La guerra del gas si estende al Levante

In molti hanno cambiato più volte campo, ma i giacimenti sono sempre quelli. In Siria, Iraq, e perfino in Palestina, la corsa al gas spiega i conflitti [T. Meyssan]

La guerra del gas si estende al Levante
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19 Luglio 2014 - 23.05


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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°90

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di Thierry
Meyssan

Dopo tre anni di
guerra contro la Siria, gli “Occidentali” hanno
deliberatamente esteso la loro offensiva all”Iraq e poi alla
Palestina. Dietro le apparenti contraddizioni politiche tra partiti
religiosi e laici, solidi interessi economici spiegano questa
strategia. Nel Levante, numerosi gruppi hanno cambiato più volte
campo, ma i giacimenti di gas sono sempre quelli.

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Poiché ogni guerra
è intrapresa da una coalizione, è naturale che essa abbia
molteplici obiettivi, in modo da soddisfare gli interessi specifici
di ciascun membro della coalizione.

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Da questo punto di
vista, i combattimenti che ora infuriano in Palestina, in Siria e in
Iraq hanno in comune il fatto di essere guidati da un blocco formato
dagli Stati Uniti contro i popoli che a loro resistono, il fatto di
perseguire il piano di ristrutturazione del “Medio Oriente
Allargato” (
Greater
Middle East
), nonché il
fatto di modificare il mercato globale dell”energia.

A proposito di
questo ultimo punto, due cose possono cambiare: il tracciato dei
gasdotti e lo sfruttamento di nuovi giacimenti [1]

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La
guerra di controllo delle condutture in Iraq

Dall”inizio della
guerra contro la Siria, la NATO cerca di tagliare la linea
Teheran-Damasco (NIORDC, INPC) a beneficio dei percorsi che
permettano di trasportare sulla costa siriana sia il gas del Qatar
(Exxon-Mobil), sia quello dell”Arabia Saudita (Aramco) [2].

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Un passo decisivo
in tal senso è stato compiuto con l”offensiva in Iraq dell”Emirato
islamico, che ha diviso longitudinalmente il Paese e ha separato
l”Iran da una parte e Siria, Libano e Palestina dall”altra. [3]

Questo obiettivo
visibile determina chi venderà il proprio gas in Europa e, a seconda
dell”entità della fornitura, a quale prezzo potrà venderlo. Questo
basta a spiegare come mai i tre principali esportatori di gas
(Russia, Qatar e Iran) siano coinvolti in questa guerra.

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La
guerra di conquista del gas siriano

La NATO ha aggiunto
un secondo obiettivo: il controllo delle riserve di gas del Levante e
il loro sfruttamento. Se tutti sanno da decenni che il Mediterraneo
meridionale contiene vasti giacimenti di gas nelle acque territoriali
di Egitto, Israele, Palestina, Libano, Siria, Turchia e Cipro,
soltanto gli “Occidentali” sapevano fin dal 2003 in che
modo questi giacimenti erano distribuiti e come si prolungavano sotto
il continente.

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Come ha rivelato il
professor Imad Fawzi Shueibi [4], all”epoca, una società norvegese,
Ansis, ha legalmente condotto in Siria un sondaggio del Paese, in
collaborazione con la compagnia petrolifera nazionale. Ansis ha
lavorato anche con un”altra società norvegese, Sagex. Entrambe hanno
corrotto un funzionario dell”intelligence, hanno condotto
segretamente ricerche in tre direzioni e hanno scoperto l”incredibile
estensione delle riserve siriane. Sono più importanti di quelle del
Qatar.

Successivamente,
Ansis è stata acquisita da Veritas SSGT, una società
franco-statunitense con sede a Londra. I dati sono stati
immediatamente rivelati al governi francese, statunitense, britannico
e israeliano, che hanno ben presto concluso la loro alleanza per
distruggere la Siria e rubare il suo gas.

Dopo
aver affidato, nel 2010, alla Francia e al Regno Unito il compito di
ricolonizzare la Siria, gli Stati Uniti hanno creato una coalizione

denominata «Amici
della Siria
».
Essa convocò un
«Gruppo
di lavoro sulla ricostruzione economica e lo sviluppo
»
riunitosi nel maggio 2012 negli Emirati Arabi Uniti, sotto la
presidenza tedesca. [5]

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Una sessantina di
Paesi si sono divisi in quell”occasione la torta che non avevano
ancora conquistato. Naturalmente, la maggior parte dei partecipanti
ignorava le scoperte di Ansis e Sagex. Il Consiglio nazionale siriano
era rappresentato, in quel gruppo di lavoro, da Osama al-Kadi, già
responsabile dell”applicazione di strategie militari nel mercato
dell”energia presso la British Gas.

