Giulietto Chiesa: quando contribuii a far fallire il golpe di Mosca

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19 Agosto 2011 - 13.05


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di Sergey Startsev – RIA Novosti.

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ROMA. I memorabili eventi dell”agosto 1991 a Mosca hanno giocato un ruolo importante nella vita professionale e personale del famoso giornalista e uomo pubblico italiano Giulietto Chiesa, che a quel tempo lavorava nella capitale sovietica in veste di inviato dell”influente quotidiano di Torino La Stampa. «Mi ricordo bene quel 19 agosto 1991, che iniziò per me alle cinque del mattino. Ero tornato a tarda sera da un viaggio a Yakutsk (a sei fusi orari da Mosca, NdT), e all”alba fui svegliato da una telefonata da quella città: “Hai visto la TV?”. Naturalmente ero addormentato e cadevo dalle nuvole. E in TV davano “Il lago dei cigni”» racconta Chiesa a RIA Novosti. Nel comprendere subito che era in corso qualcosa di straordinario, il giornalista italiano si precipitò sulla sua auto e puntò verso il centro della città. Ma lì tutto appariva ancora perfettamente tranquillo.

«A quel punto andai alla Casa Bianca (la sede di allora del Parlamento russo, NdT). Là si era già avvertita l”emergenza. Presso il parlamento russo convergevano via via i deputati, e qualcuno fece in modo di farmi entrare. Vidi allora la prima drammatica riunione dei parlamentari», ricorda Chiesa.

Dopo esser tornato in ufficio per iniziare a scrivere i suoi pezzi per il giornale, Chiesa scoprì che presto a Mosca ci sarebbe stata una conferenza stampa dei membri del Comitato d”Emergenza.

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«Insieme a un collega del Corriere della sera, Paolo Valentino, a bordo della stessa macchina, ci dirigemmo allo Zubovsky Boulevard. La città era stata quasi del tutto bloccata. Ricordo che dovemmo andare presso il centro stampa a bassa velocità sul marciapiede, che non aveva certo una pavimentazione adatta ad essere percorsa in auto, ma dovevamo raggiungere quella conferenza stampa ad ogni costo. Alla fine arrivammo in anticipo, e mai prima di allora da quando stavo a Mosca avevo visto tanta gente a una conferenza stampa», rammenta il giornalista.

«Devo dire che quando sentii dichiarare che Mikhail Gorbaciov era “gravemente malato”, pensai che non fosse ancora in vita, e che fosse stato fisicamente liquidato. Per me fu uno shock. Avevo creduto nel progetto riformatore di Gorbaciov e ritenevo che il suo successo sarebbe stato importante per tutti noi. Siccome sono un essere umano (e non solo un giornalista) mi sentivo assai coinvolto in questa storia. Mi arrovellavo sul modo in cui fare una domanda che desse fastidio, ma non mi venivano in mente idee particolari», rievoca il giornalista.

A quel punto, salirono a presiedere il tavolo della conferenza diversi membri del Comitato d”Emergenza, il cui capo era il vicepresidente Gennady Yanayev.

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Chiesa lo aveva conosciuto bene in passato quando ancora capeggiava la Commissione del Soviet per le Organizzazioni Giovanili. Anche Yanayev riconobbe Chiesa, e probabilmente ritenendo che questi fosse ancora il corrispondente a Mosca del quotidiano comunista l”Unità, gli diede subito la parola.

«Per me fu un vero successo. Se ricordo bene, la mia domanda fu la terza. Mi alzai in piedi e – mi creda! – fu proprio in quel momento, mentre osservavo le mani tremolanti di Yanayev, che scoprii finalmente cosa chiedere. Domandai: “e lei come sta signor Yanayev?”. Mi guardò stranamente e disse che stava bene. A quel punto gli formulai una domanda su una questione politica, dichiarando che i membri del Comitato d”Emergenza avevano violato la costituzione dell”URSS. Diede una risposta assai poco convincente, ma non finisce mica qui», racconta Chiesa.

Di nuovo nel suo ufficio di corrispondente del quotidiano italiano, si sedette a sbrigare il lavoro e assisté in TV al programma “Vremya”, che aprì la trasmissione proprio con la sua domanda alla conferenza stampa.

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«A quel punto, compresi che il golpe era fallito. Perché quando la TV sovietica iniziava un programma come “Vremya” con la domanda “e lei come sta signor Yanayev?”, lui non sarebbe stato presidente, e perciò loro non potevano vincere. Perciò cestinai le righe già scritte e scrissi tutto un altro pezzo», rivela Chiesa.

Ma non è finita ancora.

«La sera stessa andai alla Casa Bianca, che raccoglieva insieme i rappresentanti di tutte le forze democratiche. E cosa vidi? Alcuni dei presenti presero un lungo striscione di carta e scrissero a mano: “Gennà, come ti senti?”. Così, in una qualche misura, ho personalmente contribuito al fallimento del golpe», sorride Giulietto. Inoltre, è a partire da questo episodio che sono iniziati molti anni di amicizia fra Gorbaciov e Chiesa.

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«Capitò che Gorbaciov, mentre si trovava a Foros, ebbe l”occasione di vedere la trasmissione di “Vremya” e di assistere alla mia domanda. Quindi, dopo il suo ritorno a Mosca, nella conferenza stampa che venne trasmessa in diretta in mondovisione, ebbi per primo la parola. Trovai che fosse necessario a nome di tutti i presenti salutare Mikhail Gorbaciov, ma lui mi interruppe: “L”ho vista, sa? Lei ha fatto un”ottima domanda”».

«Un anno dopo, Mikhail Gorbaciov e Raisa accettarono un invito a cena e vennero a casa mia», conclude il suo racconto Chiesa.

 

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Fonte: http://ria.ru/media/20110818/419549278.html.

Nell”articolo originale si può vedere il filmato della conferenza stampa del 19 agosto 1991 con la domanda di Giulietto Chiesa.

Traduzione per Megachip dal russo a cura di Pino Cabras.

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