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Quando vengo chiamato a esprimermi in pubblico sul tema dell”euro, comincio citando un brano del Diario notturno di Flaiano:
“Illustre professore, in questa lettera troverà accluso un assegno di lire 50.000, che mi permetto di inviarLe a saldo del Suo onorario. Mentre La ringrazio per le Sue attente cure, che mi hanno grandemente giovato a superare il mio deplorevole esaurimento psichico, La prego di credermi, per sempre, il Suo riconoscente e devotissimo Napoleone IV.”
Un compito facilitato dal lavoro di Lars Jonung e Eoin Drea. Forse non li conoscete. In effetti il secondo non lo conosce nessuno, perché lavora per una società di consulenza privata di Dublino, e ha solo due pubblicazioni accademiche; il primo invece (Jonung) è un economista con un curriculum nutrito (48 articoli di cui pochi su riviste molto buone, come l”American Economic Review, che è nelle top 20 per impact factor). Nel 2010 i due hanno pubblicato una rassegna delle opinioni espresse dagli economisti statunitensi sull”euro nel periodo dal 1989 al 2002 (qui trovate la versione working paper, l”articolo è stato pubblicato su Economic Journal Watch, vol.7, n. 1). Dettaglio: Jonung dal 2000 lavora per la Direzione generale per gli affari economici e finanziari della Commissione Europea. E, guarda caso, conclude che l”euro è una buona idea, della quale gli economisti accademici americani hanno parlato male perché legati a teorie vetuste come quella delle aree valutarie ottimali (AVO). Viene da chiedersi a quale altra teoria mai avrebbero dovuto rifarsi degli economisti nello studiare un problema di unificazione monetaria. In effetti, visti i risultati, forse quella del Big Bang sarebbe stata più appropriata. Ma lasciamo perdere.
Parentesi: in conflitto di interessi al mondo non c”è solo Lui, il Satiro. Certo, se in televisione intervistano un economista della Bce o della Commissione cosa volete che vi dica? Che vi ha tirato il pacco? Voglio precisare che l”economista fa bene, in quanto oste, a dire che il suo vino è buono. Il giornalista però fa male se non vi spiega che l”intervistato è un oste, e fa malissimo se non invervista anche un avventore. Capito mi avete? Andiamo avanti…
Per chi non sa come funzionano le riviste scientifiche, segnalo che un articolo uscito nel 2010 come minimo è stato pensato nel 2008 e scritto nel 2009. A quell”epoca, se lo ricordate, si riteneva che la crisi fosse un problema statunitense, e in Europa ci si illudeva che l”euro avrebbe aiutato a superarla. Da questa patetica certezza derivava la strafottenza dei due lanzichenecchi di Bruxelles. Purtroppo, fra la data del concepimento del loro pezzo memorabile, e la data della pubblicazione, è successo esattamente quello che la teoria delle AVO prevede: un”area che si dota di una moneta unica senza averne i requisiti (cioè senza essere un”AVO) andrà in pezzi al primo shock importante. E quindi Krugman ha potuto segnare un bel rigore a porta vuota definendo questo articolo “spectacularly ill-timed”. In effetti, cosa vuoi dire a un”apologia dell”euro che esce nel 2010… Paperoga non avrebbe saputo fare di meglio, come direbbe il professor Santarelli (PhD)!
Del porco non si butta via niente. Anche dalle porcate, come l”articolo in questione, si può trarre una qualche utilità . Io ne ho tratto alcune delle citazioni che vi sottopongo. Non voglio dimostrarvi che non sono pazzo. Voglio solo dimostrarvi che sono in buona compagnia. Vi presento alcuni compagni.
Rudiger Dornbusch
Per chi non lo conosce: allievo di dottorato di Robert Mundell (premio Nobel per l”economia nel 1999), è stato professore di economia al MIT (3° istituzione al mondo nella graduatoria REPEC e nella graduatoria Reuters) dal 1975 al 2002, anno in cui è morto prematuramente di cancro. Un evento tragico, che nel suo caso lo diventa doppiamente, perché gli ha impedito di ottenere a sua volta il Nobel che certissimamente avrebbe ottenuto per i suoi meriti scientifici (346 pubblicazioni scientifiche di cui 112 articoli su rivista, di cui due sono fra i più citati nel dopoguerra, e un manuale di macroeconomia che è diventato il punto di riferimento di generazioni di economisti), e perché gli ha impedito di farsi due risate alle nostre spalle.
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“If there was ever a bad idea, EMU it is” (p. 124). E questa ve la traducete da soli.
Paul Krugman
Per chi non lo conosce: studente di dottorato di Dornbusch, ha insegnato a Yale, Mit, Stanford e Princeton (sono tutte nella top ten mondiale). Ha conseguito nel 2008 il premio Nobel per l”economia, risultato di una carriera brillantissima, con 417 lavori scientifici di rilevanza internazionale, di cui 114 articoli su rivista, una decina dei quali si collocano nell”un per mille degli articoli più citati nel secondo dopo guerra. Blogger del New York Times, e autore anche lui di un manuale di economia diffusissimo.
“EMU wasn”t designed to make everyone happy. It was designed to keep Germany happy – to provide the kind of stern anti-inflationary discipline that everyone knew Germany had always wanted and would always want in future.” (l”Unione monetaria non è stata progettata per fare tutti contenti. È stata progettata per mantenere contenta la Germania – per offrire quella severa disciplina antinflazionistica che tutti sanno essere sempre stata desiderata dalla Germania, e che la Germania sempre vorrà in futuro)
“The clear and present danger is, instead, that Europe will turn Japanese: that it will slip inexorably into deflation, that by the time the central bankers finally decide to loosen up it will be too late.” (il pericolo immediato ed evidente è che l”Europa diventi giapponese: che scivoli inesorabilmente nella deflazione, e che quando i banchieri centrali alla fine decideranno di allentare la tensione sarà troppo tardi).
Martin Feldstein
Per chi non lo conosce: 483 lavori scientifici di cui 198 articoli su rivista di cui cinque nel top un per mille come citazioni, insegna a Harvard (riconosciuta prima università al mondo nell”ambito delle scienze economiche), è presidente emerito del National Bureau of Economic Research (andatevi a vedere cos”è, per avere un”idea), e editorialista del Wall Street Journal. Insomma, come i due sopra, è uno di passaggio.
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Dominick Salvatore
Per chi non lo conosce: insegna alla Fordham University di New York, è editor del Journal of Policy Modeling, autore di 138 lavori scientifici di cui 81 su riviste, molte di primaria importanza, e anche lui autore di un manuale di economia molto diffuso e apprezzato (insisto sul fatto che queste persone non solo sono tutte molto qualificate, ma sono di fatto quelle che hanno insegnato l”economia al mondo coi loro manuali, il che significa, di converso, che l”universo mondo – con l”eccezione di qualche politico europeo decotto – ha riconosciuto loro questa autorevolezza).
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Dalle Tuileries
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“Oggi, lettura attenta di un giornaletto di fantascienza. Come resteranno male i nostri ragazzi quando, invece di salpare in astronave alla conquista di altri pianeti, saranno mandati alla terza guerra mondiale, con le solite scarpe di cartone”.
C”è solo un errore di numerazione. La terza l”abbiamo già persa. La quarta è quella della quale parla Feldstein. Speriamo non sia un menagramo…
Tratto da:Â goofynomics.blogspot.com
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