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Se il Diritto di Rettifica rischia di costringere un semplice blog a dotarsi della redazione di un giornale, oppure a togliere tende e burattini prima che sia troppo tardi, il Decreto Romani rischiava di equiparare a Canale 5 – per quanto riguarda gli adempimenti da affrontare – chiunque condivida anche solo il filmino delle sue vacanze su YouTube.
Come ora ci stiamo adoperando strenuamente per sostenere lo stralcio del comma 29 del DDL Intercettazioni, oppure per mitigarne gli effetti devastanti nel caso probabile in cui dovesse essere approvato (il cosiddetto Piano B), così nello scorso febbraio raccogliemmo 60 audaci ed andammo a Roma a compiere una danza tribale davanti all”ambasciata americana. Com”è, come non è, il Decreto non venne certo ritirato, ma reintrodusse almeno quelle parti della direttiva europea proditoriamente scomparse dalla prima versione del recepimento italiano, esonerando esplicitamente i siti internet privati dall”ambito di influenza della normativa. Rimasero alcune zone d”ombra e rimase l”obbligo di adeguarsi per le Web Tv ma, dopo l”approvazione, si attendeva che il Decreto Romani si sostanziasse in un”apposita normativa scritta, messa nero su bianco dall”AgCom.
Ebbene, quella normativa è arrivata. Ai tempi delle incursioni di Maroni e soci nei talk-show, prima che li abolissero per elezioni politiche – cioè quando ha più senso per il cittadino essere informato – il governo minimizzava. Dicevano che si trattava in fondo di una semplice autorizzazione, niente più che una DIA molto blanda dove si comunicava di realizzare servizi media audiovisivi. Per tutti quelli che ci avevano creduto, ecco dunque a cosa andrà incontro chiunque di voi abbia in animo di gestire una Web Tv, ovvero anche solo una serie di video trasmessi in successione mediante piattaforme di streaming quali UCast o LiveStreaming.
Questo il CAPO II, articolo 3, che nell”allegato B alla delibera 258/10/CONS del 26 maggio scorso dell”AGCOM norma le autorizzazioni da richiedere per fare streaming audiovideo nella rete italiana.
a) certificato di iscrizione del registro delle imprese relativo al soggetto richiedente, ovvero dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445/2000;
b) certificato del casellario giudiziale del legale rappresentante del soggetto richiedente, ovvero dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445/2000;
c) certificato antimafia ai sensi dell”articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni, ovvero dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445/2000;
d) certificato dei carichi pendenti del soggetto richiedente, ovvero dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445/2000;
e) attestazione in originale, ovvero in fotocopia autenticata nelle forme di legge, del versamento del contributo di cui all”art. 6 del presente regolamento anche mediante l”esibizione del C.R.O. (codice riferimento operazione) nel caso di pagamenti effettuati per via telematica;
f) la scheda di cui all”allegato 2, relativa al sistema trasmissivo impiegato redatta su carta intestata della società , datata e firmata dal rappresentante legale del richiedente;
g) copia del marchio editoriale di trasmissione del programma, riprodotta su carta intestata della società , datata e firmata ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 dal rappresentante legale del richiedente;
h) dichiarazione, datata e sottoscritta ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 dal rappresentante legale, concernente l”indicazione ed, il recapito del fornitore di rete che mette a disposizione il mezzo trasmissivo.
Come potete vedere, si tratta niente più niente meno di una semplice, banalissima comunicazione. E” necessario essere iscritti nel registro delle imprese, certificare di non avere carichi penali, presentare certificato antimafia, stampare carta intestata, pagare un grafico che realizzi un marchio editoriale, avere un legale rappresentante che firmi dichiarazioni tecniche precise sui sistemi di trasmissione, stampare il marchio editoriale rigorosamente su carta intestata, dichiarare qual”è il fornitore di rete e fare attenzione a non cambiare nulla di tutto questo, pena la risottomissione dei dati.
Quindi, d”ora in poi per fare quello che ovunque non richiede altro che una web cam e una connessione ad internet, in Italia bisognerà innanzitutto pagare un esperto che ci spieghi cosa diavolo dobbiamo presentare.
