Il cambiamento possibile

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3 Dicembre 2010 - 00.30


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di Dafni Ruscetta.

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Il cambiamento è ora.

“Siete voi a generare la capacità di amore e compassione che avete nei vostri cuori, è arrivato il momento di cogliere i frutti che crescono dalle vostre azioni perché siete voi a rendere possibile il cambiamento. Il XXI secolo, sarà il secolo di tutti noi, gente normale, il nostro secolo, il vostro secolo, il secolo di tutti!”
(Birgitta Jónsdóttir)

Da qualche settimana l”aria di cambiamento in Italia sta producendo grande fermento, almeno da un punto di vista storico-politico, anche se, a ben vedere, siamo lontani da una reale trasformazione delle coscienze – quella continuano a chiamarla utopia – tale da creare profonde e durature metamorfosi socio-culturali.

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Tuttavia, nel clima di grande stanchezza e di declino che si è creato, comincia ad avvertirsi una brezza di rinnovamento che produce senso di eccitazione collettiva, segnali della fine di un”era disastrosa che ha demolito il tessuto sociale, economico e culturale del Paese, da ricostruire sulle macerie di un”economia devastata dalla speculazione finanziaria e dalla corruzione.

Infatti possiamo ragionevolmente sperare, forse per la prima volta dopo diversi decenni, di vivere un momento cruciale della nostra storia, verosimilmente quello più importante per molte generazioni di giovani. Una tale situazione non può, di conseguenza, che generare forti spinte emotive collettive le quali, spesso, si traducono in necessità di trasformare queste energie in azione, nel tentativo di contribuire con le proprie mani – e con il cuore – ad un futuro che somigli di più allo spirito comune del nostro tempo, alla cultura di cui siamo tutti espressione e parte viva.

Secondo Birgitta Jónsdóttir capita raramente che ci siano così tanti di noi ad avere questa grande possibilità di trasformare il mondo. In molti non sentono più quel legame vitale con il proprio ambiente e l”assenza di questa sostenibilità ”socio-ambientale” crea sfiducia e senso di spaesamento, perché tutte le sovrastrutture esistenti un tempo per affermare il bene della comunità – le ideologie, le religioni, i partiti politici e le istituzioni, persino i sindacati – sono diventate obsolete, dimostrando la loro inadeguatezza nell”adattarsi alle esigenze del periodo storico.

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Le speranze del cambiamento, dunque, non possono che rivolgersi ad un futuro più sostenibile, più equo, tollerante, solidale, meritocratico.

La narrazione della società italiana attuale non è più la nostra narrazione, quella dei numerosi talenti “bruciati” e dissipati dall”immobilismo autoreferenziale del sistema sociale e politico italiano, dalla sua classe dirigente – di destra e di sinistra – che continua a contrapporre i genitori ai propri figli.

Non si tratta di voler “uccidere i nostri padri”, come qualcuno ha voluto sentenziare con un”abile metafora ad effetto; i figli chiedono, ormai lo pretendono, semmai di passare da spettatori ad attori per assumersi le proprie responsabilità, quelle che gli sono state negate per tutto questo tempo contribuendo a dare vita a un clima di pericolosa dipendenza psicologica e culturale da un unico modello di crescita economica e sociale.

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È giunto il momento di cominciare a scrivere delle pagine nuove della storia, non solo della macrostoria, di questo Paese; è l”ora del cambiamento non soltanto a livello politico, ma soprattutto sociale, culturale, a partire dai micro-settori della vita quotidiana di tutti noi e occorre, per questo, un grande sforzo. Molti di noi sono consapevoli di essere ancora ”vivi”, anche se ci hanno voluto far credere ”morti” nella passività del qualunquismo generalizzato, della cultura dell”apparire, del piacere e del piacersi/auto-compiacersi, del farsi riconoscere, dello sviluppo illimitato e dell”ingenuo fanatismo consumistico, sorretto – ancora una volta – da una costante e pericolosa falsificazione mediatica per impadronirsi dell”immaginario collettivo, per modificarne la dimensione culturale e antropologica.

Siamo milioni di persone stanche di fluttuare nelle onde del disordine in cui siamo precipitati e non abbiamo bisogno di ”maniglie” a cui aggrapparci, perché tanti, fra noi, hanno già contribuito a realizzare dei pezzi di un mosaico alternativo e in grado di sostenersi autonomamente.

