai centri sociali. Nessuno scontro, fortunatamente, si è registrato tra polizia e manifestanti.

Sono questi i primi effetti di tagli voluti da Tremonti e realizzati dalla ministra Gelmini anche se, non sono i soli. A scuola iniziata, infatti, vengono al pettine i nodi e si toccano con mano i “tagli” non solo alle docenze ma ad intere strutture scolastiche.

E” il caso dei 3.600 comuni di montagna dove, da lunedì, è iniziata la protesta dei genitori. C”è chi tiene i figli a casa, chi occupa i provveditorati, chi si paga gli insegnanti nella scuola pubblica e chi addirittura attira con incentivi le famiglie perché risalgano le valli e vadano a rimpinguare le classi a rischio di scomparsa. Sta di fatto che da lunedì, anche la montagna è in rivolta contro i tagli della riforma scolastica.

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Non è una protesta che nasce dall”ideologia ma dalla necessità: “Non toglieteci la scuola”, sta scritto sulle magliette dei bambini.
“Senza le scuole – aggiungono i sindaci – chiudono i paesi”.

Il record, probabilmente, spetta a Levone, 490 abitanti nella Comunità montana dell”Alto Canavese, in provincia di Torino: tutti i sedici bambini sono finiti in un”unica classe, ammassati in un”unica aula dai tagli del personale insegnante stabilito dalla riforma. Tutti insieme appassionatamente, dai piccoli della prima ai più grandi della quinta. E” questa la nuova frontiera della formazione ai tempi di Mariastella: si chiama “pluriclasse” e con le nuove regole (il tetto massimo che è salito da 12 a 18 alunni) sembra destinata a rappresentare il futuro della scuola nei piccoli paesi di montagna. Solo in Piemonte, dicono all”assessorato all”istruzione, le scuole con un”unica pluriclassse sono raddoppiate passando a 60.

Purtroppo è solo il primo passo visto che la “scure” del numero minimo di alunni per scuola, se fossero abolite tutte le scuole con meno di 50 allievi – come vorrebbe la Gelmini – si potrebbero chiudere interi paesi. E questo è uno degli scenari possibili nei prossimi due anni.

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In Italia, infatti, le micro scuole dell”obbligo (elementari e medie inferiori) sono 3.600 e quasi tutte quelle dei paesi in cima alle valli rientrano nel conto.

“Chiudere le scuole in certe frazioni – dice il sindaco di Bra (Cn), Bruna Sibille – è come tagliare i boschi e poi stupirsi delle frane. Senza la scuola per i figli, le famiglie si trasferiscono a valle. La montagna si spopola e si degrada”.

E” per questo motivo che, prima di arrendersi, i genitori hanno deciso di organizzarsi escogitando i sistemi più vari pur di mantenere la scuola nei paesi. In due comuni della montagna piemontesi (Viù e Ceres) i genitori scioperano tenendo i figli a casa per protesta.
Mentre a Londa, sull”appennino tosco-emiliano, i genitori hanno deciso di organizzare delle cene sociali per pagare insegnanti per una terza media che, altrimenti, è destinata a chiudere con il conseguente trasferimento dei 9 alunni a Dicomano, sei chilometri più a valle.

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Il problema non sono i sei chilometri, dicono i genitori dei ragazzi, “ma il fatto che quella distanza si aggiunge ai 40 minuti di strada che i ragazzi devono percorrere arrivando dalle frazioni più lontane”.
Sta di fatto che se per due anni, i 9 della terza A, sono riusciti a nascondersi nelle pieghe della burocrazia scolastica evitando la pluriclasse, oggi, con i tagli decisi dalla Gelmini, il trucco è andato in crisi e il trasferimento a Dicomano sembra(va) inevitabile.
A meno che, ai soldi che la comunità montana ha già stanziato, non vadano ad aggiungersi altri 35 mila che i genitori si sono impegnati a trovare con il sistema delle cene. Soldi che, a conti fatti, sarebbero poco più dei 30 mila che servirebbero al comune per pagare il pulmino per il trasporto dei 9 studenti.

Insomma, anche a scuole aperte, il caos continua ad imperare nella scuola italiana con la beffa ulteriore che, a conti fatti, la nostra potrebbe diventare il primo sistema formativo europeo dove in un plesso si trovano classi pubbliche e classi “private”.
Che sia questo il welfare ispirato al principio di sussidiarietà?

Fonte: QUI.

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