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Nel bel mezzo del film “Un gelido inverno” (Winter”s Bone) di Debra Granik, si viene introdotti di soppiatto in una festa di compleanno dove c”è gente che beve, altra che gioca a carte, mentre un”anziana signora canta con bella voce, accompagnata da strumenti a corda, chitarre, violini e banjo. Quella signora è Marideth Sisco e sta cantando un classico della musica bluegrass: “High on a mountain“. In quella scena, girata come un documentario antropologico informale, c”è tutto il succo dell”ambiente raccontato con maestria dalla Granik; ovverosia c”è il succo del film stesso perché la regista ci vuol mostrare essenzialmente due cose: quel particolare mondo fisico e sociale e il ruolo in esso delle donne. Un succo che potrebbe essere raccontato proprio da Marideth.
Nata negli Ozarks, la vasta regione di rilievi nel centro degli Stati Uniti, da parenti materni in parte scozzesi, in parte inglesi “and one Cherokee“, Repubblicani, e parenti da parte paterna inglesi, spagnoli “and one Cherokee“, Democratici, Marideth è la stella di questa musica un po” country, un po” jazz, un po” ragtime e un po” old-time, con forti venature religiose metodiste e battiste. Una donna che in un”intervista così racconta il proprio ambiente: «Decisamente quell”uomo non era di queste parti. Ricordo che quando usciva a lavorare nei campi ed era stato invitato per cena in qualche casa della nostra gente, rideva all”idea che qualcuno potesse mescolare mostarda e cipolle tagliate in un purè di patate e chiamarlo insalata. E mi verrebbe da pensare: Beh, signore, se questo è tutto ciò che hanno e hanno lavorato sodo per guadagnarselo e gli piacerebbe condividerlo con lei, immagino che, per Dio, lo possano chiamare come gli pare e piace».
Siamo tra gli Hillbillies, gli abitanti delle alture, in un paesaggio dove la bella natura non riesce a coprire lo squallore della società umana che ivi si è installata, una sorta di estesa e rarefatta bindonville in cui ognuno è padrone e signore del proprio casolare e degli acri di bosco che lo circondano, dove lì il sogno americano è starsene il più lontano possibile dal governo federale e dal governo locale, dove delle ricchezze economiche e culturali di New York, o di Boston, o di San Francisco nemmeno si sente parlare, e dove la lunga mano di chi governa si fa sentire non come benessere ma come oppressione. Ad esempio come la minaccia di confisca di questi pochi beni ad una famiglia tenuta in piedi dalla diciassettenne Ree Dolly (una strepitosa Jennifer Lawrence), che da sola accudisce ai due fratellini minori e a una madre che si difende con una malattia mentale dall”abbandono del marito e delle proprie semplici illusioni, una sorta di hillbilly della psiche.
Il padre di Ree ha impegnato capanna e boschi per la cauzione e se non si presenterà al processo per spaccio di droga questa famiglia perderà tutto. Ma dell”uomo si sono perse le tracce.
Inizia così la ricerca disperata della ragazza, spinta un poco dall”amore che pur sempre una figlia ha per il padre, anche se spregevole, e molto dalla necessità di difendere i fratellini e la madre con contorno di cani trovatelli quasi quanto di fatto lo sono loro.
Cercherà aiuto tra i suoi parenti, sparsi sulle colline di quella sorta di Bronx silvano di soli bianchi, tra copertoni abbandonati, pick-up disastrati, catapecchie in rovina, in un inverno dove anche i boschi sono lividi e le facce sono dure, piene di sospetti, di rabbia, di disillusioni, di rancori, senza mai un sorriso. E infatti proprio dai suoi parenti Ree troverà una feroce chiusura fatta di dinieghi, ritrosie, omertà , depistaggi, minacce.
Un mondo di ambigui sottocodici d”onore (una donna può essere picchiata solo da altre donne) e di ambigui sottocodici di vita: se da una parte la coscienza comunitaria obbliga a una dovuta solidarietà (“non chiedere mai quello che ti deve essere offerto“, dice ad un certo punto Ree al fratellino Sonny), dall”altra fa riemergere logiche di clan e idiotismi inquietanti.
E, infine, un mondo di ambigui sottocodici politici: lì c”è l”America ultra-patriottica, ma proprio lì il sogno americano è stare il più lontano possibile dall”America.
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http://www.youtube.com/watch?v=9jFnOnJC_44
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