Trent'anni dopo: capire il vero tabù della tivù

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28 Febbraio 2012 - 00.17


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… rimetti a noi il nostro etere e liberaci dalle Multinazionali.   

di Celestina Del BuonoMegachip

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Giovedi 23 febbraio ho visto la puntata di «Servizio Pubblico» sul sito web del Fatto Quotidiano. Ben fatto! Sant”Oro affrontava le questioni: Adriano Celentano a Sanremo + critica alla linea editoriale dell”Osservatore Romano e di Avvenire + “ma perché il Direttore Generale della Rai, Lorenza Lei, si agita così tanto?” Tra un lazzo, uno sdegno e un frizzo, a un certo punto è apparsa una bomba a orologeria puntata a breve nella storia della Rai: presto scade il CdA, che farà Mario Monti ? Privatizzerà, non privatizzerà? Cambierà i criteri di nomina della governance?  E così via…  È stato istruttivo e stimolante. Specie per quel che si taceva.

Con Sant”Oro c”erano alcuni illustri personaggi: Lucia Annunziata, Norma Rangeri, Corradino Mineo, Maurizio Belpietro, Carlo Freccero, Antonio Di Pietro e l”ex consigliere Rai, Nino Rizzo Nervo (che si è dimesso recentemente). Una mini assemblea che evocava visioni e ipotizzava soluzioni ai decennali problemi del TV Broadcaster di Stato.

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Sant”Oro aveva organizzato anche un piccolo referendum in rete. Ne è venuto fuori che 15.000 facebookers sognerebbero il timone della presidenza Rai nelle mani di Beppe Grillo. Alleluia!

Celentano, in una intervista registrata, ha ribadito il suo ruolo di cantante Guru, ricordandoci che la vita in terra è, senza alcuna ombra di dubbio (da una certa dichiarazione dei redditi in su), solo l”anticamera della vera festa che si terrà in Paradiso dopo la morte. Dario Fo e Franca Rame hanno intonato inni laici al diritto e alla libertà di espressione… eccetera, eccetera. È stato bello! Standard and Poors, per un attimo, ci voleva ridare la tripla A. Poi ci ha ripensato.   

Come sempre però … ripeto “come sempre”, il Convitato di Pietra incarnato dalle Aziende multinazionali che fanno pubblicità in Italia è riuscito a restare nell”ombra.

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Il Tabù: “come e perchè la Rai è stata ed è stuprata dai pubblicitari ogni giorno” è rimasto Tabù.

Capiamo bene che Sant”Oro&Co. ormai vivono esclusivamente di pubblicità e che attualmente i loro salari dipendono dagli inserzionisti: Citroen, Enel, Eni, Anica e Fatto Quotidiano. Rileviamo con soddisfazione che 3 su 5 sono soggetti italiani, in quanto Anica è saldamente nelle mani degli statunitensi. E tale constatazione apre anche la strada a quanto diremo appresso. Non sappiamo se la concessionaria di pubblicità che vende spazi dentro «Servizio Pubblico» tratti con altri inserzionisti e se spera in budget multinazionali. Di certo non lo escludiamo: la pubblicità è una risorsa indispensabile per i media.

Quello che non capiamo e non condividiamo è il Tabù. Perchè abitualmente dietro il Tabù o c”è ignoranza o c”è connivenza. Quindi vogliamo sforzarci di portare un contributo al dibattito nella speranza di sollevare qualche velo.

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La Rai ogni anno gestisce risorse che derivano (quasi esclusivamente) da due fonti: canone e pubblicità.

Ciò, di fatto, non le consente più, ormai da anni, di svolgere dignitosamente il suo ruolo di televisione pubblica, in quanto, oltre ad assolvere agli obblighi di informazione lottizzata dai partiti al governo, è tenuta coattivamente a soddisfare i suoi impegni di Tv commerciale. Impegni che la Sipra SpA, concessionaria della Rai, contrae con i clienti-inserzionisti.

La ricerca Auditel, uno degli agenti del Convitato di Pietra, agisce come un arrogante super consigliere occulto che supervede e orienta le strategie di acquisto, coproduzione, produzione e collocazione di programmi nei palinsesti. Tant”è che Celentano, nonostante il rischio fosse ben noto, è stato ricercato dai vertici Rai, ha ottenuto i compensi che ha ottenuto e ha fatto digerire le clausole del suo contratto soprattutto perchè si sa che fa audience e che l”Auditel registra tale audience con immensa soddisfazione degli inserzionisti, che fanno a gara per inserire i loro messaggi accontentandosi, nel caso di Celentano, di comparire solo in testa e in coda alla sua performance. Per capire ancora meglio come gira la questione: ogni anno, a Cannes, i vertici Rai sottopongono all”approvazione dei pubblicitari le programmazioni future e spesso le modificano a seguito di loro autorevoli quanto sgarbati “suggerimenti”.  

