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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°30.
di Thierry Meyssan.
L”attuazione del piano di pace per la Siria, negoziato tra russi e statunitensi, è in fase di stallo. Prima c”è stato il ritardo nella conferma del nuovo team di sicurezza degli Stati Uniti da parte del Senato. Poi, le dichiarazioni contraddittorie, per non dire incoerenti, del nuovo Segretario di Stato, John Kerry.
In ogni caso, due nuovi elementi possono essere stabiliti.
• L”attivismo dell’Arabia Saudita e del Qatar si è rafforzato con l”accordo apparente del Dipartimento di Stato.
In occasione di una conferenza stampa congiunta con il suo omologo saudita, John Kerry ha dapprima ripetuto due volte la sua disposizione a una «soluzione pacifica» in Siria. Ma due minuti più tardi, ha approvato l”invio di armi da parte dell’Arabia Saudita all”opposizione siriana «moderata». Kerry ha reiterato le sue contraddizioni durante la sua visita in Qatar.
Sul piano simbolico, l”Arabia Saudita e il Qatar hanno fatto attribuire alla Coalizione Nazionale siriana il seggio della Siria alla Lega Araba. Inoltre, su loro richiesta, la Lega ha autorizzato i suoi membri ad armare i «ribelli siriani». È impossibile che certi membri della Lega abbiano votato queste decisioni senza ricevere assicurazioni preventive sul via libera da parte di Kerry.
Nel diritto internazionale, il fatto di rivendicare o approvare l”invio unilaterale di armi a dei gruppi ribelli, al di fuori d’una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, costituisce un crimine. Se la Siria presentasse una denuncia presso la Corte internazionale di giustizia, otterrebbe a colpo sicuro una condanna dell’Arabia Saudita, del Qatar, degli Stati Uniti, della Lega araba e di qualcun altro in virtù della giurisprudenza del caso «Nicaragua contro USA»(1984).
L”iniziativa della Lega Araba priva di qualsiasi credibilità il rappresentante speciale del suo Segretario generale, Lakhdar Brahimi. Il vecchio diplomatico non può più pretendere di giocare il ruolo di mediatore ora che rappresenta di fatto una parte del conflitto, la Coalizione nazionale siriana, sebbene questa non occupi ancora il posto assegnatole.
• Gli israeliani hanno moltiplicato i gesti melliflui per far dimenticare la loro interferenza nella campagna presidenziale USA. Giunto a Washington per partecipare alla conferenza annuale dell”AIPAC, il generale Ehud Barak ha moltiplicato i complimenti alle autorità USA, assicurando che non erano mai state così vicine allo Stato di Israele. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, nel frattempo, ha rinunciato per la prima volta al viaggio e ha preferito intervenire in video per non doversi incontrare faccia a faccia con dirigenti che gli chiedessero conto delle sue posizioni. La contesa si è così ridotta a una questione personale affinché non pregiudicasse le relazioni da Stato a Stato.
Ehud Barak è stato ricevuto al Pentagono dal suo omologo statunitense, Chuck Hagel, con il quale ha sviluppato in passato delle buone relazioni. L”israeliano ha ottenuto che l”aiuto USA (circa 3 miliardi di dollari all”anno) non sia intaccato dai tagli di bilancio. In cambio, ha ceduto sulla Siria. Nel comunicato stampa del Dipartimento della Difesa, viene precisato che le due parti hanno discusso questioni comuni di sicurezza, «tra cui la necessità che il regime siriano mantenga il controllo sulle armi chimiche e biologiche nel suo paese; i leader si sono impegnati a proseguire la pianificazione di misure di emergenza per contrastare questa minaccia potenziale».
In altre parole, Washington e Tel Aviv non stanno più prendendo in considerazione un «cambio di regime» a Damasco, e hanno convenuto nell’aiutare l”esercito arabo siriano a mantenere il controllo delle sue armi chimiche e biologiche di fronte agli attacchi degli jihadisti .
Israele si ritira dal conflitto. Agendo di conseguenza, due giorni dopo questo voltafaccia, si è scoperto e smantellato sul litorale siriano un complesso sistema di monitoraggio e di comunicazione elettronica israeliano.
• In definitiva, gli Stati Uniti cercano di disimpegnare militarmente se stessi e il loro alter ego israeliano, mentre incoraggiano i loro alleati del Golfo alla escalation militare e al blocco diplomatico. È ancora troppo presto per stabilire se stiano facendo il doppio gioco e e tendano una trappola alla Russia a spese del popolo siriano, o se stiano spingendo i loro alleati del Golfo verso un vicolo cieco per meglio imporre loro la soluzione che hanno negoziato con Mosca.
Traduzione a cura di Matzu Yagi.
Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Al-Watan” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”.
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