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di Stefano Re.
Si fa largo uso del verbo “pensare”. Largo e spesso completamente inappropriato.
Pensare non significa ripetere un pensiero altrui. Pensare non significa aver sentito un pensiero in TV, o letto da qualche parte, e farlo proprio. Quello si chiama condividere pensieri, nella migliore delle ipotesi. Noleggiare pensieri, nella peggiore.
Pensare significa elaborare per conto proprio dei dati. Cercare e proporre uno scherma, una relazione, tra elementi. Ricordate la Settimana Enigmistica? La rubrica “che cosa apparirà” offre una buona rappresentazione di cosa significhi pensare: prima hai tanti puntini. Poi li unisci e ne esce un disegno: quello è pensare. Unire dei puntini disegnando uno schema. Solo che i puntini devono essere senza numeri, sei tu a decidere quali unire, in che modo unirli. Se hanno i numeri sopra, il disegno che esce sarà lo stesso per tutti. Allora non state pensando, state ubbidendo a un pensiero già disegnato per voi.
in COSA SEI LAUREATO?
Non fatevi fregare dall’alibi del “non ne sai abbastanza”. La scemenza arrogante che solo chi ha una laurea in una materia possa parlarne. La conoscenza di un argomento varia solo il numero di puntini disponibili. Più informazioni hai su una questione, più puntini puoi giostrarti nel creare i tuoi disegni su quell’argomento. Una persona molto informata avrà tanti puntini, una che ne sa pochissimo ne avrà pochi, ma questo non cambia di una virgola la possibilità di unirli secondo schemi originali, non limita la capacità di pensare. Certo, chi ha più elementi da considerare, più dati, più informazioni, potrà creare disegni più elaborati, complessi, più grandi e dunque anche più precisi. Così come, chi ha degli elementi “falsi” sottomano, potrà disegnare schemi che risultino “falsi” a loro volta. Ma il processo di elaborare, quello resta il vero motore del pensiero. Quando c’è quello, c’è un essere senziente che sta pensando per davvero. Senza quello, qualsiasi numero di informazioni si includano, non stiamo pensando, stiamo solo noleggiando pensieri altrui.
Il dramma è che quando parlate di una guerra, di religione, di politica, di vaccini, di storia, di sesso o amore o sport o qualsiasi altro argomento possibile, nel 99% dei casi non state pensando, state noleggiando pensieri altrui. State seguendo puntini numerati da altri per voi. E credete anche di stare pensando.
a SCUOLA DI NOLEGGIO
Questo è l’inganno tragico di questa epoca: un inganno nato nelle scuole, quando dalla educazione nozionistica si è passati alla educazione critica. Si riteneva – immagino in buona fede – che passare dal fare imparare e ripetere “dati” a memoria al fare studiare “pensieri elaborati” si sarebbe stimolato il processo di elaborazione stessa. Invece è accaduto qualcosa di tremendo: gli studenti si allenano a imparare e adottare pensieri già fatti da altri come fossero pensieri propri. Quando vengono interrogati, non viene loro chiesto “cosa ne pensi della guerra di secessione” né “cosa pensi che volesse dire Leopardi in questa poesia”, gli viene chiesto cosa ne pensa quello storico, cosa ne pensa quel critico. E lo studente deve ripetere quello, un pensiero altrui, già fatto e finito, come fosse proprio.
Questo facciamo nelle scuole: alleniamo i giovani a noleggiare pensieri precostituiti. E inevitabilmente poi continuano a farlo per tutto il resto della vita. Quando sentono di una evento in televisione, o dai giornali, o da internet, aspettano di leggere “che opinione noleggiare”. La risposta viene ricercata nello stesso “luogo mentale” (o fonte se preferisci) della domanda stessa. E così il pensiero diventa solo una parodia di se stesso, nessuna effettiva elaborazione, un mero “noleggio”.
come TI PERMETTI DI PENSARE?
E a questo si affianca, inevitabilmente, la sanzione sociale per chi invece davvero cerchi di elaborare, di pensare in modo autonomo, perché diventa immediatamente una “minaccia”. Il pensare autonomo, indipendente, originale, inizia di converso ad essere osteggiato, deriso, aggredito.
– “ma tu questa idea dove l’hai letta?” – “veramente la ho pensata io” – “ah sì? e chi ti credi di essere per poterla pensare da solo?”
Questo è il lato più spaventoso di questa epoca di pensiero noleggiato. Il pensiero indipendente, originale, diventa un crimine.
Il cervello lo abbiamo tutti, possiamo tutti elaborare dati. Non lo facciamo solo per pigrizia, per timidezza, per paura di sembrare arroganti o strani. Perché ci hanno inculcato in testa che creare pensieri nuovi è roba per gente speciale, filosofi o scienziati o grandi statisti. Gente che la sa lunga, gente che viene incensata dai media.
E si arriva al completo paradosso quando, nei social, osservi qualcuno di questi “eletti”, siano essi Scienziati o Filosofi o Politici o anche soltanto conduttori di un telegiornale, che si arrogano il diritto di deridere i propri commentatori quando essi esprimano un pensiero nuovo, diverso dal loro, diverso dal coro dei “pensieri legittimati”.
Il massimo del paradosso è proprio quando si tratti di un conduttore di telegiornale, cioè quello strumento che per definizione diffonde a noleggio quotidianamente pensieri di massa su ogni tipo di materia possibile. Della serie: sono io che spaccio cosa si deve pensare e come si deve farlo, se provi a farlo “in proprio” mi fai concorrenza e mi tocca “blastarti” pubblicamente, che sia di lezione a chiunque altro abbia la tentazione di elaborare un pensiero proprio e divergente.
Non dobbiamo vergognarci di pensare. Devono vergognarsi coloro che non ne hanno il coraggio, coloro che usano il cervello come una fotocopiatrice, coloro che vivono come degli zombie aspettando un pensiero precotto nella ciotola per farne il loro *finto* pensiero quotidiano.
Pensare è tutto ciò che ci rende umani. È la più preziosa delle nostre facoltà. Non sprecatela.
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