8 ottobre: chi apre una scuola, chiude una prigione

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7 Ottobre 2010 - 21.11


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di Tito Russo – Coordinatore Nazionale UdS.

E” cominciata la non-scuola. La negazione anteposta è d”obbligo poiché all”alba di questo nuovo anno didattico 2010/11 tanta è la confusione sotto il cielo: alcuni credevano fortemente che la scuola di massa avrebbe consentito di eliminare le differenze sociali e di censo, che ci sarebbe stata una cultura diffusa e generalizzata. In parte negli anni è stato così: la scuola degli anni ”60 e ”70, seppur improntata sulla forbice gentiliana tra sapere e saper fare, aveva acconsentito a migliaia di ragazzi di accedere alla prima formazione. La tendenza degli ultimi decenni, perseguita da tutti i governi, è stata quella di aver adeguato riforme e provvedimenti a percorsi sovranazionali e ad esigenze di bilancio, svuotando progressivamente il senso e il ruolo del sapere.

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La 133, i tagli agli organici e i provvedimenti sul riordino dei cicli sono ingredienti esattamente in linea con questa tendenza ed anzi rappresentano il colpo finale, il mutamento radicale della concezione del valore formativo e la messa in discussione definitiva dell”istruzione laica e pubblica.

Questo perchè ciò che c”è veramente dietro alle tabelle di Tremonti non è soltanto il risparmio, il “fare cassa” sulle spalle di un comparto pubblico, della scuola piuttosto che della sanità, o altro. Vi è un chiaro obiettivo che segna il passo del Governo e cioè quello di edificare una nuova società fondata sull”educazione di mercato che tende ad escludere piuttosto che ad accogliere.

“Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione”, la massima di Victor Hugo descrive molto bene l”attuale situazione in cui la dispersione è su livelli altissimi, le ricadute sociali degli abbandoni vanno ad ingrassare le fila delle criminalità organizzate.

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Non possiamo sicuramente più permetterci di giocare sulla difensiva, non possiamo limitarci solo ed esclusivamente a difendere le buone pratiche che pure in questi anni difficili abbiamo saputo costruire. Occorre chiudere le “scuole-prigioni” e aprire al territorio un”idea di scuola che sfida la Gelmini sul terreno dell”innovazione. Bisogna togliere le incrostazioni entro cui siamo bloccati: democrazia diretta e paritetica tra le componenti, bilanci partecipati, sussidiarietà, reti di rappresentanza e progettualità. Alla “riforma epocale”, atto finale di dismissione della scuola noi contrapponiamo “l”AltraRiforma”, non un testo di legge né semplicemente un insieme di rivendicazioni complessive.

L”AltraRiforma come percorso nazionale di costruzione di un modello diverso di didattica, rappresentanza, autonomia, partecipazione. Sperimentare pratiche di condivisione attraverso laboratori, commissioni paritetiche, mobilitazioni costruttive, pratiche di alternativa.

Chi ha deciso di chiudere le scuole non sa di aprire le prigioni.

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Il prossimo 8 ottobre ci sarà una grande mobilitazione studentesca con cortei in tutte le città: un primo segnale, certo non sufficiente, ma importante.

La necessità non più soltanto di opporsi per resistere, ma di contrattaccare per vincere.

 

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Fonte: www.unionedeglistudenti.net.

 

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