Il difficile racconto della crisi cattolica

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3 Ottobre 2010 - 22.25


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di Davide Pelanda – Megachip.

Mentre imperversa la polemica sulle bestemmie di Berlusconi e il riposizionamento del Vaticano, si scopre quanto sia difficile raccontare nei media con serenità il mondo cattolico e quel che si muove al suo vertice. Vogliamo perciò conoscere chi lo sa raccontare. Recentemente ha seguito la visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna per la Rai. Ora sta promuovendo il libro-intervista fresco di stampa «Hans Kung, ribelle per amore» (ed. La Meridiana – Molfetta). Lui è Aldo Maria Valli, giornalista professionista e vaticanista per i tg della Rai.

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Lo abbiamo incontrato e intervistato.

Valli partiamo dall”ultimo viaggio del papa a Londra. Cosa ha voluto dire per gli anglicani e per il papa stesso questo incontro con una confessione cristiana che accetta le donne prete e addirittura vescovo, che accetta che il loro primate sia addirittura omosessuale ecc.?

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«Mi sembra che la Gran Bretagna abbia accolto con grande interesse e rispetto il papa di Roma. Non ci sono state le contestazioni di cui si parlava alla vigilia. Televisioni e giornali hanno assicurato una copertura totale. Benedetto XVI ha parlato al cuore di tutti, anglicani, cattolici, non credenti. Un successo. Tante questioni restano irrisolte, specie sul piano ecumenico, ma i contenuti della visita sono stati più alti. E nei britannici ha fatto colpo questo papa che non ha paura di parlare di verità».

 

Mi può spiegare bene cosa è la figura del giornalista vaticanista? Di che si occupa? Solo di viaggi papali? Le chiedo questo perché ho accertato che in altre nazioni questa figura pare non esistere.

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Non crede che ci dovrebbe essere una figura di giornalista professionista che sia preparato e che si occupi più di religioni tutte?

«Vaticanista è una brutta parola entrata nel gergo giornalistico per indicare il corrispondente dal Vaticano, cioè il redattore esperto di Santa Sede. E” un giornalista specializzato che deve avere diverse competenze: in campo religioso ma anche storico, politico e giuridico. E” un ruolo delicato, perché il vaticanista si occupa di questioni non semplici e che toccano in profondità la sensibilità delle persone. In una realtà ormai multietnica come la nostra dovrebbe occuparsi anche di altre religioni, e in parte ciò avviene, ma il Vaticano predomina nettamente perché produce più iniziative rispetto alle altre realtà e perché c”è la figura del papa, che è comunque importante, qualunque sia il nostro giudizio nei suoi confronti».

 

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Parliamo di Rai. Ad esempio come si può parlare solo ed esclusivamente di Chiesa cattolica e papa, per poi confinare a notte fonda una trasmissione che si occupa di ebraismo o del mondo protestante?

Ritiene che in Rai ci sia attenzione al pluralismo religioso?

«Il discorso sulla Rai è complesso. Io in generale non condivido l”attuale tendenza dell”informazione a privilegiare temi leggeri e a ignorare o a confinare tutto ciò che richiede un minimo di attenzione consapevole e di elaborazione culturale. L”attenzione al pluralismo religioso dovrebbe rientrare in una più ampia attenzione per i cambiamenti della nostra società e verso le diverse realtà esistenti. Ma vedo che la tendenza è a ignorare la realtà vera per dipingerne una assolutamente fittizia».

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Lei si sente preparato ad affrontare anche altre tematiche riguardanti uomini e donne appartenenti ad altre religioni? Perché non trattare ad esempio argomenti come il dialogo interreligioso senza occuparsi per forza del papa?

«Io studio molto per potermi occupare adeguatamente della Chiesa cattolica, della Santa Sede e del papa. E non credo si possa dire che me ne occupo “a forza”. Non possiamo dimenticare che siamo un paese in cui la Chiesa cattolica ha un ruolo importante e abbiamo il papa in casa. Non porrei la questione in termini di alternativa. Si può “coprire” il Vaticano, come si dice in gergo, e “coprire” anche le altre realtà. Questo dovrebbe essere l”impegno. Ma, ripeto, non sono discorsi che trovano grande accoglienza in questo momento».