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Direttamente dunque, i clienti inserzionisti non svolgono solo un ruolo di “partners -finanziatori” ma anche di “controllori” del prodotto che deve corrispondere alle loro esigenze.

Di fatto i vertici aziendali RAI riconoscono ai clienti inserzionisti facoltà, più o meno discreta e manifesta, di orientamento su gran parte della vita aziendale (acquisti di programmi e di format per fare audience, interruzione di programmi che non fanno audience – vedi ad esempio la cancellazione del programma di Sgarbi –  produzioni in studio sempre più costose e sempre più appiattite sul gusto medio basso per fare audience, etc…)

In questa stagione, la recessione in corso e la conseguente diminuzione di consumi, in particolare di consumi superflui, ha condotto gli inserzionisti pubblicitari a utilizzare i mass media – e la Rai – per campagne tese a rilanciare la fiducia dei consumatori. È questo un segno inequivocabile della relazione che lega, e che ha legato negli ultimi 30 anni in Italia, la globalizzazione passiva e le TV commerciali, Rai inclusa.

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Una “partnership” perversa che ha consentito ad alcune aziende multinazionali, produttrici di beni inquinanti e servizi spesso truffaldini, di acquisire importanti quote di mercato in Italia e conseguentemente di ottenere fatturati in progress per molti anni. Tali attività di “shipping and trading” (rivendita di merci sbarcate nei porti italiani, ma non prodotte in Italia) spesso sono avvenute e continuano ad avvenire con ampie deroghe al sistema fiscale italiano e con diritto di licenziamento degli addetti alle lavorazioni, in barba a qualsiasi dibattito su qualsiasi art. 18.

Tutto ciò è avvenuto soprattutto a discapito di aziende nazionali medie e piccole che, non essendo in grado di investire grandi budget in pubblicità, hanno subito le leggi della Dea Concorrenza e dello stile di marketing e induzione al consumo, tipico delle società in cui la tv di massa organizza consumi dissennati (alcool, detersivi, cosmetici, farmaci da banco, sottoprodotti della cultura globalizzata, trash food, etc…)

Oggi la Rai ha innanzitutto bisogno di incrementare le proprie risorse al fine di salvaguardare i propri lavoratori e al fine di svolgere le sue molte missioni: Informazione da Servizio Pubblico, sostegno alla Cultura e all”Educazione, memoria storica e (anche) Tv commerciale .  

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I direttori e i vicedirettori generali che si avvicendano si rivolgono al governo del momento per ottenere o un aumento o un controllo poliziesco del canone. Giancarlo Leone sogna di farlo pagare nella bolletta elettrica.  

Cioè, nella tradizione, Rai tenta di operare “sempre e solo” sull”incremento della risorsa pubblica. Peraltro con grandi difficoltà, in quanto l”attuale governo “tecnico” italiano è molto indaffarato a sanare il debito pubblico e l”Unione Europea, e non vede perciò di buon occhio l”intervento pubblico a sostegno Rai.

Fra l”altro, l”aumento eventuale del canone o la sua riscossione forzata, oggi rischia, per la Rai, di essere una misura estremamente impopolare, un boomerang che può condurre ad una disaffezione ulteriore del suo pubblico, con una conseguente perdita esponenziale di audience e di introiti .

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In questo scenario, da circolo bocciofilo vizioso, una prima considerazione si impone: perchè non agire sulla Risorsa pubblicità? Il costo della pubblicità televisiva in Italia, della quale hanno goduto soprattutto aziende non italiane e neanche Europee, è basso. Lo sanno tutti e tacciono. L”Italia, dall”avvento dell”Era Berlusconi a oggi, ha svenduto la propria capacità promozionale interna alle Companies Multinazionali. Del resto, secondo molti osservatori, questa era una delle missioni di Silvio Berlusconi e questo era il motivo per cui gli vennero elargite le prime imponenti linee di credito dalle Banche internazionali.    

Ora: l”argomento “costo della pubblicità in tv” è complesso. Un groviglio di valori e negoziati in cui i Governi degli ultimi decenni non hanno mai voluto mettere le mani. Un labirinto costruito a favore di poche grandi aziende. Tentiamo di semplificare con qualche esempio.

