La Siria è cambiata

'Nessun paese sopravvivrebbe a un oceano di violenza senza cambiare profondamente. Da Damasco, dove vive da due anni, Thierry Meyssan descrive l''evoluzione della Siria'

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Redazione Modifica articolo

3 Novembre 2013 - 00.30


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«Sotto
i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°57

di
Thierry Meyssan
.

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La
copertura mediatica della guerra in Siria si estende solo alle azioni
militari, umanitarie e diplomatiche. Ma lascia da parte la profonda
trasformazione del paese. Tuttavia, non si sopravvive a questo oceano
di violenza senza cambiare profondamente. Da Damasco, dove vive da
due anni, Thierry Meyssan descrive questa evoluzione.

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Damasco,
la più antica città abitata del mondo

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Di
passaggio per Damasco, l”inviato speciale dei segretari generali
della Lega Araba e dell”Onu, Lakhdar Brahimi, ha presentato il “suo”
progetto di conferenza di pace, Ginevra 2. Una conferenza il cui
obiettivo sarebbe quello di porre fine alla
«guerra
civile
».
Questa terminologia riprende l”analisi di un campo contro un altro,
propria di coloro che sostengono che questo conflitto sia una
continuazione logica della
«primavera
araba
»,
contro coloro che sostengono che esso sia stato orchestrato,
alimentato e manipolato dall”esterno.

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La
guerra secondo l”opposizione armata

Per
gli occidentali e la maggioranza della Coalizione nazionale, la Siria
ha visto una rivoluzione. Il suo popolo è insorto contro la
dittatura e aspira a vivere in una democrazia come gli Stati Uniti.
Tuttavia, questa visione è contraddetta dal Consiglio di
cooperazione del Golfo, il Consiglio nazionale siriano e l”Esercito
siriano libero. Per loro, il problema non è quello della libertà,
bensì della personalità di Bashar al-Assad. Si accontenterebbero di
conservare le stesse istituzioni se il presidente accettasse di
cedere la carica a uno dei suoi vicepresidenti. Nondimeno, questa
versione è stata a sua volta contraddetta dai combattenti sul
terreno, per i quali il problema non è la personalità del
presidente, ma la tolleranza che incarna. Il loro obiettivo è quello
di instaurare un regime di tipo wahhabita nel quale le minoranze
religiose sarebbero tutte o sottomesse o distrutte, e in cui la
Costituzione sarebbe rimpiazzata dalla Shari”a.

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La
libertà di espressione

All”inizio,
quando dei cecchini uccidevano delle persone, veniva detto che si
trattava di tiratori del regime che cercavono di imporre la paura.
Quando delle automobili esplodevano, veniva detto che si trattava un
attacco perpetrato dai servizi segreti sotto falsa bandiera. Quando
un gigantesco attentato ha ucciso i membri del Consiglio di
sicurezza, si accusava Bashar al-Assad di aver eliminato i suoi
rivali. Oggi, nessuno ha dubbi: questi crimini erano opera degli
jihadisti ed essi continuano a commetterne ancora.

All”inizio,
c”era la legge d”emergenza. Sin dal 1963, le manifestazioni erano
vietate. I giornalisti stranieri potevano entrare solo con il
contagocce e le loro attività erano strettamente sorvegliate. Oggi,
la legge di emergenza è stata revocata. Ci sono ancora poche
manifestazioni a causa di timori di attacchi terroristici. I
giornalisti stranieri sono numerosi a Damasco. Si muovono liberamente
senza alcuna sorveglianza. Eppure la maggior parte continua a
raccontare che il paese sia un”orribile dittatura. Li si lascia fare
sperando che si stancheranno di mentire quando i loro governi
cesseranno di predicare il
«rovesciamento
del regime
».

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Inizialmente,
i siriani non guardavano i canali televisivi nazionali. Li
consideravano come propaganda e preferivano loro
Al-Jazeera.
Seguivano così in diretta le gesta dei
«rivoluzionari»
e i crimini della
«dittatura».
Ma con il tempo, si son trovati a doversi confrontare direttamente
con gli eventi. Hanno visto di persona le atrocità degli
pseudo-rivoluzionari e, spesso, hanno dovuto la propria salvezza solo
all”esercito nazionale. Oggi, la gente guarda molto di più le
televisioni nazionali, che sono più numerose, e soprattutto un
canale libanese-iracheno,
Al-Mayadeen,
che ha recuperato il pubblico di
Al-Jazeera
nel mondo arabo e che sviluppa un punto di vista nazionalista aperto.

La
libertà di coscienza.

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All”inizio,
l”opposizione armata si dichiarava multi-confessionale. Delle persone
appartenenti a minoranze religiose la sostenevano. Poi, ci sono stati
i tribunali islamici che condannavano a morte e sgozzavano i
«cattivi»
sunniti,
«traditori»
della loro comunità; gli alauiti e gli sciiti, torturati in
pubblico; e i cristiani espulsi dalle loro case. Oggi, ognuno ha
capito che si è sempre eretici quando si è giudicati da dei
«puri»,
dei
takfiristi.

