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Sta diventando un”impresa sempre più improba quella di riuscire a ghermire qualche coordinata che permetta di orientarsi nel cacofonico e tarantolato mondo dell”informazione urlata, eterodiretta, spettacolarizzata, decorata di spot, dove il cortocircuito logico ed il gossip sono ormai assurti a valori assoluti, attraverso i quali inebriarsi, senza alcuna reminescenza di malcelato pudore. Una giostra impazzita che gira e gira in maniera vorticosa, senza offrire punti di riferimento, analisi, riflessioni. Solamente brandelli di notizie e scampoli di verità annegati in un mare di fiction, aneliti di realtà che galleggiano per qualche secondo, prima di scomparire senza lasciare traccia, fagocitati dalla forza centrifuga e sostituiti da altre notizie che troppo spesso notizie non sono.
Conosco ormai perfino i più piccoli dettagli della telenovela fra Berlusconi e Ruby Rubacuori, la cronistoria dettagliata delle feste di Arcore, ogni parola pronunciata durante le poco edificanti ed assai sgrammaticate conversazioni telefoniche intercorse fra Nicole Minetti e le sue amiche del cuore. Ma fatico, come un rocciatore sorpreso dalla tormenta, nel trovare appigli che mi consentano di documentarmi in merito al processo concernente la strage di Viareggio, nel corso della quale morirono bruciate 32 persone, ormai dimenticate in qualche recondito andito della coscienza collettiva.Non sono mai riuscito a leggere una seria disanima avente per oggetto il fatto che l”Italia, per mezzo del nostro governo, nella persona del ministro Giulio Tremonti, abbia delegato la UE ad amministrare le nostre finanze, senza premurarsi di domandare il permesso agli italiani, ma conosco tutti i nomi delle escort che hanno frequentato le ville del premier e probabilmente anche di coloro che quelle frequentazioni le hanno solamente millantate.
Non sentivo parlare di Mubarak da qualche decennio, se si escludono le intercettazioni del Premier che con grande senso dell”humour apostrofava Ruby come la di lui nipotina. Ricordavo però come Mubarak ed il suo governo fossero sempre stati presentati all”opinione pubblica in qualità di amici dell”Occidente e importante baluardo contro il fondamentalismo islamico.
Forse per questo durante le scorse settimane di scontri e proteste in Egitto, sono rimasto un poco sorpreso nell”osservare quello stesso Occidente additarlo come dittatore alla guida di un regime sanguinario e invocarne la dipartita. Ma si sa, le giostre girano veloci e fanno girare la testa, al punto che le sorprese sembrano non essere ancora finite. Mubarak se ne è andato o giace in coma, oppure è vittima di una stato avanzato di catatonia e il popolo ha festeggiato nelle piazze l”arrivo della democrazia, della libertà e del pane, veicolate da una giunta militare, dal momento che notoriamente i militari sono le persone più avvezze a veicolare democrazia e libertà , come in Iraq e in Afghanistan ogni cittadino può ben testimoniare. Per il pane poi si vedrà , non si può avere tutto e subito, oltretutto anche qui in Occidente si sta provvedendo ad educare i cittadini affinchè si abituino a mangiare ad interim.
L”importante è che un vento di rivoluzione, sembra con il gradimento dell”imperialismo americano ed occidentale, stia soffiando in tutta la regione e non solo. In Tunisia già da alcune settimane i cittadini in rivolta si sono liberati di Ben Alì, altro despota sanguinario in amicizia con l”Occidente, fino al momento di venire ripudiato come una moglie vecchia ed avvizzita, ma terminati i festeggiamenti sembrano avere già esaurito ogni entusiasmo, dal momento che si stanno riversando in massa sulle coste italiane. Un cortocircuito logico difficile da comprendere. Prima la lotta, per ottenere nel paese democrazia, libertà e pane, poi l”abbandono dello stesso paese alla volta dell”Europa, dove quei valori allignano solamente nell”immaginario collettivo ed il pane sta iniziando a scarseggiare sempre più drammaticamente.
“Se non ora quando” è stato lo slogan con cui centinaia di migliaia di donne sono scese in piazza in 200 città italiane (ed anche alcune estere) per manifestare la propria indignazione nei confronti del ruolo che Berlusconi alla donna riserva e per domandarne le dimissioni, unendosi al coro che accomuna larghe parti del paese, dal centrosinistra a Fini, passando attraverso il potentato mediatico del gruppo Repubblica che ha curato in maniera certosina la diretta delle manifestazioni.
Nulla di male, dal momento che la cacciata di Berlusconi rientra nel novero dei sogni di tanta parte degli italiani, donne o uomini che siano e l”unico motivo per cui il salapuzio continua a resistere sul proprio scranno è costituito dall”assoluta mancanza di un”alternativa, che almeno in nuce possa avere la presunzione di presentarsi come una scelta migliorativa rispetto al Cavaliere.
Ma perchè insistere nella sottile arte del dividi et impera, separando i cittadini in categorie, in etnie, in gruppi sociali? Perchè le donne, gli operai, i disoccupati, i precari, gli studenti, il mondo della cultura e quello del lavoro? Perchè la fiera del distinguo, laddove ai problemi comuni occorrerebbero risposte comuni?
Problemi comuni e seri che parlano il linguaggio della disoccupazione, della mancanza di prospettive per noi e per i nostri figli, destinati a vivere in un ambiente devastato, senza aria da respirare e con le corsie dei reparti oncologici infantili sempre più piene. Il linguaggio di una società in via di decomposizione, che non è esclusivo appannaggio dell”Italia ma al contrario di tutto l”Occidente, nè unica responsabilità di Berlusconi, bensì della politica tutta.
Per scendere dalla giostra, trasformandosi in persone che nutrono sinceramente la velleità di cambiare qualcosa, non donne, uomini, operai, impiegati, di sinistra di destra, di centro, laici e cattolici, biondi e bruni, non sarà mai troppo presto, sempre che la degenerazione appiccicata alle nostre vite ce ne lasci ancora il tempo.
Fonte: http://marcocedolin.blogspot.com/2011/02/la-giostra-impazzita.html.
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