I leader occidentali ricadono nell'infanzia

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11 Agosto 2012 - 22.47


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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°2

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di Thierry Meyssan


Lo slogan «Bashar deve andarsene!» era destinato a essere scandito da folle di manifestanti a Damasco e Aleppo. In mancanza di simili manifestazioni, è stato ripreso per conto di esse dai leader occidentali, benché ciò non appartenga al registro classico della diplomazia. Perché?

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Nel 1985, uno ricercatore di scienze sociali, Gene Sharp, pubblicava uno studio commissionato dalla NATO sul modo di “Rendere l”Europa impossibile da conquistare”. Aveva rimarcato il fatto che in definitiva un governo esiste solo in quanto le persone accettino di obbedirgli. Mai l”URSS avrebbe potuto controllare l”Europa occidentale se le popolazioni avessero rifiutato di obbedire a dei governi comunisti.

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Pochi anni dopo, nel 1989, Sharp fu incaricato dalla CIA di sperimentare in Cina un”applicazione pratica delle sue ricerche teoriche. Gli Stati Uniti volevano rovesciare Deng Xiaoping in favore di Zhao Ziyang. L”idea consisteva nel legittimare un colpo di Stato tramite l”organizzazione di proteste di piazza, un po” come quando la CIA aveva dato un”apparenza popolare al rovesciamento di Mohammed Mossadegh, pagando dei manifestanti a Teheran (Operazione Ajax, 1953).


La novità fu che Gene Sharp dovette appoggiarsi su un”associazione di giovani pro-Zhao e pro-USA per travestire il colpo di Stato da rivoluzione. Ma Deng fece arrestare Sharp sulla piazza Tiananmen e lo fece espellere. Il golpe fallì, non senza che la CIA spingesse i giovani a un vano attacco in modo che la repressione screditasse Deng. Il fallimento dell”operazione è stato attribuito alle difficoltà incontrate nel mobilitare i giovani militanti verso la direzione voluta.

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Dalle opere del sociologo francese Gustave Le Bon alla fine del XIX secolo, si sa che gli adulti, quando reagiscono a un”emozione collettiva, si comportano come bambini. Diventano influenzabili dall”ascendente posseduto da un leader che incarni, ai loro occhi, per un istante, la figura paterna. Nel 1990, Sharp si avvicinò al colonnello Reuven Gal, che era a quel tempo il psicologo capo dell”esercito israeliano (in seguito divenne consigliere aggiunto per la sicurezza nazionale di Ariel Sharon, mentre oggi dirige le operazioni di manipolazione dei giovani israeliani non-ebrei). Mescolando le scoperte di Le Bon e di Sigmund Freud, Gal giunse alla conclusione che sia possibile sfruttare il «complesso di Edipo» negli adolescenti, per manipolare una folla di giovani contro un capo di Stato, figura simbolica del Padre.


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Su questa base, Sharp e Gal contribuiscono a programmi di formazione di giovani militanti in vista dell”organizzazione di colpi di Stato. Dopo diversi successi in Russia e nei paesi baltici, fu nel 1998 che Gene Sharp mise a punto il metodo delle «rivoluzioni colorate» con il rovesciamento del presidente serbo Slobodan Milosevic.


Dopo che il presidente Hugo Chavez aveva fatto fallire un colpo di stato in Venezuela facendo leva su una delle mie indagini che rivelavano il ruolo e il metodo di Gene Sharp, quest”ultimo ha sospeso le attività dell”Albert Einstein Institution, che gli serviva da copertura, e ha creato delle nuove strutture (il CANVAS a Belgrado, l”Accademia del cambiamento a Londra, Vienna e Doha). Le abbiamo viste all”opera un po” ovunque nel mondo, specie in Libano (rivoluzione dei cedri), in Iran (rivoluzione verde), in Tunisia (rivoluzione del gelsomino) e in Egitto (rivoluzione del loto). Il principio è semplice: esasperare tutte le frustrazioni, rendere l”autorità politica responsabile di tutti i problemi, manipolare i giovani secondo lo scenario freudiano dell”«uccisione del padre», organizzare un colpo di Stato, e far credere che il governo risulti rovesciato dalla piazza.

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L”opinione pubblica internazionale si è bevuta facilmente queste messe in scena. In primo luogo perché c”è confusione tra folla e popolo. Così, la “rivoluzione del loto” si era limitata a uno show sulla piazza Tahrir al Cairo, mobilitando alcune decine di migliaia di persone, mentre la quasi totalità del popolo egiziano si asteneva dal partecipare agli eventi. In secondo luogo, c”è confusione intorno alla parola «rivoluzione». Un”autentica rivoluzione è un rovesciamento delle strutture sociali che si adempie lungo l”arco di più anni, laddove una «rivoluzione colorata» è un cambio di regime che si realizza in poche settimane. L”altro nome di un cambiamento forzato di gruppi dirigenti senza trasformazione sociale è «colpo di Stato». Per proseguire con l”esempio dell”Egitto, non è stato in alcun modo il popolo ad aver spinto Hosni Mubarak a dimettersi, bensì l”ambasciatore degli Stati Uniti, Frank Wisner, che glielo ha ordinato.


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Lo slogan delle «rivoluzioni colorate» scaturisce da un registro infantile. Occorre rovesciare il capo dello Stato, senza preoccuparsi di quel che conseguirà. Non fatevi delle domande sul vostro futuro, Washington si farà carico di tutto per voi. Quando le persone si svegliano, è troppo tardi, il governo è usurpato da persone che non hanno scelto, ciò fa parte del pacchetto. All”inizio, si urla «Basta Shevardnadze!» o «Ben Ali sparisci!». Una variante raffinata è stata appena lanciata dalla terza conferenza degli «Amici» della Siria (Parigi, 6 luglio): «Bashar deve andarsene!».


C”è una strana anomalia. Siccome la CIA non ha trovato gruppi di giovani siriani che scandissero questo slogan nelle strade di Damasco e Aleppo, è toccato allora a Barack Obama, François Hollande, David Cameron, Angela Merkel e altri, ripeterlo in coro, dai loro rispettivi palazzi ufficiali. Washington e i suoi alleati stanno cercando di applicare i metodi di Gene Sharp alla «comunità internazionale».

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È una strana scommessa, quella di pensare di manipolare le cancellerie con la stessa facilità con cui lo si fa con delle bande giovanili. Per il momento, il risultato è semplicemente ridicolo: i dirigenti delle potenze coloniali strepitano come bambini frustrati davanti a un oggetto che gli adulti russo e cinese hanno loro negato, ribadendo ancora e sempre che «Bashar deve andarsene!».


(8 agosto 2012)

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Traduzione a cura di Matzu YagiMegachip.


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Fonte: Tichreen (Siria)



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