Mentre
certi intellettuali affermano che la Siria è stata distrutta e
occorra ridefinirla, la gente sa che cosa sia ed è spesso disposta a
morire per essa. Dieci anni fa, ogni famiglia aveva un adolescente al
quale cercava di fargli evitare il servizio militare. Solo i poveri
consideravano di fare carriera nelle forze armate. Oggi, molti
giovani s”impegnano nell”esercito e gli anziani nelle milizie
popolari. Tutti difendono la Siria eterna, dove si combinano diverse
comunità religiose, tutti adorano lo stesso Dio, quando ne abbiano
uno.

Durante
il conflitto, molti siriani si sono evoluti essi stessi. All”inizio,
la maggior parte di essi osservava gli eventi tenendosi in disparte,
dicendo per lo più di non riconoscersi in nessun campo. Dopo due
anni e mezzo di terribili sofferenze, ciascuno di coloro che sono
rimasti nel paese ha dovuto
scegliere
per sopravvivere. La guerra è solo un tentativo da parte delle
potenze coloniali di soffiare sulle braci dell”oscurantismo per
bruciare la civiltà.

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La
libertà politica

Quanto
a me, che conosco la Siria da dieci anni e vivo a Damasco da due
anni, ho la misura di quanto il paese sia cambiato. Dieci anni fa,
ognuno raccontava a bassa voce i problemi che aveva incontrato con i
mukhabarat,
che si impicciavano di tutto e di niente. In questo paese, il cui
Golan è occupato da Israele, i servizi segreti avevano in effetti
acquisito un potere fuori dal comune. Eppure, nulla hanno visto e
nulla hanno saputo della preparazione della guerra, né delle
gallerie che venivano scavate né delle armi che venivano importate.
Oggi, un gran numero di funzionari corrotti sono fuggiti all”estero,
i
mukhabarat
si sono riorientati sulla loro missione di difesa della patria e solo
gli jihadisti hanno di che lamentarsene.

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Dieci
anni fa, il partito Ba”ath era costituzionalmente posto alla guida
della nazione. Era il solo autorizzato a presentare candidati alle
elezioni, ma non era già più un partito di massa. Le istituzioni si
allontanavano progressivamente dai cittadini. Oggi, è difficile
riuscire a seguire la nascita dei partiti politici per quanto sono
numerosi. Chiunque può candidarsi alle elezioni e vincerle. Solo
l”opposizione
«democratica»,
da Parigi e Istanbul, ha deciso di boicottarle piuttosto che
perderle.

Dieci
anni fa, non si parlava di politica nei caffè, solo a casa con le
persone conosciute. Oggi, tutti parlano di politica, ovunque, nelle
zone controllate dal governo e mai in quelle controllate
dall”opposizione armata.

Dove
sta la dittatura ? Dove sta la democrazia?

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Reazioni
di classe

La
guerra è anche un conflitto di classe. I ricchi, che hanno dei
possedimenti all”estero, sono partiti quando Damasco è stata
attaccata. Amavano il loro paese, ma soprattutto proteggevano le loro
vite e i loro beni.

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I
borghesi erano terrorizzati. Pagavano le imposte
«rivoluzionarie»,
quando gli insorti lo esigevano, e affermavano di sostenere lo Stato,
quando l”esercito li interpellava. Preoccupati, stavano aspettando la
partenza del presidente Al-Assad che
Al-Jazeera
annunciava come ormai imminente. Sono usciti dalla loro ansia solo
quando gli Stati Uniti hanno rinunciato a bombardare il paese. Oggi,
pensano solo riscattarsi finanziando le associazioni delle famiglie
dei martiri.

Il
popolino lo sapeva fin da principio, di cosa si trattava. C”erano
quelli che vedevano nella guerra un mezzo per vendicarsi delle
proprie condizioni economiche, e quelli che volevano difendere la
libertà di coscienza e la gratuità dei servizi pubblici.

Gli
Stati Uniti e Israele, la Francia e il Regno Unito, la Turchia, il
Qatar e l”Arabia Saudita, che si sono dedicati a questa guerra
segreta e che l”hanno persa, non si aspettavano questo risultato: per
sopravvivere, la Siria ha rilasciato la sua energia e ha ritrovato la
sua libertà.

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Se
la conferenza di Ginevra 2 si terrà, le grandi potenze non potranno
decidervi nulla. Il prossimo governo non sarà il risultato di un
accordo diplomatico. Il solo potere della conferenza sarà quello di
proporre una soluzione che potrà essere applicata solo dopo che sarà
stata ratificata da un referendum popolare.

Questa
guerra ha insanguinato la Siria, di cui la metà delle città e delle
infrastrutture sono state distrutte per soddisfare gli appetiti e le
fantasie delle potenze occidentali e del Golfo. Se qualcosa di
positivo dovesse emergere da Ginevra 2, sarebbe il finanziamento
della ricostruzione da parte di coloro che hanno fatto soffrire il
paese.

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Thierry
Meyssan, 3 novembre 2013.


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Traduzione
a cura di Matzu Yagi.

 

Questa
“cronaca settimanale di politica estera” appare
simultaneamente in versione araba sul quotidiano
“Al-Watan”
(Siria), in versione tedesca sulla
“Neue
Reinische Zeitung”
,
in lingua russa sulla
“Komsomolskaja
Pravda”
,
in inglese su
“Information
Clearing House”
,
in francese sul
“Réseau
Voltaire”
.

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