Qual è la rappresentazione che i media danno oggi della scuola italiana?

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16 Ottobre 2010 - 09.25


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di Giuseppe Caliceti – alfabeta2.it

E quale rappresentazione ne danno i numerosi docenti-scrittori che affollano le patrie lettere? E, soprattutto, c”è un rapporto tra queste rappresentazioni e il violento tentativo messo in atto in questi anni di smantellare la scuola pubblica di ogni ordine e grado per come l”abbiamo conosciuta negli ultimi vent”anni? Dunque, la tv italiana, guidata dal sensazionalismo dell”informazione, da tempo ha fatto della scuola una merce per fare share: la scuola è un campo di battaglia, anche se nella maggioranza dei casi è il contrario.

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Ne parla per mostrare atti di vandalismo e di delinquenza da parte degli studenti. O l”aggressività dei genitori degli studenti che minacciano i docenti. Gli stessi ministri dell”istruzione, interessati più alla narrazione e alla raffigurazione mediatica rispetto a ciò che avviene realmente all”interno delle aule, contribuiscono alla delegittimazione del suo ruolo istituzionale. E quando media e politici cercano di promuovere un”idea positiva di scuola è anche peggio.

Indimenticabile, in questo senso, lo spot del 2003 che l”allora ministro dell”istruzione Letizia Moratti fece proiettare ossessivamente in tv per alcuni mesi. Puro Mulino Bianco style, se così si può dire. Realizzato dall”agenzia pubblicitaria Saatchi & Saatchi. Costo: cinque milioni di euro. Una suadente voce fuori campo diceva: «Abbiamo ascoltato i ragazzi. Abbiamo ascoltato gli insegnanti. Abbiamo ascoltato i genitori. E attraverso quello che abbiamo ascoltato, abbiamo costruito la Nuova Scuola, la scuola che cresce, proprio come te».

Falsità. Come le immagini trasmesse. Alunni che si precipitavano giù per scale a chiocciola di un”ideale edificio scolastico ultramoderno quanto inesistente. Alunni che giocavano in un cortile assolato che la maggior parte delle scuole italiane si sognano. Immagini di una numerosa famiglia che brinda con calici splendenti, forse per festeggiare l”avvenimento di quella che, come poi per la Gelmini, si annunciava già come Riforma epocale. E gli alunni? Tutti biondi e vestiti all”ultima moda. Pura fiction. Un”altra rappresentazione fuorviante della scuola: quella del passato, su cui la Gelmini ha costruito il consenso per mettere in ginocchio la scuola primaria di oggi.

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Nel recente libro di Girolamo De Michele La scuola è di tutti. Ripensarla, costruirla, difenderla (Minimum Fax, 2010), che ha il pregio di ricostruire e smascherare gran parte delle falsità che il governo di centro-destra ha raccontato in questi anni sulla scuola pubblica, uno dei capitoli più interessanti ci racconta di come venga narrata e rappresentata la scuola da parte di alcuni dei più venduti scrittori-docenti italiani di oggi. E di come, nel farlo – questa è la tesi di De Michele – abbiano contribuito anche loro, più o meno inconsapevolmente, all”imbarbarimento della scuola pubblica italiana. Le malattie individuate da De Michele sono almeno quattro.

Il Citatismo. Non è una novità infatti come Pietro Citati racconti, ogniqualvolta ne abbia l”occasione, di «una scuola che negli ultimi trent”anni» sarebbe «caduta in rapido disastro». Come? Perché? Ma certo: «Per la dissennata suddivisione dei maestri».

Altra grave malattia è lo Sgarrupopismo. Infezione provocata da Marcello D”Orta con i suoi quaranta temi di alunni napoletani di Io speriamo che me la cavo. D”Orta è un vero maestro – scusate il gioco di parole – a rappresentare un alunno sudista come un buon selvaggio analfabeta che, tuttavia, non ha nulla del buon selvaggio volteriano: la sua condizione è immodificabile. Qui l”autore chiede al lettore, più o meno consapevolmente, una complicità: quella di riderci sopra insieme.

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Il Lodolismo è, per De Michele, una tendenza propria soprattutto al prof-giornalista-scrittore Marco Lodoli, «incarnazione delle spirito nostalgico e un po” lagnoso», pescato in un articolo della «Repubblica» mentre rimpiange la figura della maestra unica.

Ma la malattia più grave quando si parla di rappresentazioni dei docenti-scrittori italiani della scuola pubblica si chiama soprattutto Mastrocolismo. E infatti l”ex professoressa Paola Mastrocola narra di una scuola selettiva i cui docenti si dimostrano totalmente disinteressati al problema della motivazione degli studenti. A ogni pagina dei suoi libri Mastrocola regala citazioni scolastiche che fanno rabbrividire. Uno dei suoi nemici giurati è il docente-scrittore francese Daniel Pennac. Non a caso, scrive:«La nostra epoca è segnata dal nefasto egualitarismo causato da Pennac, con la sua assurda pretesa che si possa scegliere liberamente cosa leggere». Viene da pensare che per Mastrocola la scolarizzazione e la democratizzazione del sapere cui si è giunti nel secolo scorso siano un male più che un bene. E che insegnare significhi qualcosa tipo entrare in classe e dire: «Sentite che bello questo brano.». Leggendo i suoi libri il lettore si accorge che, spesso, la Mastrocola parla di una scuola superiore pubblica che dovrebbe avere, come scopo essenziale, quello di soddisfare la passione letteraria più o meno frustrata delle professoresse di Lettere.

 

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Fonte: www.alfabeta2.it.

 

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