Alcune sere fa è andata in scena l”ennesima ”commedia” politico-televisiva, farcita di retoriche ormai arretrate, quasi patetiche, di cosa contraddistingua la ”destra” e la ”sinistra”, cantilenate da Bersani e Fini ospiti del programma di Fazio-Saviano.

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Sarà perché sto invecchiando, ma non riesco più ad ascoltare le storielle, le narrazioni di un potere che continua a volersi perpetuare e ad insinuarsi subdolamente puntando sui simboli, sulle immagini forti – ad esempio quella delle etichette ideologiche, del ricambio, della novità, del coraggio, del padre severo che fa il bene dei propri figli – accuratamente scelte dal marketing politico attingendo dalle reali esigenze delle persone, a cui ci si riferisce sempre più in termini di ”elettorato”, di semplici numeri.

Ma un”Italia diversa, fatta di individui e non di numeri esiste davvero. Un”Italia migliore c”è già, composta per lo più da persone oneste, che lottano ogni giorno per ottenere maggiore dignità, oltre che il diritto a una vita ordinaria. Occorre, pertanto, prendere coscienza delle attuali dinamiche perverse e illusorie del sistema politico, perché da troppi decenni assistiamo a semplici trasformazioni – o trasformismi – di facciata: da prima a seconda Repubblica, da Craxi a Berlusconi, poi da DS a PD, da ”Fini uno” a ”Fini due” e così via.

Nell”Italia degli ultimi trent”anni tutto è cambiato perché nulla cambiasse, vecchie nomenclature che si avvicendano di volta in volta, con la complicità di media asserviti a questo o a quel centro di potere. Persino Montezemolo, in un”intervista su «Repubblica», afferma che «da vent”anni abbiamo una trentina di persone che cambiano i nomi ai partiti come fossero dei marchi: si spostano un po”, ma sono sempre gli stessi».

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Questa volta la metamorfosi andrebbe indirizzata in un”altra direzione, rivolgendosi anzitutto alla società nel suo complesso, affinché non si ripeta una semplice ”riconversione” storica dei soliti poteri che gestiscono ambiguamente l”opinione pubblica e le strategie decisionali tanto a livello politico quanto economico, influenzando inoltre la sfera socio-culturale e il clima di condivisione-convivenza che ne deriva.

Il conformismo dilagante nella società italiana, d”altra parte, rappresenta certamente una minaccia per le speranze di riscatto morale di cui si parlava poc”anzi, soprattutto quando anche in certi ambienti della sinistra si celebra la riabilitazione di una vecchia figura politica, simbolo dell”opportunismo più contraddittorio di questi ultimi anni, per rilanciare la legittimità dell”intero sistema ad auto-rigenerarsi sottoforma di novità. Il ”nuovo” Fini, infatti, “rischia di far breccia nel cuore di molti moderati, pronti a dimenticare che il buon Gianfranco ha retto il moccolo a Berlusconi per sedici anni firmando le peggiori leggi dell”attuale ordinamento”.

L”attuale Presidente della Camera, inoltre, è solo un esempio di questo vizio culturale nazionale, non illudiamoci infatti che a sinistra le cose vadano meglio; anche dall”altra parte si è costantemente alla ricerca del miglior ”Papa”, attualmente incarnato da personalità ”nuove” come quelle di Renzi e di Vendola, in passato dai Prodi, D”Alema, Veltroni etc.

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Il carisma del leader sembra essere la costante di una ricerca che, fino ad ora, ha prodotto solo risultati deludenti; ci si precipita sfrenatamente verso il nuovo, spinti da un crescente senso di insufficienza, di insoddisfazione, di irrequietezza, vivendo ormai solo di promesse.

II bene comune non è affare di un unico esponente, si ottiene con la condivisione di intenti, di valori, azioni a favore di tutti e non di singole lobby, gruppi di potere e interessi personali.

Un tale atteggiamento – permettetemi di andare ancora oltre – è possibile solo grazie a una presa di coscienza prima individuale e poi collettiva. Le grandi responsabilità possono essere assunte solo da individui preparati a scomporre i segni che vengono proposti ogni giorno sottoforma di messaggi pubblicitari, slogan televisivi o informazioni in generale, da coloro in grado prima di individuare e poi di interpretare le menzogne e le astuzie del potere fine a se stesso.

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Una persona che possegga una tale formazione aperta ai reali problemi del nostro tempo – il che richiede adeguati strumenti culturali, psichici e persino filosofico-spirituali – non ha paura delle diversità, non teme di scalfire le proprie certezze, le abitudini inveterate.