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Oppure perché non seguire per una volta la visita di un altro capo religioso in Italia o all”estero come, ad esempio, il Dalai Lama?

«Mi è capitato di occuparmi del Dalai Lama. Ma oggettivamente non si può dire che il suo impatto sulla nostra società sia pari a quello del papa. Pensiamo solo ai discorsi di Benedetto XVI a Ratisbona, a Parigi, all”Onu, a Londra. Sono veramente fatti storici, sia per il contesto sia per i temi toccati».

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Arriviamo a parlare invece di Chiesa cattolica e dello scandalo della pedofilia. Dal suo punto di vista di vaticanista cosa doveva fare Benedetto XVI e tutto il cattolicesimo? Denunciare alla giustizia i vari prelati colpevoli o che altro? C”è forse da rivedere il discorso dell”imposizione del celibato sacerdotale obbligatorio?

«Personalmente non credo che abolire il celibato servirebbe a risolvere il problema degli abusi. Sono problemi diversi. Purtroppo per molti anni all”interno della Chiesa c”è chi ha nascosto e insabbiato. Però non si può incolpare l”attuale pontefice. I fatti di cui si parla oggi risalgono a epoche in cui Ratzinger, a capo della congregazione per la dottrina della fede, non aveva competenze in materia (ricordiamo che la congregazione si occupa della questione solo dal 2001). Non vedo quindi responsabilità specifiche di Benedetto XVI, che anzi ha sempre parlato chiaramente condannando gli abusi, schierandosi dalla parte delle vittime e chiedendo una profonda purificazione rispetto a quella “sporcizia” da lui denunciata nel 2005. Ora sarebbe importante trarre una lezione da quanto è accaduto e meditare soprattutto sul potere all”interno della Chiesa, per quanto riguarda sia i sacerdoti sia i vescovi. Gli abusi nascono spesso da un rapporto di potere malato nei confronti dei fedeli laici. E” su questo piano che occorre lavorare».

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Don Andrea Gallo da Genova recentemente ha denunciato in un dibattito pubblico che, riferendosi al popolo di Comunione e Liberazione, «esiste una forma di Chiesa privata ma non frega niente a nessuno» (lui è stato più colorito nell”esprimersi). Le sembra che sia veramente così? Che ci sia una Chiesa cattolica frammentata in quelli di CL, la Chiesa dell”Opus Dei, quella degli “atei devoti” e quella di una sorta di “neopaganesimo padano” della Lega che si rifà al dio Po?

«Che la Chiesa cattolica sia frammentata è sotto gli occhi di tutti ed è un vero dramma. Quando due cattolici oggi si incontrano per la prima volta c”è sempre una sorta di sospetto. La prima domanda che ciascuno si pone è a quale gruppo o movimento apparterrà l”altro. Tutto questo è pericoloso e soprattutto non è cristiano. Bisognerebbe finirla con gli orti chiusi, le invidie, i sensi di superiorità, il settarismo. E” una malattia contagiosa e mortale. Già san Paolo ne parlava, perché la tentazione di chiudersi in gruppi autoreferenziali è propria di ogni epoca. Tuttavia ci vorrebbe una meditazione specifica sul problema. Ne va della credibilità della testimonianza. Quanto al leghismo, in un mio scritto sono stato molto esplicito: è un nemico della Chiesa e della fede, altro che alleato!»

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In tutto questo cӏ, secondo lei, una Chiesa allo sbando politicamente, oppure collaterale al centrodestra?

«Per lunghi anni (troppi anni) c”è stata una forma di collateralismo verso il centro-destra. Assolutamente sciagurato, perché non ha ottenuto risultati (pensiamo alle politiche per la famiglia) e perché ha consegnato il pensiero cattolico nelle mani di un conservatorismo lontanissimo dai valori cristiani. Ora che la parabola berlusconiana è alla fine, anche questo collateralismo sta venendo meno, ma il danno è stato fatto. I cattolici vivono una profonda crisi: non c”è elaborazione culturale, non c”è dibattito, non c”è vivacità intellettuale. E già si intravvedono forme di un nuovo collateralismo, se possibile ancor più sciagurato, nei confronti della Lega Nord, schieramento politico totalmente anticristiano. Sono molto preoccupato. La lezione del caso Boffo avrebbe dovuto far aprire gli occhi a molti, ma vedo che non è così».

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