Mi sono posto, quindi, nel corso della mattinata, il seguente quesito:
“Oggi, nella realtà europea del maggio 2012, se Pasolini novantenne fosse ancora vivo, che cosa sarebbe, chi sarebbe, che cosa farebbe, dove starebbe, come ci parlerebbe?”.
Ho pensato a diversi tipi di soluzione, dal suo rifiuto di parlare e scrivere e pubblicare vivendo come un anacoreta da qualche parte, fino a una deriva ultra-presenzialista come simbolo iconico di una realtà culturale tutta italiana. Ho allucinato la sua presenza intellettuale cercando di situarlo nel mondo di oggi, rugoso e decrepito, ma con la voce e la mente ancora vive e pulsanti. Le ho pensate tutte. L”ho visto ospite da Ballarò, in una zuffa con Giuliano Ferrara, in un documentario tra i campi rom del Friuli alle prese con Calderoli, me lo sono immaginato in tutte le salse. Lì per lì, alcune, le trovavo entusiasmanti, ma dopo qualche minuto venivano cancellate e nessuna mi convinceva.
Alla fine, ho trovato la risposta. E purtroppo è stata l”unica considerata attendibile.
Il che, è probabile, può stupire e colpire chi lo conosce soltanto nel suo aspetto mediatico gestito dalla falsificazione bècera dell”industria della pubblicità dei vip postumi.
L”ultima intervista pubblica che gli fecero fu quando uscì il suo film, noto come il De Sade di Pasolini “Salò e le 120 giornate di Sodoma”. Da quel momento in poi, venne identificato come troppo pericoloso e scomparve da tutti i media mainstream. Diventò underground, ma non per questo meno presente e attivo. Anzi. Ancora più potente ed efficace.
Così raccontava il suo film a un allibito quanto esterrefatto giovanotto che iniziava allora la sua carriera come critico cinematografico, un certo Bruno Vespa.
Non vi è alcun dubbio che, nel caso fosse stato vivo oggi, Pasolini avrebbe accolto con entusiasmo e affetto un suo coetaneo francese, che qualche settimana fa è venuto in Italia a presentare il suo ultimo libro.
Il vegliardo ha 92 anni, ma il suo cervello e la sua mente funzionano ancora in maniera egregia. Passato alla tivvù da Fabio Fazio per dieci minuti ha avuto la sua minima quota di notorietà che in Italia viene garantita chi diventa televisibile, e la cosa è finita lì. Di lui, da noi, non ne hanno parlato.
Lo faccio qui, oggi, e lo lego a Pasolini per spiegare la differenza tra l”Italia e la Francia, nazione economicamente nei guai e fragile quanto noi, con problemi sociali addirittura ben peggiori dei nostri, la quale, però, non a caso, si è rimboccata le maniche e si è gettata verso un cambiamento evolutivo. Hanno una scuola filosofica dietro ancora viva. Noi no.
Il novantenne in questione è considerato il più importante filosofo vivente del pianeta. L”Italia è l”unico paese al mondo che non gli presta considerazione.
Non credo sia casuale.
Studioso di epistemologia, di logica-matematica e filosofia teoretica, 40 anni fa ha ideato una teoria sulla quale ha fondato una scuola di pensiero: la teoria della complessità .
Si chiama Edgard Morin. E” considerato anche il più importante studioso europeo di mass media e sistemi logici di interpretazione della comunicazione.
Il suo libro si chiama “La Via“, sottotitolo: per l”avvenire dell”umanità .
Editore Raffaello Cortina, uscito due mesi fa.
Era un grande amico personale di Pasolini e suo profondo estimatore.
Francois Hollande ha dato indicazioni immediate di prenderlo come primo consulente del nuovo governo in materia di “interpretazione del sistema di comunicazione sociale in Europa” nel ministero dell”educazione nazionale.