Soltanto
nell”estate 2013 il governo siriano è stato informato delle scoperte
di Ansis e Sogex, compreso anche il modo in cui Washington era
riuscita a comporre la coalizione che tentava di distruggere il
Paese. Da quel momento, il presidente Bashar al-Assad ha firmato
contratti con società russe per il futuro sfruttamento dei
giacimenti.


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Il
gas in Israele, in Palestina e nel Libano

Da parte sua, la
British Gas esplorava i giacimenti palestinesi, ma Israele si
opponeva al loro sfruttamento temendo che i proventi servissero per
acquistare armi.

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Nel luglio 2007
Tony Blair, nuovo inviato speciale del Quartetto (ONU, Unione
Europea, Russia, Stati Uniti), negoziò tra Palestinesi e Israeliani
un accordo che permetteva di sfruttare i giacimenti Marine-1 e
Marine-2 a Gaza. Il primo ministro dell”Autorità palestinese, Salam
Fayyad, accettò che la British Gas pagasse le royalties dovute
all”Autorità palestinese su un conto bancario controllato da Londra
e da Washington, a garanzia che questo denaro fosse utilizzato per lo
sviluppo economico.

All”epoca, l”ex
capo di stato maggiore dell”esercito israeliano, il generale Moshe
Ya”alon, pubblicò un intervento clamoroso sul sito web del Jerusalem
Center for Public Affairs, in cui osservava che questo accordo non
risolveva il problema, perché in ultima analisi ad Hamas sarebbe
comunque toccata una parte di quel denaro finché fosse rimasto al
potere a Gaza. Concludeva che l”unico modo per assicurarsi che questa
manna non finanziasse la Resistenza era di lanciare una
«operazione
militare globale per sradicare Hamas da Gaza
»
[6].

Nell”ottobre 2010
le cose si sono ulteriormente complicate con la scoperta, da parte
della Noble Energy Inc., di un mega-giacimento di gas
off-
shore
, il Leviathan,
in acque territoriali israeliane e libanesi, giacimento che va ad
aggiungersi a quello scoperto da British Gas nel 2001, Tamar. [7]

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Il Libano, dietro
suggerimento di Hezbollah, ha immediatamente coinvolto le Nazioni
Unite e fatto valere i suoi diritti di sfruttamento. Tuttavia,
Israele ha iniziato l”estrazione di gas da queste riserve comuni
ignorando le obiezioni libanesi.


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La
guerra per il gas palestinese

L”attuale offensiva
israeliana in corso a Gaza risponde a diversi obiettivi. In primo
luogo, il Mossad ha organizzato l”annuncio del rapimento e della
morte di tre giovani israeliani in modo da impedire alla Knesset di
adottare una legge che proibisca di liberare dei “terroristi”
[8]. Poi, l”attuale ministro della Difesa, il generale Moshe Ya”alon,
ha usato il pretesto del rapimento per lanciare un”offensiva contro
Hamas, applicando proprio la sua analisi del 2007 [9].

Il nuovo presidente
egiziano, il generale Abdel Fattah al-Sisi, ha ingaggiato come
consulente Tony Blair, senza tuttavia che questi si dimettesse dalla
sua posizione di rappresentante del Quartetto [10]. In linea con la
difesa degli interessi di British Gas, ha poi suggerito una
“iniziativa di pace” totalmente inaccettabile per i
Palestinesi, che infatti hanno rifiutato, mentre Israele l”ha
accettata. Questa mossa mira chiaramente a fornire l”occasione a
Tsahal di continuare la sua offensiva per
«sradicare
Hamas da Gaza
».
Non è irrilevante il fatto che Tony Blair, per questo lavoro, non
sia remunerato dall”Egitto, ma dagli Emirati Arabi Uniti.

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Come sempre, l”Iran
e la Siria hanno sostenuto la Resistenza palestinese (Jihad islamica
e Hamas). Così hanno anche mostrato a Tel Aviv di avere la capacità
di fargli male in Palestina tanto quanto esso ne ha fatto a loro in
Iraq con l”intromissione dell”Emirato Islamico e del clan dei
Barzani.

