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Né ribelli né disperati. Solo opachi. E gonfi di alcol e coca già da adolescenti.
Dovevo insegnare per 15 giorni. Poi mi son ritrovato a occuparmi per sette mesi di 200 ragazzini. La scuola, ora, riapre. Loro incontreranno per la prima volta Giotto, Leopardi, Hegel. Per molti di loro quell”incontro con arte e bellezza sarà l”ultimo. Per l”Istat uno studente su cinque non finisce le superiori. In Europa, meglio di noi, va anche la Grecia con un piede fuori dall”euro.
Ma chi sono? Immaginavo che col web avrei trovato studenti disordinati, ma pieni di interessi. No. È una generazione chiusa su di sé, spaventata, senza un mondo intorno. Nei temi della maturità abbiamo trovato una sola citazione, ed era de Il Venerdì. Non un poeta; non una canzone. Se toccano pagine per loro importanti, non le condividono.
Impossibile trasmettere loro l”idea del «bello»
Faticano a reggere i pensieri che superano i tre passaggi. Hanno il rtimo mentale di un video di YouTube, tre minuti. Hanno bisogno d”una risposta, dentro una domanda non sanno stare, li spaventa (la frase: «Tranne le lodevoli eccezioni» va aggiunta di prammatica).
Se il testo che leggono li supera è un problema del testo, non loro. Non chiedono aiuto, lo rifiutano. La vera fatica non è spiegare loro un autore complicato, ma convincerli che ci sia qualcosa di bello nella poesia, nella filosofia, nell”arte. Perché di cose belle, loro, ne vedono poche. In una classe quinta – una delle migliori – nessuno aveva sentito nominare Roma città aperta.
UNA QUOTIDIANA LOTTA CONTRO L”APATIA. Insegnare è una lotta. Si lavora contro noia, ignoranza, indifferenza che lavora ai fianchi i ragazzi. Combatti per strapparli, uno per uno, a quella roba che ha un nome brutto, ma è quella, cioè l”apatia. Non ti contestano mai. Contestano un voto, ma mai ti chiedono insegnami altro.
DIO: IL SOLO A STARE ALLA PARI COL LORO EGO. L”unico argomento che li cattura è Dio. Non perché tornino al sacro, ma perché Dio è l”unica roba che sta alla pari col loro ego. Il problema loro non è la fede, ma «esiste o non esiste». Preferiscono la seconda perché poter dire a 16 anni che Dio non c”è li fa sentire fichi.
La parola «politica» li terrorizza. Gli ricorda auto blu e Montecitorio, non impegno o diritti. Bevono moltissimo, la marijuana è su magliette, diari, graffiti alle pareti. Ma non con l”idea di trasgredire un ordine, bevono. Come se non ci fosse altro. Le assemblee vanno deserte. Del cartongesso separa il bagno dei professori della mia scuola da quello dei ragazzi; le chiacchiere sulla coca si sprecano. Due miei alunni sono stati in clinica per disintossicarsi dall”alcol a 16 anni. E mi piacevano un sacco.
Lo spirito di contestazione si traduce in simpatie naziste
Poi ci sono quelli tormentati. Mica lo sanno che quel tormento è ciò che li porterà via dalla miseria. Mica lo sanno che quella è la grazia che può renderli meno chiusi, più vivi, curiosi. Hanno i capelli decolorati (capaci d”arrivare agli esami vestite come la prostituta ne L”assenzio di Degas perché portano I paradisi artificiali, qualcosa per me al limite del genio) le braccia tagliuzzate, i sorci tatuati sulle spalle («È un pipistrello, professo”»; «È un sorcio, è un sorcio») oppure ragazzi a cui piacciono ragazzi o magari con simpatie neonazi perché non hanno visto altro capace di contestare un mondo che non va.
NÉ CARTESIO NÉ CEZANNE. SOLO INFINITA TRISTEZZA. Che gli passi? Cartesio? Ad alcuni sì. Per alcuni la disciplina funziona. Ci sono continenti oltre la loro stanza e sembrano non saperlo. Che imparino dunque una fatica che poi premia coi miracoli che si vedono da quelle cime.
Ad altri che non toccheranno mai più né Montale né Cezanne, passi – no: speri di passare – uno sguardo. Uno sguardo che tu hai solo perché in quel momento gli stai davanti e quindi li ami. Quindi, non so perché, ma quindi. Perché son tristi, sono stramente tristi.
Per i tormentati della mia generazione avrei parlato di «disperati». Per quelli della loro, di «opachi».
SOLI AL CENTRO DI UN MISERABILE UNIVERSO. Hanno 16, 18 anni e si sentono – come non potrebbero? – il centro del mondo. Ma di un mondo poverissimo. Stanno stretti tra la percezione che tutto ruoti intorno a loro e quel tutto non vale niente. E la tivù racconta di fabbriche dismesse, concussione, corruzione. Come si può crescere in una realtà così? La quota di dovere, quell”«è giusto che io faccia» che ogni generazione lascia alla successiva, ecco, quella da loro ereditata è pari a zero.
«Non mandare a monte tutto questo»
Cos”è quello sguardo che gli devi? «Questo è importante», qualcosa che ripeta «Questo è importante» e preghi che l”estendano da Napoleone alle amicizie, agli amori loro. Perché? Questa è la cosa difficile. Non lo sai. Perché? Eppure succede che per te diventi fondamentale stargli davanti.
SOGNI VAGHI E QUASI PROSSIMI AL NULLA. «Non mandare a monte questa roba»: in qualche maniera cerchi di farlo sentire in ogni frase che ripeti, perché s”accorgano di questo mondo che li apre allo spavento e non al desiderio. Paiono volere pochissimo. I temi sono pieni di io sogno, ma senza che si comprenda se sognino di far la ballerina, aprire un bar, tirare su grattacieli. Sognano, e pare più che altro che intendano luci colorate, strass, paillette. Sogni, vaghissimo, prossimo al nulla.
CRIMINALI MIEI AMATISSIMI. I ragazzi. Questi criminali (Valeria, Ivan, Leo, Roxana, Erika, Elena, Carlinga, tutti gli altri) ora mi mancheranno tantissimo. E già non nominarli tutti mi fa sentire in colpa. Studiate, vi prego. Oltre la vostra stanza c”è un mondo, ma solo – solo – se voi gli date maniera d”accadere. La scuola è questa nostalgia, quest”impegno qui. Vi abbraccio.
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Fonte: http://www.lettera43.it/cultura/scuola-il-vuoto-senza-un-mondo-intorno_4367564190.htm.
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