Quale politica USA dopo le elezioni di medio termine?

'L''Amministrazione Obama non riesce a fare un''analisi coerente del mondo né a definire la propria dottrina di sicurezza nazionale. E ora perde le elezioni [Thierry Meyssan] '

Quale politica USA dopo le elezioni di medio termine?
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5 Novembre 2014 - 06.59


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«Sotto
i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°103

di Thierry Meyssan.

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Da
maggio in qua, la Casa Bianca continua a ritardare la pubblicazione
della propria strategia di sicurezza nazionale. In realtà, il
presidente Obama constata che sebbene la sua squadra gestisca meglio
gli eventi rispetto al suo predecessore, è tuttavia incapace di
presentare un”analisi coerente del mondo e di definire la propria
dottrina. Inoltre, la perdita della maggioranza in entrambe le
camere del Congresso dovrebbe costringerlo a trovare nuovi
collaboratori.

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Il
presidente Obama e il suo capo di gabinetto McDonough

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Il 4 novembre, gli
Stati Uniti vanno al voto per il rinnovo del Congresso. Chiaramente,
il Partito Democratico dovrebbe sopportare una sconfitta: i
repubblicani dovrebbero incrementare la loro maggioranza alla Camera
e conquistare il Senato. Il potere del presidente Obama dovrebbe
risultare proporzionalmente ridimensionato.

In materia di
relazioni internazionali, questo cambiamento non dovrebbe aiutare a
chiarire i comportamenti. L”amministrazione Obama sta affrontando una
grave crisi di fiducia nei propri rapporti con il suo partner
israeliano nel momento in cui essa è sul punto di firmare un accordo
con la Repubblica islamica dell”Iran. È divisa sulle questioni
chiave del momento: la crisi con la Federazione Russia in merito
all”Ucraina, la guerra contro l”Emirato Islamico (“Daesh”),
e il modo di trattare l”eventuale epidemia di Ebola nel mondo
occidentale.

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Durante la
formazione della sua seconda amministrazione, Barack Obama aveva
escluso i suoi rivali, che pur difendendo pubblicamente la sua
politica, la sabotavano alle spalle. Aveva invece nominato uomini
fedeli che gli hanno obbedito lealmente, ma sembrano mancare di
immaginazione e creatività.

Tuttavia, fino ad
oggi, e contrariamente ai suoi obblighi, la Casa Bianca non ha
redatto né pubblicato la propria dottrina di sicurezza nazionale.
Avrebbe dovuto essere presentata al Congresso a maggio.

Il presidente
sembra appoggiarsi su una squadra via via più ristretta di
consiglieri per prendere le sue decisioni: il suo consigliere per la
sicurezza Susan Rice e il suo capo di gabinetto Denis R. McDonough
sul piano diplomatico, il suo capo di stato maggiore – il generale
Martin E. Dempsey – sul piano militare. Benché abbia un rapporto
di fiducia con i suoi segretari di Stato e della Difesa, John Kerry e
Chuck Hagel, non sembra considerarli diversamente che come semplici
esecutori.

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I
principi della Casa Bianca

Questa piccola
squadra agisce secondo diversi principi.

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– In primo luogo, i
suoi membri ritengono che Washington debba scegliere meglio i propri
partner. In passato, erano insigniti di alte cariche coloro che
difendevano gli interessi delle multinazionali nel loro paese e si
impegnavano a votare come veniva loro richiesto nelle istituzioni
internazionali, mentre oggi questo non basta più. Occorre dimostrare
di essere in grado di durare e di svolgere il proprio ruolo a lungo
termine.

– In secondo luogo,
i suoi membri ritengono che non si debbano mobilitare grandi mezzi
per le questioni di dettaglio. Ad esempio, in materia di
controterrorismo, si tratta di concentrarsi sulla prevenzione di
azioni di massa, anziché perdersi alla ricerca di ipotetici “lupi
solitari”.

– Infine, sebbene
questa squadra continui a sostenere la colonia ebraica in Palestina,
non considera più affidabile l”amministrazione israeliana e
preferisce trattare direttamente con le sue Forze di difesa [1].