Immaginate che un giorno la Procter and Gamble (P&G), una delle maggiori società che compra spazi pubblicitari nel mondo (anche sponsor di Sanremo 2012), incontri il proprietario di una emittente tv e gli dica : «Vorrei uno spazio pubblicitario da 30 secondi dove inserire un mio annuncio pubblicitario. Te lo pago 100 euro». Il proprietario della tv riflette tra sé : «Perché no? Non c”è nessuna norma che regola la contrattazione tra privati. Non c”è un cartello di tv broadcaster che difende il prezzo. Se il Mercante internazionale afferma che uno spazio da 30 secondi vale 100 euro sarà così» e dice «OK». L”annuncio pubblicitario viene inserito in uno spazio da 30 secondi all”interno di un programma che viene visto da 100 spettatori. 

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La P&G allora dice al proprietario: «Bene, ti ho pagato 100 euro e il mio annuncio è stato visto da 100 persone. Ciò significa che il Costo Contatto della tua tv stavolta vale 1 euro». Il proprietario deve fatturare e dice «Vuoi un altro spazio pubblicitario da 30 secondi?» La P&G dice «OK , te lo pago sempre 100 euro». Il secondo messaggio viene inserito stavolta in un programma che viene visto da 200 spettatori. La P&G dice al proprietario: «Bene, stavolta il costo contatto vale 50 centesimi».

A quel punto la P&G (o chi per lei) dice al proprietario «Avrei bisogno di 100 spazi pubblicitari, però, visto che ne compro tanti, mi fai uno sconto. Te li pago 50 euro ognuno.»

Il proprietario contratta un po”, magari arriva a farseli pagare 60 euro ognuno e dice OK . È tutto contento e pensa di aver fatto un buon affare.  È così per lui ma invece non è così per la collettività! L”uomo continua infatti ad agire convinto che la Domanda di Mercato orchestrata dagli Utenti Pubblicitari Associati (UPA) sia autorizzata a fare il prezzo, senza rendersi conto che in tal modo compie un errore commerciale e un errore di politica sociale.  Perchè ?

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  1. Perchè il proprietario della tv non sta vendendo merci reperibili ovunque. Le frequenze analogiche nazionali erano poche. Oggi sono state moltiplicate grazie all”avvento del digitale . Ma restano un numero
  2. Perchè “il proprietario” di una tv in realtà non è il proprietario delle frequenze ma le ottiene in concessione e in questo suo ruolo vende una porzione, anche se minima, della sua concessione governativa.
  3. Perchè la P&G, solo in apparenza, sta comprando spazi pubblicitari (ovvero brandelli di etere). In realtà il suo fine ultimo è raggiungere N.mila o N.milioni di spettatori e convincerli a consumare i propri prodotti. Quindi la P&G deve pagare gli spettatori raggiunti con il proprio messaggio e non gli spazi pubblicitari che consentono di raggiungerli.

Facciamo ora un altro esempio: una storiella maggiormente auspicabile.

Un giorno la P&G va dal proprietario di un”emittente tv e gli dice: «Vorrei uno spazio pubblicitario da 30 secondi dove inserire il mio annuncio. Te lo pago 100 euro».

Il proprietario della tv sorride e gli risponde : «No! Me lo paghi il Valore del Costo Contatto relativo al territorio che io raggiungo con il mio programma moltiplicato il numero dei telespettatori che vedranno il tuo messaggio. Adesso mi dai un acconto e mi saldi dopo le rilevazioni d”ascolto».

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«E perché?», chiede P&G.

«Perché tu stai cercando di comprare il tempo di attenzione di ogni mio spettatore per tentare di convincerlo a consumare le tue merci.»

«Non capisco – ribatte P&G – io ti offro un prezzo di mercato».

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«Non è vero» – precisa allora il proprietario della tv – «Tu vuoi rivolgerti a dei ricchi potenziali consumatori italiani. Il loro prezzo, su questo territorio, non dipende dalla contrattazione tra te e me, ma dalla loro capacità d”acquisto, ovvero dal loro reddito medio procapite, ovvero dal mercato del lavoro».

P&G si sente poco bene e riflette tra sé : «Ahi, ahi, ahi … c”hanno messo 30 anni, ma alla fine hanno capito il trucco!»

Cerchiamo di chiarire ulteriormente: il Costo Contatto, ovvero la quantità di denaro che un inserzionista paga per raggiungere con un suo messaggio un potenziale consumatore, invece di essere un “valore fissato” dalle Autorità al momento della Concessione delle frequenze, è stato ridotto a un “valore derivato” dalla arbitraria contrattazione tra Compratori di Spazi Pubblicitari e Broadcasters. Tale finta contrattazione è stata da sempre limitata (vedi anche il tetto sulla pubblicità della Rai) e inquinata dalla presenza di Mediaset, che mediante varie tecniche, tra cui la svendita dei listini, si è posta quale soggetto dominante del mercato italiano e ha svenduto l”intero parco nazionale di spettatori-consumatori.  Da sempre tale valore in Italia non corrisponde pertanto alla media europea di nazioni aventi lo stesso Reddito Medio pro Capite e dunque la stessa capacità di acquisto individuale. 

