Israele è soltanto una tigre di carta

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9 Dicembre 2012 - 17.56


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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°20.

di Thierry Meyssan.

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La celebrazione del 25° anniversario di Hamas ha coinciso con la celebrazione della vittoria a seguito del recente attacco israeliano. Ora, questa breve guerra ha profondamente modificato la situazione strategica dello Stato ebraico e riassemblato una parte dei combattenti palestinesi.  Così, Hamas ha autorizzato i sostenitori di al-Fatah a manifestare a Gaza in occasione del riconoscimento della Palestina come Stato osservatore all”ONU, e viceversa: al-Fatah ha autorizzato i militanti di Hamas a manifestare in Cisgiordania. Inoltre, le quattro correnti interne di Hamas sembrano essersi riconciliate intorno a Khaled Meshaal. Questa improvvisa evoluzione riflette una presa di coscienza. I palestinesi non hanno più paura di Israele e riprendono a sperare per il futuro.

Segno di questa ritrovata fiducia, erano in centinaia di migliaia a riunirsi per ascoltare i discorsi dei loro leader, senza timore di bombardamenti israeliani.

 

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Durante questa guerra, la Resistenza palestinese ha testato nuovi missili con una portata di 120 km (invece degli 8 km dei loro soliti proiettili artigianali). Hanno superato senza difficoltà la barriera dell”Iron Dome, che non è in grado di intercettare altro che dei razzi primitivi. Se mettiamo in prospettiva questa capacità con quella di Hezbollah dal Libano, è tutto il territorio israeliano ad essere ormai alla portata dei suoi colpi. Pertanto, la difesa di Israele basata sulla «profondità strategica» è destinata a cadere. Israele non è più difendibile.

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A Tel Aviv, i servizi di intelligence assicurano che la capacità di bombardamento di Hezbollah si è moltiplicata per 400 volte dopo la guerra del 2006 (sì, non è un errore di battitura, avete letto «moltiplicata per quattrocento volte»). Nel caso di una guerra regionale, il territorio israeliano verrebbe dunque distrutto in pochi mesi.

Questo nuovo rapporto di forze appare quando si confrontano le aggressioni israeliane. L”attacco contro il Libano nel 2006 è durato 33 giorni, quello a Gaza nel 2009 è durato 22 giorni, quello recente è durato appena 8 giorni. Durante la guerra del 2006, 200mila israeliani sono stati costretti a ripararsi nei rifugi per sottrarsi alla risposta di Hezbollah. Questa volta, sono stati 2 milioni a doversi proteggere dai missili dei palestinesi.

Per la prima volta, i palestinesi, Hezbollah e Teheran hanno rivendicato che questi nuovi missili sono di tecnologia iraniana. Ora, contemporaneamente, l”Iran ha dimostrato la sua superiorità tecnica nel dominio – certo limitato, ma cruciale – dei droni. Un aereo senza pilota di grandi dimensioni, controllato a distanza da Hezbollah è stato in grado di attraversare tutto Israele, dal Libano sino a Dimona, senza essere notato. È stato visto e distrutto solo al momento in cui sorvolava la centrale nucleare. Mentre quando un drone americano è stato visto sopra l”Iran, i Guardiani della Rivoluzione sono stati in grado di prenderne il controllo e di farlo atterrare, anziché distruggerlo.

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Le prospettive di Tel Aviv sono cambiate completamente. Per 64 anni, Israele aveva interesse alla guerra e sperava ogni volta di rosicchiare un po” di territorio. D”ora in poi, Tel Aviv deve evitare di entrare in conflitto a tutti i costi, perché non sopravvivrebbe.

Pertanto, si capisce perché la retorica di Hamas sia cambiata. Durante il suo discorso, per la prima volta, Khaled Meshaal ha dichiarato: «La Palestina è nostra, dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo) e da sud a nord. Non faremo alcuna concessione, non rinunceremo a un solo centimetro della nostra terra.» In altre parole, non rivendica solo Gaza e la Cisgiordania, ma tutta la Palestina mandataria, inclusa l”attuale Giordania. Prendendo in parola il riconoscimento della Palestina da parte dell”ONU e la rinuncia da parte di Mahmoud Abbas al «diritto al ritorno», Hamas ricusa la soluzione a due Stati e rivendica un unico Stato laddove ce ne sono tre, una posizione che corrisponde esattamente a quella dell”Iran dopo la rivoluzione del 1979.

«Non riconosceremo mai la legittimità dell”occupazione israeliana (…) Israele non ha alcuna legittimità e non l”avrà mai», ha continuato Khaled Meshaal.

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A contrario, questa nuova situazione spinge Tel Aviv a sostenere senza riserve il progetto di Parigi, Londra e Doha, volto a sabotare prima di febbraio l”accordo di pace fra gli USA e la Russia, e ad attaccare la Siria. Questa è davvero l”ultima volta che Israele potrà lanciarsi in un”avventura militare.

 

Thierry Meyssan, 9 dicembre 2012.

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Traduzione a cura di Matzu Yagi.

Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Tichreen” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”.

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