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di Lorenzo Lamperti.
Giuliano Noci,
ingegnere e prorettore del del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, nonché uno dei massimi esperti di Cina in Italia, parla in un’intervista adAffaritaliani.it dell’accordo sempre più vicino sulla Nuova Via della Seta tra Roma e Pechino, con il memorandum di intesa (oltre ai singoli accordi specifici) che potrebbe arrivare tra una decina di giorni durante la visita del presidente cinese Xi Jinping.Giuliano Noci, l’Italia fa bene o male a firmare il memorandum di adesione alla Nuova Via della Seta?
L’Italia fa bene a firmare il memorandum of understanding della Belt and Road, a patto che ottenga delle contropartite reali.
A quali contropartite fa riferimento?
Penso alle operazioni di business che possono essere fatte congiuntamente nei paesi eurasiatici e in Africa. Farebbe male invece a firmare lo stesso identico memorandum firmato dagli altri paesi che hanno aderito alla Belt and Road.
Gli Stati Uniti però stanno provando a fermarci.
Il patto atlantico verrà rispettato anche con la firma, non capisco perché un Paese come l’Italia non debba sottoscrivere un accordo così vantaggioso dal punto di vista commerciale, anche perché si tratta di un accordo non vincolante. Il tutto, ripetto, a patto che si inseriscano delle contropartite reali e importanti. Mi riferisco non solo ai business infrastrutturali ma anche all’apertura del mercato cinese ai prodotti italiani.
Si riuscirebbe così ad attivare un canale preferenziale per l’export italiano?
Certamente, e sarebbe un grande vantaggio. E’ questo il tema vero. Da tempo Francia e Germania, pur non aderendo alla Belt and Road, stanno facendo operazioni sottobanco con la Cina. Ognuno segue la propria linea provando a non scoprirsi. In questo caso l’Italia può invece portare a termine alla luce del sole un’operazione avviata da Paolo Gentiloni. Fino adesso tedeschi e francesi hanno operato in Cina senza chiedere il permesso a nessuno, non vedo perché gli Stati Uniti dovrebbero prendersela con l’Italia.
La differenza però sarebbe l’adesione alla Belt and Road, che per gli Usa è un progetto non solo commerciale ma anche politico.
Ripeto, se l’Italia firmasse il memorandum con gli stessi contenuti degli altri paesi avremmo un problema, ma inserendo i principi di trasparenza e sostenibilità ambientale e finanziaria questo accordo va firmato. Guardi, io trascorro in Cina almento 70 giorni all’anno da 20 anni a questa parte. L’Italia, con la “non posizione” che ha mantenuto in questi due decenni è rimasta al palo, mentre Francia, Germania e anche Spagna hanno fatto grandi affari. Non coltivando la relazione con Pechino, l’Italia ha perso enormi opportunità. Questa è l’occasione per recuperare il terreno perduto, cosa che dà fastidio ai parner europei e spiega anche la posizione ostile dell’Ue in merito. La partita americana è invece completamente diversa e ha a che fare con la leadership tecnologica.
I timori degli Usa sono fondati? La Belt and Road ha anche una valenza politica?
E’ chiaro che il progetto cinese ha anche una valenza politica, ma dobbiamo separare l’aspetto politico da quello economico. Anche perché non ci si può privare di opportunità commerciale solo perché ce lo chiedono gli americani. Guardiamo che cosa sta succedendo con Huawei, dipinto come il diavolo senza che ci siano le prove. E se gli Usa parlano di spionaggio, beh, mi verrebbe da dire: da che pulpito viene la predica. Di nuovo, se l’Italia si gioca questa partita inserendo principi chiari e trasparenti può riuscire a conquistarsi uno spazio di business commerciale in una partita che finora non ha giocato.
Se gli Stati Uniti ci chiedessero in maniera esplicita di non firmare l’Italia si tirerà indietro?
Ritengo che l’Italia possa tranquillamente fare l’operazione anche con il veto degli Stati Uniti. Sarebbe curioso se un governo che si definisce sovranista su un tema del genere si facesse governare da soggetti esterni.
Come si immagina lo scenario futuro a livello globale? Chi vincerà la partita tra Usa e Cina?
Da un certo punto di vista Trump ha fatto bene a intervenire muscolarmente sulla Cina per avere reciprocità commerciale. L’errore però lo ha commesso il primo giorno del suo mandato, quando ha annullato l’alleanza transpacifica (Tpp) di Obama con 11 paesi asiatici. La cancellazione del Tpp ha consentito alla Cina di recuperare il terreno che aveva perso. Ora Pechino ha un’influenza asiatica o euroasiatica difficile da limitare. Credo che la Belt and Road andrà avanti, probabilmente in maniera un po’ diversa da come immaginava Xi Jinping. In qualche modo i cinesi dovranno alleggerire la mano per entrare davvero in Europa ma la loro capacità di influenza con gli investimenti è oggettiva. Tanto per far capire quanto pesa oggi la Cina a livello diplomatico basta dire che in Vietnam tra Kim e Trump non c’è stato nessun accordo perché non conveniva a Pechino.