'Le ''sanzioni economiche'' o la guerra dei colletti bianchi'

Uccisero più di un milione di iracheni negli anni 90, senza sospetti nelle opinioni pubbliche occidentali. Oggi vanno contro chi si rifiuta di essere dominato. [T.Meyssan]

'Le ''sanzioni economiche'' o la guerra dei colletti bianchi'
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14 Ottobre 2016 - 22.17


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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°205

di Thierry Meyssan.

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Analisi del cambiamento d”ordine mondiale

Gli
Stati Uniti e l”Unione Europea hanno lanciato una guerra che non osa dire il
suo nome contro la Siria, l”Iran e la Russia, quella delle “sanzioni
economiche”. Questa formidabile tattica ha ucciso più di un milione di
iracheni negli anni ‘90, senza destare i sospetti delle opinioni pubbliche
occidentali. Oggi viene pazientemente messa in campo contro gli Stati che si rifiutano
di essere dominati dall’Ordine mondiale unipolare.

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DAMASCO (Siria) –  Nel
passato, la strategia delle guerre convenzionali comprendeva l”assedio di una
città o di uno Stato. Si trattava di isolare il nemico, di impedirgli che
utilizzasse le proprie risorse, di sottoporlo alla carestia, e, infine, di
sconfiggerlo. In Europa, la Chiesa cattolica ha fermamente condannato questa
tattica considerandola criminale in quanto uccide innanzitutto i civili, e solo
in seconda battuta i belligeranti.

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Oggi,
le guerre convenzionali includono le “sanzioni economiche”, che mirano
agli stessi obiettivi. Dal 1990 al 2003, le sanzioni decretate contro l”Iraq da
parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno ucciso più di un
milione di civili. Di fatto, era proprio una guerra condotta da banchieri nel
nome dell”istituzione responsabile della promozione della pace.

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È
probabile che diversi Stati che votarono per queste sanzioni non ne avessero percepito
né la portata né le conseguenze. Certo è che quando alcuni membri del Consiglio
di sicurezza chiesero che fossero tolte, gli Stati Uniti e il Regno Unito vi si
opposero, portando in questo la responsabilità di un milione di civili morti.

Dopo
che molti alti funzionari internazionali sono stati licenziati per il loro
coinvolgimento nel massacro di un milione di civili iracheni, le Nazioni Unite hanno
riflettuto su come rendere le sanzioni più efficaci contro gli obiettivi
annunciati. Ossia, su come garantire che esse riguardassero solo i leader politici
e militari e non i civili. Si è parlato dunque di “sanzioni mirate”.
Tuttavia, nonostante gran parte delle ricerche in materia, non sono mai state praticate
sanzioni contro uno Stato che toccassero soltanto i suoi dirigenti, risparmiando
la sua popolazione.

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L”effetto
di queste sanzioni è legato all”interpretazione che i governi fanno dei testi
che le definiscono. Ad esempio, la maggior parte dei testi evocano sanzioni sui
prodotti a duplice uso civile e militare, cosa che lascia un ampio margine d”interpretazione.
Un fucile può essere vietato per l”esportazione verso un determinato Stato,
perché può servire sia alla caccia sia alla guerra. Ma una bottiglia d”acqua
può essere bevuta sia una madre di famiglia che da un soldato. Di conseguenza,
gli stessi testi possono portare – a seconda delle circostanze politiche e dell”evoluzione
della volontà dei governi – a risultati molto differenti.

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La
situazione è ulteriormente complicata poiché alle sanzioni legali del Consiglio
di Sicurezza si aggiungono le sanzioni illegali degli Stati Uniti e dell”Unione
europea. Infatti, se degli Stati o delle istituzioni intergovernative possono
legalmente rifiutare di commerciare con gli altri, non possono stabilire
sanzioni unilateralmente senza entrare in guerra.

Il
termine “sanzione” lascia pensare che lo Stato che ne è fatto oggetto
abbia commesso un reato e che sia stato giudicato prima di essere condannato.
Questo è vero per le sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza, ma non per
quelle decise unilateralmente da Stati Uniti e Unione Europea. Si tratta
puramente e semplicemente di atti di guerra.

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Dalla
guerra contro i britannici, nel 1812, Washington ha istituito un ufficio, l’Office
of Foreign Assets Control, incaricato di condurre questa guerra in colletti
bianchi.

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Attualmente
i principali Stati che sono vittime di sanzioni, non lo sono a causa delle
Nazioni Unite, ma solo degli Stati Uniti e dell”Unione Europea. Si tratta della
Siria, dell”Iran e della Russia. Cioè, i tre Stati che si battono contro i
jihadisti sostenuti dall”Occidente.

La
maggior parte di queste misure sono state prese senza alcun legame diretto con
la guerra contemporanea contro la Siria. 

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Le sanzioni contro Damasco sono legate
principalmente al suo sostegno al movimento libanese Hezbollah e all’asilo che
aveva concesso al movimento palestinese Hamas (che nel frattempo ha aderito ai
Fratelli musulmani e gli si batte contro). 

Si presume che le sanzioni contro
l”Iran sarebbero state rivolte contro il suo programma nucleare militare, sebbene
sia stato chiuso da Khomeini, ben trent”anni fa. Esse continuano nonostante la
firma dell”accordo 5 + 1 presumesse di risolvere questo problema che non
esiste. 

Quelle contro la Russia sanzionano l”annessione della Crimea dopo che
questa aveva rifiutato il colpo di Stato nazista di Kiev, descritto come
“rivoluzione democratica” da parte della NATO.

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Le
sanzioni attuali più dure sono quelle prese a carico della Siria. Un rapporto realizzato
per l”Ufficio del Coordinatore delle Nazioni Unite in Siria, finanziato dalla
Confederazione elvetica e reso pubblico quattro mesi fa, osserva che l”interpretazione
statunitense ed europea dei testi ha portato a privare la maggioranza dei
siriani sia di certe cure mediche sia di risorse alimentari. Numerosi apparecchi
medicali sono vietati in quanto considerati passibili di doppio uso ed è
impossibile pagare le importazioni alimentari attraverso il sistema bancario
internazionale.

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Benché
la situazione dei siriani non sia così catastrofica come quella degli iracheni negli
anni ”90, si tratta nondimeno di una guerra condotta dagli USA e dalla UE, con
mezzi finanziari ed economici, esclusivamente contro la popolazione che vive
sotto la protezione della Repubblica araba siriana, al fine di ucciderla.

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Thierry Meyssan, 14 ottobre 2016

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Traduzione a cura di Matzu Yagi.



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