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Le
posizioni della Casa Bianca

Per quanto riguarda
i dossier più scottanti, questi principi portano la Casa Bianca a
portare avanti le seguenti posizioni:

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– Si deve ammettere
che l”Ucraina è uno Stato fallito e che i suoi dirigenti sono degli
incompetenti corrotti. Il presidente Petro Poroshenko ha fatto il
pubblico elogio dei Collaboratori dei nazisti ed ha dovuto
riacciuffare all”aeroporto il suo primo ministro Arseniy Yatsenyuk,
che tentava di scappare con i soldi che aveva rubato. Non si tratta
quindi di partner affidabili su cui gli Stati Uniti possano fare
conto per sfidare la Federazione Russa. Pertanto, occorre lasciare
marcire la situazione nel Donbass in modo d”avere in serbo una carta
da giocare, ma occorre abbandonare l”idea di far precipitare Mosca in
una guerra.

– Dopo tre anni di
guerra, la Coalizione nazionale siriana è ormai sostenuta solo da
una piccola minoranza di siriani. Non è dunque in grado di governare
e occorrerà prima o poi riprendere delle normali relazioni con il
presidente Bashar al-Assad. La priorità adesso è quella di creare
un ambiente regionale che costringa la Siria e l”Iraq a non
perturbare l”Ordine Mondiale, non appena le ostilità cesseranno. È
quindi necessario sia distruggere le installazioni cinesi in Iraq
(Pechino era diventato il primo cliente del petrolio iracheno), sia
assicurarsi che l”Esercito arabo siriano rimanga troppo occupato per
un decennio da problemi interni affinché non sia in grado di
affrontare Israele. Infine, si deve mantenere il controllo degli
jihadisti che sembrano inebriarsi della vittoria che è stata a loro
regalata.

– Infine, l”ebola
non minaccia per nulla l”Occidente: è solo un pretesto per schierare
le truppe AfriCom in Africa occidentale. L”isteria che si è
impadronita del pubblico americano dopo la scoperta di un caso in
Texas deve essere ricondotta a giuste proporzioni. A questo
proposito, il Centro di Atlanta per il Controllo e la Prevenzione
delle malattie (CDC) ha mostrato la sua inefficacia e deve essere
punito.

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Detto questo,
queste posizioni permettono di reagire agli eventi, non di
anticiparli. Migliorano la gestione, ma non bastano a costituire una
politica. Così il presidente Obama è alla ricerca di nuovi
collaboratori per proporgli nuovi punti di vista sul mondo.

La
Casa Bianca e lo Stato profondo

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Resta ancora da
determinare se – una volta che la Casa Bianca si doti di una
strategia – possa o meno inserirsi nel margine di manovra che le
lascia lo Stato profondo. Per ora, Obama ha dovuto fare marcia
indietro sui due punti che si era prefissato durante la sua campagna
elettorale: la tortura e il nucleare.

– Sei anni dopo,
non si sa perché non sia possibile chiudere Guantánamo, né di
pubblicare il rapporto del Senato sulla tortura nell”era Bush. Sembra
che questa relazione contenga informazioni che potrebbero aprire
altri dossier. Denis R. McDonough è andato in California per
discuterne con la senatrice Dianne Feinstein in modo da trovare una
soluzione.

– Soprattutto,
Barack Obama è stato costretto a rilanciare la corsa agli armamenti,
mentre aveva promesso di creare un mondo senza bombe atomiche. Ma per
lo Stato profondo non si pone nemmeno la questione di abbandonare la
superiorità militare di cui dispone. Il Premio Nobel per la Pace ha
dunque deciso di modernizzare l”arsenale nucleare statunitense.

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NOTA:

[1]
Di recente, un collaboratore del presidente ha trattato Benjamin
Netanyahu da “buono a nulla”, cfr
“The
Crisis in U.S.-Israel Relations Is Officially Here
”,
di Jeffrey Goldberg,
The
Atlantic
,
28 ottobre 2014.

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Questa
“cronaca settimanale di politica estera” appare
simultaneamente in versione araba sul quotidiano
“Al-Watan”(Siria),
in versione tedesca sulla 
“Neue
Reinische Zeitung”
,
in lingua russa sulla 
“Komsomolskaja
Pravda”
, in
inglese su
“Information
Clearing House”
,
in francese sul 
“Réseau
Voltaire”
.

Thierry
Meyssan, 2 novembre 2014.

Traduzione
per Megachip a cura di Matzu Yagi.

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