Soltanto la lettura
degli avvenimenti in chiave energetica permette di comprenderli.
Perché non è politicamente nell”interesse di Israele distruggere
quell”Hamas che esso stesso ha contribuito a creare per
ridimensionare Al-Fatah. Non è nemmeno nell”interesse della Siria di
aiutarlo a resistere, dal momento che si è alleato con la NATO e ha
inviato jihadisti a combattere contro il Paese. Il tempo della
“primavera araba”, che doveva portare al potere i Fratelli
Musulmani (di cui Hamas è il ramo palestinese) in tutti i paesi
arabi, è passato. In definitiva l”imperialismo anglosassone è
sempre mosso da ambizioni economiche che impone in spregio alle
logiche politiche locali. La scissione che caratterizza stabilmente
il mondo arabo non è quella tra partiti religiosi e laici, ma quella
tra Resistenti e Collaboratori all”imperialismo.

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NOTE:

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[1]
«
La
guerre en Syrie : une guerre pour l’énergie?
»
di Alexandre Latsa, RIA Novosti/Réseau Voltaire, 18 settembre 2013.

[2]
«
Jihadismo
e industria petrolifera
»,
di Thierry Meyssan, Al-Watan/Rete Voltaire , 23 giugno 2014.

[3]
L”obiettivo non è nuovo, si vedano: “
L”arte
della guerra. Siria: la NATO mira al gasdotto
“;
Siria:
la corsa all”oro nero

di Manlio Dinucci, Il Manifesto/Rete Voltaire, 10 ottobre 2012 e 2
aprile 2013.

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[4]
“
Syrie:
10 ans de résistance
”,
un programma in sei puntate ideato e prodotto da Thierry Meyssan, TV
satellitare siriana, giugno 2014 La versione disponibile in rete è
quasi intermanete in francese o sottotitolata in francese, tranne
gli interventi del generale Wesley Clark, di Alfredo Jalife e del
generale Leonid Ivashov. Altrimenti, il professor Shueibi aveva già
fornito una panoramica della questione prima di essere informato
delle scoperte di Ansis e Sagex: “
La
Siria, al centro della guerra del gas in Medio Oriente
,”
di Imad Fawzi Shueibi, Rete Voltaire, 8 maggio 2012.

[5]
«
Les
«Amis de la Syrie» se partagent l’économie syrienne avant de
l’avoir conquise
»
(“Gli ”Amici della Siria” si spartiscono l”economia siriana prima
di averla conquistata”,
NdT)
a cura del German Foreign Policy,
Horizons
et débats
/Réseau
Voltaire,

14 giugno 2012.

[6]
«
Does
the Prospective Purchase of British Gas from Gaza Threaten Israel’s
National Security ?
»
(“Il futuro acquisto di British Gas da Gaza minaccia la sicurezza
nazionale di Israele?”,
NdT),
a cura del tenente-Gen. (in congedo) Moshe Yaalon, Jerusalem Center
for Public Affairs, 19 Ottobre 2007. «
Ya’alon
: British Gas natural gas deal in Gaza will finance terror
»
(”Ya”alon: L”accordo British Gas sul gas naturale a Gaza finanzierà
il terrorismo”, NdT) di Avi Bar-Eli,
Haaretz.

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[7]
Gas
e petrolio, il bacino di Levante

Di F. William Engdahl, Rete Voltaire, 14 marzo 2012.

[8]
«Le
chef du Mossad avait prédit l’enlèvement de trois jeunes
Israéliens
»
(
“Il
capo del Mossad aveva predetto il rapimento di tre giovani
israeliani”,
NdT)
di Gerhard Wisnewski, Réseau Voltaire, 8 luglio 2014.

[9]
«L”assalto
della IDF a Gaza mira a controllare il gas palestinese: òa
soluzione alla crisi energetica in Israele
»
di Nafeez
Ahmed, The Guardian, 9 Luglio 2014 (tradotto da
ComeDonChisciotte.org) “
Gaza:
il gas nel mirino
“,
di Manlio Dinucci, Il Manifesto / Rete Voltaire, 17 luglio 2014.

[10] “Il
presidente al-Sissi ha scelto Tony Blair come consulente economico
“,
Rete Voltaire, 7 luglio 2014.

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Questa
“cronaca settimanale di politica estera” appare
simultaneamente in versione araba sul quotidiano
“Al-Watan” (Siria),
in versione tedesca sulla 
“Neue
Reinische Zeitung”
,
in lingua russa sulla 
“Komsomolskaja
Pravda”
,
in inglese su 
“Information
Clearing House”
,
in francese sul 
“Réseau
Voltaire”
.

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Thierry
Meyssan, 20 luglio 2014.

Traduzione
a cura di Luisa Martini.

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