Il presidente onorario è naturalmente Edgard Morin e il direttore di questa scuola è il filosofo Mauro Ceruti. Il punto di riferimento è l”università degli studi di Bergamo e chiunque sia interessato può rivolgersi per iscritto (posta atomica) indirizzando la lettera a
Università degli studi di Bergamo Piazzale Sant”Agostino , 2 24129 – Bergamo – Italia
All”att.del direttore Prof. Mauro Ceruti
Viviamo in un”epoca di complessità strutturale. Siamo circondati da semplificazioni, superficialità e supponenza. Basti pensare che la novità esplosiva (lo è in termini quantitativi reali) rappresentata dal movimento cinque stelle vede come punto di riferimento una persona che meno complessa di così si muore, con argomentazioni mediatiche di eccellente fattura tecnica, e la totale assoluta mancanza di elaborazione e argomentazione su come dove quando e quanto affrontare la complessità oggi.
Dice Edgard Morin (così capite come parla e che tipo è): “Su un minuscolo pianeta perduto, fatto di un aggregato di detriti di una stella scomparsa, destinato apparentemente a convulsioni, tempeste, eruzioni, terremoti, la vita è apparsa come una inaudita vittoria delle virtù di relianza. Siamo al vertice della lotta patetica della relianza contro la separazione, la dispersione, la morte. In ciò abbiamo sviluppato la fraternità e l”amore.    Più prendiamo coscienza che siamo persi nell”universo e che siamo impegnati in un”avventura ignota, più abbiamo bisogno di essere legati ai nostri fratelli e sorelle in umanità . Ogni atto etico, ogni azione civile, ripetiamolo, è di fatto una atto di relianza, relianza con l”altro, relianza con i suoi, relianza con la comunità , relianza con l”umanità e, in ultima istanza, inserimento nella relianza cosmica.
Da sottolineare il fatto che “relianza” sta per resistenza, da lui usato per evitare di attribuirgli una immediata valenza politico-ideologica, soprattutto per il fatto che nel 1943 è stato un famosissimo partigiano combattente, comandante generale dell”insurrezione di Parigi. Ma ha preso le distanze nel 1951 quando ha accusato Stalin di genocidio sostenendo che l”Europa aveva bisogno di una grande scuola di pensiero liberale democratico e da quel momento l”intera sinistra europea -complice e liberticida- lo isolò. Tant”è vero che lui abbandonò i grandi centri accademici e scelse di andare a insegnare in modesti centri universitari della provincia in Camargue e in Provenza; l”unico filosofo contemporaneo stimato da Jean Paul Sartre che un giorno, nel 1956, andandolo a visitare a Aix en Provence gli confidò “Ti invidio la tua libertà . Io purtroppo sono vittima della vanità immonda del mio ego. Sono costretto ad esibirmi perchè voglio vincere il premio nobel”.
Così lo presenta oggi il neo-governo francese: Morin invita insegnanti e studenti a riflettere sull”attuale stato dei saperi e sulle sfide che caratterizzano la nostra epoca: la posta in gioco sono i nuovi problemi posti alla convivenza umana da una interdipendenza planetaria irreversibile fra le economie, le politiche, le religioni, le conoscenze, le malattie di tutte le società umane. Per rendere queste sfide affrontabili, una riforma dell”insegnamento è indispensabile. Ma per realizzarla è necessaria una riforma dell”organizzazione dei saperi. È in questa prospettiva che Morin pone alla base della riforma della scuola che egli auspica quel tipo di pensiero la cui elaborazione lo ha reso famoso in tutto il mondo.
Beati loro. Noi ci dobbiamo cuccare i nostri ragionieri contabili.
Spiega nel suo libro dedicato a tutti gli europei:
Il vascello spaziale Terra continua a tutta velocità la sua corsa in un processo a tre facce: mondializzazione, occidentalizzazione, sviluppo. Tutto è interdipendente, ma tutto è allo stesso tempo separato. L”unificazione tecnoeconomica del globo si accompagna a conflitti etnici, religiosi, politici, a convulsioni economiche, alla degradazione della biosfera, alla crisi delle civiltà tradizionali ma anche alla crisi della modernità . Dove ci porta la via seguita? Verso un progresso ininterrotto? Non possiamo più crederlo. Alla diminuzione della povertà attraverso un aumento del benessere materiale corrisponde anche un enorme aumento di miseria. Andiamo verso una serie di catastrofi a catena? È quel che sembra probabile se non riusciamo a cambiare strada. Subito.