Diversi individui con queste caratteristiche rappresenterebbero la vera essenza di un nuovo umanesimo, nonché di una democrazia a livello politico e organizzativo. Ecco perché una maggiore consapevolezza di se stessi, un””identità personale” consolidata e fortemente soggettiva, è la premessa indispensabile per una società migliore.

Continuare a proclamare che Berlusconi rappresenti l”unica causa dei vizi italiani corrisponde a un atteggiamento per lo meno ipocrita. La semplice uscita di scena dell”attuale premier – benché auspicabile, sia chiaro – non gioverebbe per la ”guarigione” della nostra società nel lungo periodo, così come Tangentopoli e la fine della prima Repubblica (con l”«esilio» dell”allora Primo Ministro) non furono risolutivi perché non andarono alla radice della malattia. Per questo, a mio avviso, occorre abbandonare gli attuali ”conformismi” culturali, per non rischiare di essere nuovamente esposti al contagio della malattia per il solo fatto di ritenersi immuni. Un esempio di tale atteggiamento? La solita «sinistra politicamente corretta, con tutti i santini, gli angioletti, i pastori, le pecorelle e le altre statuine leccate e laccate, pettinate e patinate». La sinistra che non accetta – sventolando tuttavia la bandiera della tolleranza – alcuna critica alle icone della propria ”narrazione egocentrica”. Per dirla ancora con le parole di Travaglio, nel commentare la trasmissione di Fazio-Saviano: «il conformismo ”de sinistra” che pettina tutti allo stesso modo ha sbaragliato il conformismo berlusconiano del Grande Fratello. Ma c”è da dubitare che sia quello l”antidoto al berlusconismo».

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L”inevitabile fine dell”era Berlusconi, nei prossimi mesi, avrà davvero un effetto di trasformazione in Italia, così come vogliono farci credere questi artefici della pseudo-rivoluzione, del rinnovamento? Oppure avranno la meglio i nuovi conformisti che, spesso, pretendono di avere gli strumenti appropriati per un”analisi corretta della realtà e che continueranno a parlare di cariche di partito, che seguiteranno a privilegiare gli interessi dei pochi, delle lobby del potere amministrativo, burocratico, universitario, giornalistico-mediatico, sanitario e scientifico, giudiziario, sindacalista, ecclesiastico, associazionistico, massonico etc. E” ancora questa l”Italia che ci aspetta nella prossima ed imminente era?

La vera dimensione di cambiamento, come già accennato, è quella dell”individuo (non si confonda questa parola con il termine ”individualismo”), quella dei suoi riferimenti filosofico-culturali. Il tipo di metamorfosi che servirebbe nel nostro Paese ha a che fare con la creatività, con l”entusiasmo, con sensibilità nuove di persone qualunque, che spesso possono anche emergere dai vicoli ciechi della disperazione di una vita quotidiana fatta di miseria e perdita di dignità o, nella migliore delle situazioni, di partenze all”estero. Questo è l”esempio che arriva da più parti, specie dai paesi del Nord Europa, in particolare da un piccolo paese sprofondato in una forte crisi economica, ma molto civile, come l”Islanda.

Da un punto di vista pratico e operativo tale cambiamento, in prima analisi, si può conseguire con un superamento della dicotomia delle categorie di destra e di sinistra. Quanti sono, ad oggi, a parlare di una simile prospettiva e a metterla in atto, quasi introducendo una vera rivoluzione culturale?

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In quanti hanno il coraggio di camminare in una simile direzione di ricostruzione, di solidarietà sociale, così come avvenne alla fine della Seconda Guerra Mondiale?

Nella società civile, come accennato in precedenza, sono in molti ad aver compreso che il bene comune si ottiene con lo sforzo e con la collaborazione di tutti, senza grandi conflitti legati all”identità politica o culturale – perché, si sa, l”identità univoca è spesso utilizzata per legittimare l”inevitabilità del sentimento di appartenenza e dell”intolleranza.

Nella classe dirigente invece, soprattutto in quella politica, la contrapposizione ideologica tra destra e sinistra è ancora netta, le rare e anomale alleanze di partito tra opposte correnti esprimono più la confusione d”intenti che un reale interesse a collaborare per il bene comune.

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Tuttavia, sia consentito almeno di riconoscere che gli unici esempi, nell”attuale scenario politico italiano, che abbiano adottato una simile strategia di superamento di quella divisione sono rappresentati dai movimenti che fanno capo a Beppe Grillo e a Giulietto Chiesa. Non a caso, infatti, questi sono tra i personaggi meno considerati, se non addirittura denigrati, dal mainstream mediatico e dal mondo politico ”tradizionale”, che continua ad accusarli di antipolitica e catastrofismo.