E se sei un privato e non sei iscritto al registro delle imprese? Non puoi avere una Web Tv. Il testo unico del Decreto Romani non specifica infatti se, per i servizi di media audiovisivi lineari (streaming in diretta), l”autorizzazione possa essere richiesta anche dai privati o meno. Così l”Autorità di Garanzia decide di testa sua ed esclude le persone fisiche. E nel farlo si sente perfino di incoraggiare le piattaforme emergenti:
« In considerazione dell”obiettivo di incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di nuovi servizi su piattaforme alternative, anche emergenti, l”Autorità ritiene opportuno includere nel novero dei soggetti autorizzabili anche le società di persone, le società cooperative, le fondazioni e le associazioni riconosciute e non riconosciute, mentre resterebbero escluse le sole persone fisiche in quanto non espressamente menzionate dal Testo unico. »
Oltre ad introdurre una normativa che non ha nessun corrispondente negli altri paesi, e senza che nessun media – di quelli che difendono la libertà di informazione – batta ciglio, assistiamo poi all”evidente paradosso di avere interi network televisivi nelle mani di persone accusate da più parti di averli fondati e fatti prosperare con i soldi della mafia, mentre a un privato cittadino che vuole fare una diretta streaming per documentare un evento non coperto dai media si oscura la web cam, oppure lo si costringe a fondare una società , spendendo un sacco di soldi, e a dimostrare di non essere un mafioso.
E cosa dire poi del controsenso di avere un Presidente del Consiglio che in questi giorni gira per confindustrie e confcommerci a magnificare l”azzeramento delle pratiche per l”apertura di un”attività , subordinando all”eventuale visita dei commissari la verifica del rispetto delle normative (ammesso che arrivino veramente), costringendo nel contempo chi vuole trasmettere via web le sue dirette streaming ad una burocrazia da Russia stalinista?
Ma la parte migliore deve ancora venire. Ai tempi delle nostre decise rimostranze, denunciavamo l”inutile mole di scartoffie e adempimenti, anche di natura economica, cui il web sarebbe incorso con l”approvazione del Decreto Romani. Bene, dato sì che stampare qualche pdf avrò pure un costo, senza parlare dell”inchiostro delle stampanti che è sempre più caro, l”AgCom concede – eventualmente – l”autorizzazione dietro la corresponsione di un compenso meramente simbolico. La cifra, sia chiaro, è poca cosa e serve unicamente al recupero delle spese di istruttoria. Bazzecole insomma, parliamo di appena 3 mila euro per le web tv e di 1500 euro per le web radio.
Nel caso foste già impegnati a gestire una di queste attività , in maniera amatoriale come ce ne sono tante, magari condotte da universitari che pensavano di vivere in un paese moderno e liberale, non fatevi prendere dall”ansia: l”AgCom vi concede ben quattro mesi di tempo per adeguarvi. Dopodiché sarete costretti a chiudere. Viva la modernità !
La normativa non è ancora in vigore. Ci sono trenta giorni, a partire dalla pubblicazione della delibera nella Gazzetta Ufficiale, per far pervenire all”AgCom le proprie riflessioni in materia. La delibera è del 26 maggio scorso, dunque sospetto che ci siano ancora pochi giorni utili.
Per partecipare alla consultazione pubblica è necessario inviare una raccomandata A/R, o a mezzo corriere o perfino consegnarla a mano, allegando le proprie osservazioni e indirizzando il tutto a: “Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – Direzione contenuti audiovisivi e multimediali – Via Isonzo, 21/b – 00198 ROMA“
Inoltre, entro il medesimo termine, si deve anche inviare una email all”indirizzo dic@agcom.it, riportando nell”oggetto il vostro nome seguito dalla dicitura “Consultazione pubblica sullo schema di regolamento in materia di fornitura di servizi di media audiovisivi lineari o radiofonici su altri mezzi di comunicazione elettronica ai sensi dell”art. 21, comma 1-bis, del Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici”.
Coraggio, cos”aspettate a dire la vostra?
http://www.youtube.com/watch?v=c5JoanamUK8
Tratto da: byoblu.com‘