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Alla luce delle considerazioni di cui sopra, è giunto dunque il momento per la Rai ( e per tutti i TV Broadcasters che lo riterranno opportuno ) di rinegoziare il metodo per stabilire il costo della pubblicita” televisiva tenendo conto di alcuni fatti rilevanti :

  1. il Costo Contatto non deve essere un “valore derivato” dalla contrattazione tra il Gatto e la Volpe, ma un valore che rappresenti, in qualsiasi palinsesto e in qualsiasi fascia oraria, la propensione individuale al consumo di un telespettatore italiano. Quindi va fissato “a monte” in relazione alle oscillazioni del PIL e del Reddito medio pro capite degli italiani. Questa affermazione è tanto più vera nel caso della Rai , in quanto l”etere (frequenze) a sua disposizione è una materia prima ed un bene comune di proprietà degli abitanti del territorio  
  2. che la pratica degli sconti sui listini degli spazi pubblicitari sia da ritenere perversa e illegale, in quanto nessun tv broadcaster è autorizzato a “svendere” brandelli della propria concessione governativa, nè a svendere la capacità di acquisto della propria audience.
  3. Inoltre, senza temere di essere accusati di “protezionismo”, perchè di fatto sia la Rai che l”Italia hanno un immenso bisogno di protezione, sarebbe opportuno che le Aziende che non importano, che producono veramente sul territorio italiano e che veramente pagano le tasse in Italia, siano esse grandi, medie o piccole, debbano essere agevolate nell”acquisto di campagne pubblicitarie, affinchè possano affrontare la cosiddetta concorrenza multinazionale, che finora è stata ampiamente sleale e ha condotto i famigerati Grandi Inserzionisti, mascherati dietro le loro sezioni Italy o Europe, ad esercitare una pressione formidabile sui vari CdA RAI che si sono avvicendati negli ultimi decenni .

Pertanto: il mantra tanto ripetuto “Riprendiamoci la Rai”, non può voler dire solo la battaglia per il controllo dell”informazione e per la difesa dei Grandi Volti Democratici – che resta senza dubbio una battaglia centrale -ma deve ANCHE  voler dire “sottraiamo la Rai dallo stupro in atto e dal ruolo di organizzatrice coatta di consumi che penalizzano la sua tradizione, lo stile di vita nazionale, i suoi spettatori-consumatori-elettori e generano inquinamento e disoccupazione”.

“Riprendiamoci la Rai”, se non si chiarisce “da Chi e a favore di Chi”, tenendo conto che la Rai non è solo ostaggio dei partiti ma anche dell”Associazione Utenti Pubblicitari (UPA), è uno slogan che forse soddisfa il bisogno di ottenere più visibilità per alcuni , ma non soddisfa le esigenze delle piccole e medie aziende italiane che meriterebbero un accesso agevolato alla promozione delle loro merci e servizi e non soddisfa le esigenze degli spettatori-elettori-consumatori che non devono più essere venduti e svenduti come parco buoi, ma devono essere “offerti” alla “domanda degli inserzionisti” al loro valore reale. Per lo meno ci si batta per un Costo Contatto Europeo.

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A quel punto le Aziende Multinazionali potrebbero scegliere di ritirarsi dall”Italia. Questa ipotesi ha sempre inorridito e terrorizzato, soprattutto Mediaset, ed è stata avversata e resa  assolutamente impraticabile fin quando il suo padrone e il Primo Ministro erano la stessa persona. Oggi invece appare auspicabile perché, se si contrae la presenza delle società multinazionali in Italia, le merci d”importazione diminuirebbero dagli scaffali dei supermercati lasciando peraltro nuovamente spazio ai prodotti italiani.

Come pensiamo di favorire la “crescita” se una larga parte dei redditi degli italiani finiscono nelle tasche delle Aziende Multinazionali? Come pensiamo di far dare nuovo respiro alle piccole e medie aziende se non le agevoliamo con norme adeguate che favoriscano le loro campagne promozionali nel mercato interno?

Anche se non sembra, il Costo Contatto gioca un ruolo enorme in questa partita. I francesi e i tedeschi conoscono molto bene il ruolo strategico di questo, solo in apparenza, insignificante valore. Noi italiani e gli altri del gruppo PIGS invece lo abbiamo sempre considerato Tabù in omaggio al Dio Libero Mercato. Un Dio che oggi finalmente appare nudo, obeso e pieno di pustole . È difficile continuare ad adorarlo.

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