Chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti?

'l''unica vera questione in gioco nelle presidenziali USA è la conservazione del potere WASP, mai messo in discussione fin dalla dichiarazione d''indipendenza del 1776 [T.Meyssan]'

Chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti?
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3 Aprile 2016 - 23.42


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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di
politica internazionale n°176

di Thierry
Meyssan
.

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Thierry Meyssan analizza il sistema politico ed elettorale degli
Stati Uniti. A suo parere, l”unica vera questione in gioco nelle elezioni
presidenziali è la conservazione del potere degli WASP, mai messo in
discussione fin dai tempi della dichiarazione di indipendenza del 1776. Mentre
Ted Cruz e Hillary Clinton ne sarebbero i garanti, la candidatura di Donald
Trump annuncia un profondo sconvolgimento del sistema che dovrebbe avvenire solo
una volta che gli anglosassoni saranno diventati una minoranza della
popolazione.

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Nelle primarie si affrontano
numerosissimi candidati. I media parlano solo di democratici e repubblicani
ignorando tutti gli altri, sapendo che il sistema è progettato in modo che non
possano mai vincere.

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DAMASCO (Siria) – Le primarie statunitensi
offrono un spettacolo deprimente, durante il quale i principali candidati
sembrano non essere consapevoli che le loro opinioni senza mezzi termini e le
loro dichiarazioni demagogiche avranno conseguenze, interne ed esterne, se
saranno eletti alla presidenza.

Nonostante le apparenze, la carica
presidenziale dispone solamente di poteri limitati. Infatti era evidente a
tutti che il presidente George W. Bush non aveva la capacità di governare e che
altri lo facevano per lui. Allo stesso modo, oggi, è chiaro che il presidente
Obama non riesce a farsi rispettare da tutti i componenti della sua
amministrazione. Vediamo per esempio sul terreno ucraino e siriano uomini del
Pentagono combattere una guerra feroce contro quelli della CIA. In realtà il
principale potere della Casa Bianca non è quello di comandare eserciti ma di
nominare o confermare 14.000 alti funzionari, di cui 6000 in occasione
dell’insediamento del presidente. Al di là delle apparenze, la presidenza è
garante del mantenimento al potere della classe dominante, perché è
quest”ultima e non il popolo che decide le elezioni.

Ricordiamo che secondo la Costituzione (art.
2, comma 1) il presidente degli Stati Uniti non è eletto a suffragio universale
come alla lettera interpretano i media ignoranti, ma unicamente da 538 grandi
elettori (designati nei rispettivi Stati col compito di eleggere il presidente,
ndt) rappresentanti dei governatori.
La Costituzione non obbliga i governatori a nominare gli elettori
corrispondenti alla volontà dei loro amministrati espressa dallo scrutinio
consultivo precedente, tant’è che nel 2000 la Corte Suprema rifiutò di
invalidare gli elettori nominati dal governatore della Florida (Jeb Bush,
fratello del presidente, ndt) anche
se c”era un dubbio sull’effettiva volontà espressa dagli elettori di quello
Stato.

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Ricordiamo inoltre che le “primarie” non sono
organizzate dai partiti politici come in Europa ma dagli Stati, sotto la responsabilità
dei governatori, ciascuno secondo il proprio sistema. Le primarie sono pensate
in modo che, in definitiva, i maggiori partiti presentino un candidato alla
carica presidenziale che sia compatibile con gli interessi dei governatori.
Sono dunque organizzate sul modello del “centralismo democratico” sovietico per
favorire una personalità “consenziente”, al fine di escludere qualsiasi
individuo con un pensiero originale o semplicemente capace di mettere in
discussione il sistema. Nei casi in cui i cittadini partecipanti non
riuscissero a nominare un candidato, o addirittura arrivassero a nominarne uno
incompatibile con il sistema, la successiva Convention del partito si
pronuncerà invertendo se necessario il voto dei cittadini.

Le primarie USA non sono un “momento
democratico”, al contrario sono un processo che da un lato permette ai
cittadini di esprimersi e dall’altro impone loro di rinunciare ai propri
interessi e alle proprie idee per schierarsi con un candidato conforme al
sistema.

Nel 2002, Robert A. Dahl, docente di diritto
costituzionale all”Università di Yale, pubblicò uno studio su come la
Costituzione, nel 1787, fosse stata scritta per garantire che gli Stati Uniti
non avessero una vera democrazia [1].

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Più di recente, nel 2014, due professori di
scienze politiche, Martin Gilens a Princeton e Benjamin I. Page a Northwestern,
hanno dimostrato che il sistema si è evoluto in modo tale che oggi tutte le
leggi sono votate su richiesta e sotto il controllo di una élite economica
senza mai tenere in considerazione le opinioni dei cittadini. [2].