Scusate, ma cosa c”è di più antipolitico e catastrofico della politica degli ultimi vent”anni in Italia? Recentemente, poi, e ipocritamente, la stessa classe dirigente che li ridicolizza e li accusa dei vizi peggiori, li imita negli slogan che da anni contraddistinguono le loro battaglie. Occorrerebbe minor presunzione nel credere – spesso per comodità o per paura – che non esistano valide alternative all”attuale sistema, maggiore coraggio per non sconfessare tutte quelle possibili soluzioni che propongono nuovi e più incisivi modelli di cambiamento politico e sociale, o semplicemente stili di vita più sostenibili da un punto di vista economico e ambientale.

Ecco che emerge una nuova dimensione della politica, quella dell””umiltà” che, da un punto di vista applicativo, potrebbe anzitutto manifestarsi attraverso le candidature di persone realmente nuove alle varie istituzioni del Paese. La novità, infatti, non sta nel presentare i personaggi più visibili e familiari da un punto di vista televisivo-mediatico, né i giovani figli, parenti o amici dei clientelismi vari, quanto piuttosto nel ribaltare tale tendenza, investendo soprattutto in persone ”pulite” che non abbiano ancora ricoperto incarichi politici di alcun genere.

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Questo, me ne rendo conto, continua ad essere un tabù, soprattutto per chi è abituato a pensare con le etichette di ”destra” e di ”sinistra” e sa riconoscere solo nelle gerarchie di partito l”opportunità di accedere alla gestione dell”interesse comune.

In questa fase, dunque, occorre anzitutto responsabilità, è necessario dedicarsi all”azione, anche politica, per avviare la trasformazione, abbandonando le logiche di interesse e di rivalità contrassegnate da ideologie di destra o di sinistra, del giusto o sbagliato, la logica delle etichette appunto o delle precedenze di casta.

Questa azione è più che mai indispensabile, per non abbandonare il nostro futuro nelle mani di parlamentari e amministratori che non hanno più alcun collegamento con la gente che li elegge, perché non sono in grado di riconoscere la realtà, quella in cui tutti noi viviamo ogni giorno. Successivamente, gli attori di questo cambiamento dovranno instaurare una fase di analisi e progettualità a livello antropologico e, che si avvalga del contributo di varie sfere della società, di nuovi modelli culturali che partano dalla quotidianità dei bisogni piuttosto che dalle forme politiche che sinteticamente vogliono rappresentarli, che ne dovrebbero essere piuttosto una conseguenza.

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Un valido suggerimento a tutta la società civile, in tal senso, è stato rivolto dal massimo esponente dell”istituzione ecclesiastica nei giorni scorsi, il quale ha esortato i fedeli a «educarsi tutti a un consumo più saggio e responsabile, a promuovere la responsabilità personale insieme con la dimensione sociale delle attività rurali, fondate su valori perenni, quali l”accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro». La speranza è che questo messaggio possa essere esteso a tutta la gerontocrazia politica presente attualmente nelle nostre istituzioni, affinché si convinca che è arrivato il tempo di lasciare spazio a nuove e più realistiche sensibilità e visioni del mondo e che, dopotutto, tornare ai lavori manuali della terra può procurare soddisfazioni meno effimere, più naturali e reali di quelle che provoca la sensazione di potere.

Nota: Birgitta Jónsdóttir è una rappresentante del Citizens” Movement, eletta al Parlamento islandese nell”aprile del 2009, candidandosi al di fuori del sistema dei partiti di quel Paese, piombato qualche mese prima in una situazione di profonda crisi economica dovuta ad un pauroso crack finanziario.

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FONTI:

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  • ”Libera Islanda in libera Rete”, Blog di Beppe Grillo, 28 ottobre 2010.
  • ”Fini, Bersani e la Madonna”, Wu Ming Foundation,18 novembre 2010.
  • ”Caro Roberto datti una spettinata”, da Il Fatto Quotidiano online, 11 novembre 2010.
  • ”Papa: Dopo il G20 urge serietà globale. E” necessario rilanciare l”agricoltura”, La Repubblica online, 14 novembre 2010.
  • ”Montezemolo: “No al voto con il Porcellum”. E lancia l”idea di una lista civica nazionale”. La Repubblica online, 26 novembre 2011.

 

 

 

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