Edgar Morin pone qui la sfida di una “via” di salvezza che potrebbe delinearsi dal congiungersi di una miriade di vie riformatrici: riforma del pensiero, dell”educazione, della famiglia, del lavoro, dell”alimentazione, del modo di consumare.. .
Nella prefazione al suo libro, il prof. Ceruti scrive “Morin propone di sostituire alla via di sviluppo che produce sottosviluppo la via di una politica di civiltà , che abbia come missione quella di solidarizzare il pianeta, nella prospettiva di un nuovo umanesimo. Una metamorfosi ancora più stupefacente di quella che ha segnato il passaggio dalle società arcaiche di cacciatori-raccoglitori alle società complesse della civiltà “.
Intervistato di recente a Parigi, un giornalista francese, interpretando l”esigenza collettiva di avere risposte chiare e concrete gli ha chiesto, a nome di tutti: “Che fare, dunque?”
Ecco la sua risposta:
Al sistema terrestre minacciato da tutte le parti resta solo la via della metamorfosi. In natura, un sistema, quando non riesce più a risolvere i propri problemi vitali, se non vuole perire, è costretto alla metamorfosi. Il bruco è capace di autodistruggersi e autoricostruirsi per diventare una farfalla. L”idea della metamorfosi non è una follia, è una realtà che si è già realizzata altre volte nella storia del Pianeta, nella preistoria ma anche nel Medioevo. Per salvarsi occorre avere un approccio dialettico, nel tentativo di tenere insieme idee che sulla carta si oppongono. Non credo alla rivoluzione che fa tabula rasa del passato, producendo spesso realtà peggiori di quelle che ha voluto trasformare. Al contrario, abbiamo bisogno di tutte le riforme culturali della storia dell”umanità per trasformare e trasformarci. Per questo è necessario conservare tutti gli aspetti positivi della mondializzazione, che per me contiene il meglio e il peggio. Insomma, occorre al contempo mondializzare e de-mondializzare a seconda degli ambiti, favorire la crescita ma talvolta la decrescita, tenere conto dello sviluppo ma anche dell”inviluppo, della trasformazione come della conservazione. Questa strategia complessa ci consente di conservare la speranza, che naturalmente non è una certezza. Anzi, visto il contesto, la speranza è perfino improbabile. La storia però ci insegna che a volte l”improbabile è riuscito a prendere il sopravvento”.
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La cultura di massa della sinistra italiana l”ha volutamente tenuto nascosto fin dagli anni”50, archiviandolo brutalmente come un neo-platonico (Edgard Morin l”ha sempre considerato un grande complimento) e ancora oggi, non è accolto bene (la maggioranza neppure lo conosce) per la sua idiosincrasia contro la burocrazia centrale dei partiti e il suo furibondo anti-comunismo pari soltanto alla sua attività anti-nazista.
Edgard Morin era la grande passione intellettuale di Pier Paolo Pasolini, e quando Morin veniva negli anni”60 in vacanze a Roma, era ospite a casa sua. In Italia neppure traducevano i suoi libri. Ancora oggi la Teoria della Complessità , in questo paese non viene accolta.
Incitarvi a leggere le opere e il lavoro del più grande filosofo europeo vivente, è il risultato del mio sogno di ieri notte. Diciamo che me l”ha consigliato Pier Paolo Pasolini dall”aldilà .
Non sarà certo la simpatia contagiosa di Beppe Grillo a indicarci la Via.
Serve ben altro.
Soprattutto serve, da parte di noi italiani, sempre lesti a seguire i banditori d”aste, cominciare a leggere e studiare i filosofi che vantano una succosa produzione.
Se poi, invece, si preferisce affidarsi alle novità di Dagospia, non ci si potrà domani lamentare se, dalla Francia, dopo il sorrisetto disgustoso di Sarkozy, arriverà magari prima sotto forma di mònito, ma poi sempre più chiaramente in modo diretto, l”invito a qual cosetta di più di una semplice scossa.
Abbiamo bisogno di iniziare il percorso della Riscossa.
E si inizia dalla Cultura.
Non andando a gambizzare un dirigente industriale.
Ogniqualvolta qualcuno va a mettere delle bombe, il registratore di cassa di Goldman Sachs, a Wall Street, fa ting e segna un buon incasso potenziale.