Nel 2008 la presidenza Obama è stata segnata
dalla crisi finanziaria, poi economica, la cui principale conseguenza è la fine
del contratto sociale. Fino ad allora, ciò che univa gli americani era il sogno
americano, l”idea che tutti potessero uscire dalla povertà e diventare ricchi
col frutto del proprio lavoro. Si potevano tollerare ingiustizie di ogni tipo
purché ci fosse la speranza di “farcela”. Ora, con l”eccezione dei super-ricchi
che non smettono di arricchirsi, il meglio che si possa sperare è di non
perdere la propria posizione.

La fine del “sogno americano” ha anzitutto
provocato la nascita di movimenti di rabbia, a destra il Tea Party nel 2009 e a
sinistra Occupy Wall Street nel 2011. L”idea generale era che quel sistema
iniquo non fosse più accettabile, non perché si fosse ampliato ma perché era
diventato fisso e permanente. I sostenitori del Tea Party affermavano che per
migliorare il sistema bisognava abbassare le imposte e cavarsela da soli piuttosto
che aspettare una protezione sociale, mentre quelli di Occupy Wall Street erano
dell’idea che si sarebbero dovuti tassare i super-ricchi e ridistribuire ciò
che gli si fosse preso. Tuttavia questa fase è stata superata nel 2015 con
Donald Trump, un miliardario che non contesta il sistema ma sostiene di aver
beneficiato del sogno americano e di essere in grado di farlo rinascere. Perciò
in ogni caso i cittadini hanno capito il suo slogan America great again (“L’America di nuovo grande”). I suoi sostenitori
non hanno intenzione di tirare ulteriormente la cinghia per finanziare la lobby
militare-industriale e rilanciare l”imperialismo, ma sperano che Trump gli
consentirà, a loro volta, di arricchirsi come hanno fatto molte generazioni di
americani prima di loro.

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Mentre Tea Party e Occupy Wall Street hanno
legittimato rispettivamente le candidature di Ted Cruz fra i repubblicani e
Bernie Sanders fra i democratici, la candidatura di Trump minaccia le posizioni
acquisite da coloro che durante la crisi finanziaria del 2008 si sono protetti
bloccando il sistema. Trump non appare pertanto in contrasto con i
politici-super ricchi ma con gli alti funzionari e con i professionisti della
politica, si pone contro tutti i “ricchi imboscati” che hanno un reddito
elevato senza mai assumersi rischi personali. Se si dovesse paragonare Trump a
personalità europee, non sarebbe accostabile né a Jean-Marie Le Pen né a Jörg
Haider ma piuttosto a Bernard Tapie e Silvio Berlusconi.

Come
reagiranno i governatori?

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Chi faranno
eleggere presidente?

Finora l’«aristocrazia» USA − secondo
l”espressione di uno dei padri fondatori, Alexander Hamilton − era composta
esclusivamente da WASP, gli anglosassoni bianchi protestanti [White Anglo-Saxon
Protestant: inizialmente la P stava per “puritani”, ma col tempo il concetto è
stato esteso a tutti i “protestanti”]. Tuttavia una prima eccezione si verificò
nel 1961 con il cattolico irlandese John Kennedy, che permise di risolvere
pacificamente il problema della segregazione razziale. E una seconda nel 2008
con il keniano nero Barack Obama, che ha permesso di dare l”illusione
dell’integrazione razziale. Comunque sia, in nessuno di questi due casi
l”eletto ha usato il suo potere per cambiare la casta dominante. Tantomeno,
nonostante la promessa del disarmo generale per il primo e del disarmo nucleare
per il secondo, nessuno dei due ha potuto fare alcunché contro il complesso
militare-industriale. È vero che in entrambi i casi era stato loro imposto un
suo rappresentante come vicepresidente, Lyndon Johnson e Joe Biden; una misura
sostitutiva che fu attivata nel caso di Kennedy.

Donald Trump, da parte sua, con un modo di
esprimersi senza peli sulla lingua, incarna un populismo completamente diverso
dai modi convenzionali del politicamente corretto caro agli WASP. Chiaramente
l’intesa precaria tra il presidente della National Governors Association
(Associazione nazionale dei governatori), il governatore dello Utah Gary
Herbert e Trump dimostra che un accordo tra quest’ultimo e la casta dominante
sarà molto difficile da trovare.

