Università e formazione: ministri senza testa

Dopo la funesta serie ventennale di ministri della Pubblica istruzione ed università si abbatte su di noi la Carrozza. Con idee vecchiee ricette disastro [Aldo Giannuli]

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15 Settembre 2013 - 01.46


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di Aldo Giannuli.

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Una nuova emergenza si sta aprendo e
dovremo occuparcene: la crisi della scuola. No, per carità, non voglio
dire che la mancanza di fondi, la pessima distribuzione degli
insegnanti, la loro preparazione non sempre eccellente ecc siano
problema di questi giorni. Lo so che si tratta di una crisi che dura da
almeno 40 anni e che ormai sta marcendo. Mi riferisco ad altro: agli
ulteriori gravissimi danni
che si stanno profilando ad opera di questa
sciagurata classe politica. Dopo la funesta serie ventennale di ministri
della Pubblica istruzione ed università (D’Onofrio, Lombardi,
Berlinguer, Moratti, Mussi, Gelmini, Fornero, facendo salvo il solo De
Mauro) si abbatte su di noi la Carrozza (Maria Carla e non il veicolo:
ma una cosa non è più intelligente e meno pericolosa dell’altra).

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L’insigne scienziata ha recentemente esternato
proponendo due cose: di introdurre esperienze di lavoro nel corso di
studi
e di reintrodurre geografia economica fra gli insegnamenti dei
tecnici. 

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Sulla prima cosa c’è poco da dire: va benissimo che i ragazzi
facciano qualche esperienza lavorativa, ma a due condizioni: che il
lavoro sia pagato e che riguardi tutti. 

Ma la ministra (come ormai il
politicamente corretto ci impone di scrivere) non fa cenno ad alcuna
retribuzione
, per cui dobbiamo pensare che si tratti solo di una
erogazione di lavoro gratuita. Insomma, stiamo reintroducendo
l’apprendistato contro il quale la sinistra condusse una battaglia
memorabile mezzo secolo fa: congratulazioni!

All’epoca era contrario
all’apprendistato anche Ugo La Malfa che, rispetto alla Carrozza, era un
pericoloso bolscevico. Ma poi, tanto per essere chiari sul senso della
proposta, la valente ministra ha aggiunto che la norma riguarderebbe
soprattutto i tecnici, mentre gli studenti dei licei, si sa, sono figli
di papà. Insomma l’esperienza educativa consisterebbe nel fatto che gli
studenti dei tecnici così imparano a lavorare senza retribuzione e senza
protestare. Tutto più chiaro.

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Veniamo alla geografia, della quale, con
candore, la ministra ci dice che fu eliminata dai tecnici “per ragioni
di bilancio”: e perché non l’italiano o la matematica? E questo già la
dice lunga sul come sono state fatte le riforme scolastiche in questo
ventennio. E non si tratta solo dei tecnici. Due anni fa, feci un
piccolo test fra i miei studenti, per vedere cosa sapessero sulla Cina
(figuriamoci!): distribuii un questionario con risposte predeterminate e
alla domanda “Quante navi attraccano nel porto di Pechino ogni giorno?”
circa 60 su 90 sbarrarono la risposta “da 5.000 a 12.000” (il che,
peraltro, avrebbe richiesto una banchina di centinaia di kilometri),
solo due risposero 0. Perché Pechino non ha un porto, non essendo sul
mare. E questo è il livello degli studenti iscritti ad un corso dedicato
alla globalizzazione
!

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Allora ben venga il ritorno della
geografia, ma la geniale scienziata aggiunge: “Economica, perché deve
servire a capire l’economia”. Lasciando da parte questa visione
pan-economica del mondo
che non fa capire neanche l’economia, mi limito a
segnalare che questa è una visione del secolo scorso. Nel mondo della
globalizzazione – nel quale tutti si sciacquano la bocca con la
“geopolitica” – non ha più senso distinguere fra geografia economica,
politica, sociale, fisica o umana. E dovrebbe essere una delle materie
fondamentali per tutti i corsi di studio e con più ore alla settimana.

Ma non si tratta solo di questi svarioni
culturali da signora Maria di Voghera al caffè: ora ci si é aggiunta
anche la bolgia dei test di ingresso all’Università, a proposito dei
quali, la sagace ministra ha varato norme che aboliscono il voto di
maturità
nel calcolo del punteggio finale, lasciando solo il risultato
dei cervellotici test approntati. Faccio umilmente presente allo stuolo
di scienziati che affolla il ministero, che il diploma di maturità si
consegue con un esame di Stato esplicitamente previsto dall’art. 33
della Costituzione
, che prevede poi altri esami di Stato per l’eventuale
accesso alle professioni, mentre non menziona minimamente un ulteriore
esame per l’accesso all’Università essendo già il diploma di maturità
titolo necessario e sufficiente per questo. Ora, trattandosi di una
norma di rango costituzionale, non può venire scavalcata da un atto
amministrativo
, ancorché previsto da una legge ordinaria.

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Sarei curioso di vedere come andrebbe a
finire se i ragazzi si rifiutassero di andare ai test e presentassero
direttamente domanda di iscrizione, reagendo all’eventuale  rifiuto da
parte dell’università con un ricorso al Tar, sostenendo che tale rifiuto
confligge con la norma costituzionale ed è un caso di falsa
applicazione della legge. I test possono essere facoltativi ma non
possono rendere inefficace il diploma ottenuto con un esame di Stato.
Anche perché, diversamente, a cosa servirebbe più l’esame di Stato?

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Consiglierei al valente ministro e ai
suoi ancor più valenti collaboratori un corso accelerato di diritto
costituzionale (anche presso il Cepu va bene)
. Vi rendete conto di quali
teste d’uovo reggono le sorti del nostro sistema formativo?

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