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Rimangono altre due alternative: Hillary
Clinton e Ted Cruz. Quest”ultimo è un ispanico diventato intellettualmente WASP
dopo la sua conversione al protestantesimo evangelico. La sua nomina
permetterebbe di realizzare un’operazione paragonabile a quella dell’elezione
di Obama, questa volta mostrando la volontà di integrare i latinos dopo aver coccolato i black.
Purtroppo, anche se è stato lanciato da una società che lavora sia per la CIA
sia per il Pentagono, è un personaggio completamente artificiale che avrebbe
difficoltà ad assumere quel ruolo. Rimane l’avvocata femminista Hillary
Clinton, la cui elezione consentirebbe di manifestare una volontà
d’integrazione delle donne. Nondimeno, il suo comportamento irrazionale e i
suoi accessi di furore isterico non possono che preoccupare. Peraltro
l’importante inchiesta giudiziaria che si trova ad affrontare la pone in una
condizione di ricattabilità e quindi la rende controllabile.

In nessun punto di questa analisi ho menzionato
i programmi dei candidati. Perché in realtà, nella filosofia politica locale,
questo non conta. Dal «Commonwealth» di Oliver Cromwell, il pensiero politico
anglosassone considera la nozione di interesse generale come un inganno per
mascherare intenzioni dittatoriali. I candidati non hanno dunque programmi per
il loro paese, ma “posizioni” su argomenti specifici che consentono loro di
ottenere il sostegno. Gli eletti − il presidente, i parlamentari, i
governatori, i pubblici ministeri, gli sceriffi eccetera − non dichiarano di
voler servire il bene comune ma di soddisfare la più ampia maggioranza
possibile dei loro elettori. In un comizio elettorale, un candidato non
presenterà mai la sua visione del mondo ma fornirà l”elenco dei sostenitori che
ha già per invitare altre “comunità” a fidarsi di lui per difenderle.
Ecco perché il tradimento politico negli Stati Uniti non è cambiare partito ma
piuttosto agire contro i presunti interessi della sua comunità.

L”originalità di questa concezione è che i
politici non devono avere una coerenza nei loro discorsi, ma solo tra gli
interessi che essi difendono. Per esempio, si può sostenere che i feti sono
esseri umani e condannare l”aborto in nome della tutela della vita umana, poi
nella frase successiva esaltare l”esemplarità della pena di morte.

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Non ci sarebbe grande differenza tra la
politica che potrebbe seguire l”evangelista Ted Cruz, la femminista Hillary
Clinton o il ‘marxista’ Bernie Sanders. Tutti e tre sarebbero tenuti a
camminare nei passi già tracciati da
George W. Bush e Barack Obama. Cruz cita la Bibbia – di
fatto i valori ebraici del Vecchio Testamento − e parla a un elettorato
religioso del ritorno ai valori fondamentali dei padri fondatori. Lo sblocco
del sistema sarebbe dunque una questione di morale personale, ritenendo il
denaro «un dono di Dio a coloro che lo temono». Da parte sua, la Clinton sta
conducendo una campagna rivolta alle donne e dà per scontato il voto di coloro
che si sono arricchiti sotto la presidenza di suo marito. Per loro lo sblocco del
sistema sarebbe così un affare di famiglia. Mentre Sanders denuncia
l’accaparramento delle ricchezze da parte dell”1% della popolazione e chiede la
loro redistribuzione, i suoi sostenitori sognano una rivoluzione di cui
beneficerebbero senza doverla fare.

Solo l”elezione di Trump potrebbe segnare un
cambiamento nel sistema. Contrariamente alle sue dichiarazioni, è l”unico
candidato razionale perché non è un politico ma un uomo d”affari, un dealmaker. Lui ignora tutto degli
argomenti che dovrebbe affrontare e non ne ha nessuno a priori. Si limiterebbe
a prendere decisioni di volta in volta, in funzione delle alleanze che stringe.
Nel bene e nel male.

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Stranamente, gli stati in cui Sanders
ha vinto sono più o meno gli stessi di Cruz, mentre quelli di Trump comprendono
quasi tutti quelli della Clinton. È che, inconsciamente, i cittadini affrontano
il loro futuro sia attraverso la morale che permette la redenzione quindi
l’arricchimento (Sanders e Cruz) sia attraverso il lavoro e il successo materiale
che il primo dovrebbe procurare (Trump e Clinton).

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A questo punto è impossibile prevedere quale
sarà il prossimo presidente e se questo avrà o no importanza, ma per
ineluttabili ragioni demografiche questo sistema crollerà da solo, nei prossimi
anni, quando gli anglosassoni saranno diventati minoranza.

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NOTE

[1] How Democratic is the American Constitution?, Robert A. Dahl, Yale University Press, 2002.

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[2] «Testing Theories of American Politics: Élites, Interest Groups, and Average Citizens», Martin Gilens and Benjamin I. Page, Perspectives on Politics, Volume
12, Issue 03, September 2014, pp. 564-581.

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Thierry Meyssan, 2 aprile 2016.

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Traduzione a cura di Emilio Marco Piano.



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