Karlo Raveli: Risposta a Guido Viale

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23 Settembre 2012 - 13.12


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di Karlo RaveliSinistra in rete

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Caro Viale, che cosa pensano di proporre  i tuoi polemisti – che critichi nel seguente trafiletto su Il Manifesto del 18.9 – alle decine di migliaia di lavoratori cancellati dall”azzeramento (del piano Fabbrica Italia)?

Il 18 giugno 2010, in risposta a un articolo de “il manifesto” a mia firma che giudicava inattendibile il piano Fabbrica Italia e sosteneva di conseguenza l”urgenza di mettere in cantiere la riconversione ad altre produzioni di una parte almeno degli stabilimenti del gruppo Fiat per scongiurarne l”altrimenti inevitabile chiusura, il quotidiano “il foglio” mi dedicò un”intera pagina (Processo alla Fiat), corredata dal pugno di Lotta Continua per rimarcare la mia matrice culturale che non ho mai rinnegato.

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In quella pagina ben sette collaboratori di questo giornale si alternavano a tacciare di ideologismo le mie valutazioni e, con l”eccezione di due (Riccardo Ruggeri e Stefano Cingolani) ad accreditare la validità del piano Fabbrica Italia, pur esprimendo (con l”eccezione di Francesco Forte, che lo avallava senza tentennamenti) qualche perplessità sulle possibilità di una sua realizzazione integrale. Ora quel piano è stato ufficialmente dichiarato defunto, anzi, mai nato. Era solo fuffa, pagata a caro prezzo dagli operai della Fiat, costretti a un referendum che subordinava la sua realizzazione alla rinuncia a una parte sostanziale dei propri diritti; ma anche dal paese tutto, sprofondato dalla «cura Marchionne» in un nuovo medioevo; e pagata con il ridicolo da chi come Renzi, Chiamparino o Fassino si erano schierati con Marchionne («senza se e senza ma»). Nessuno, comunque, aveva dubitato delle intenzione di Marchionne. Non mi aspetto dagli estensori di quella pagina le scuse per gli sfottò di cui era impegnata; ma un po” di deontologia professionale dovrebbe indurli a chiedersi perché le mie (e non solo mie) valutazioni si siano dimostrate corrette e le loro completamente sbagliate. E, soprattutto, se il progetto di una riconversione degli stabilimenti è un”utopia, che cosa pensano di proporre alle decine di migliaia di lavoratori cancellati dall”azzeramento di quel piano? (Guido Viale, Il Manifesto, 18.9.2012)

Costoro, sicuramente nulla di quello di cui tutti – meno i padroni – necessitiamo con assoluta urgenza.

In primo luogo, il definitivo sotterramento del termine “lavoratrice” per definire la classe antagonista al sistema.

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In secondo luogo, il riconoscimento – primo passo della ricomposizione politica – che la classe si spiega con molti altri settori: i precari, o lavoratori intermittenti; i disoccupati, esclusi dall”impiego, quasi tutti i tipi di migranti, anche loro operai sradicati in cerca di sfruttamento-impiego-lavoro. O di schiavitù, nelle sue nuove modalità. E da altre componenti operaie non lavoratrici-impiegate, come la fresca carne da fabbrica in formazione, cioè gli studenti; o la forma operaia dedicata essenzialmente alla riproduzione; e poi tutti coloro che per anzianità ne sono esclusi, come dall”impiego. Tutti questi settori non sono semplice proletariato, o prosumer, ecc. ma vera e propria classe! Questa non è semplice filologia marxista, compagno T. Negri, ma l”essenziale marxiano!!

Terzo passo: riconoscere che l”alienazione lavorista, che si manifesta formalmente con questa terribile confusione tra classe operaia “al completo” e il suo unico settore impiegato-lavoratore (e peggio: dell”impiego fisso, essenzialmente) è la base di tutte le altre alienazioni socialiste, o di sinistra. La sinistra sinistra capitalista. E cristiana, da dove poi sorge questo alienante ma originale peccato lavorista.

Quarto passo: guardare, caro ex-lottacontinuista, alle nuove espressioni politiche e sociali della classe, come ai vecchi tempi… occupazioni, proletari in divisa, primi conati ecologisti… che sono altre espressioni di tutta la classe, assieme ai movimenti/ong degli impiegati del capitale (i sindacati). Molti movimenti del proletariato, che possono assumere realtà di classe. O che lo possono divenire, in una messa a fuoco di ricomposizione. Politica però, non sociologico-socialista.

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La classe  sociologico-socialista – non è un corpo nel campo di forza – vedi Pasquinelli  – della macchina sociale (astratta, naturalmente), ma uno strumento teorico, e persino tecnico come un grafico, per la comprensione e direzione di forza antagonista. Quanta meno sociologia ci mettiamo dentro, nella classe operaia, più possibilità abbiamo di capirla e usarla come comunisti.

Quinto: applicare l”esperienza di Taranto che, come diceva il collettivo Aurpegi Gunea, nell” Euskalherria, assume il concetto di operaio-Gaia come il parametro più avanzato dell”iniziativa di classe. Classe che assume, oltre la questione del potere e la contraddizione Capitale/lavoro, anche o soprattutto il dramma ecologico. Classe operaia mondiale naturalmente, con tutte le sue estensioni bioregionali al centro di iniziative di lotta radicale, che rigetta il lavorismo – all” Ilva, in concreto – per ricomporre le lotte in una strategia di massimo ventaglio bioregionale: lavoro si, ma anche terra, ecosistema, agricoltura, territorio, e quindi ricomposizione su tutto l”arco dello scontro con il sistema, se vi includiamo l”organizzazione della violenza proletaria. O, detto meglio, della difesa proletaria.

Sesto e ultimo: le lotte bioregionali antagoniste, anche o soprattutto in termini di lotta di classe, non possono che muoversi ormai che in una strategia globale, dove da tempo molti compagni e molti collettivi segnalano i due assi politici fondamentali di partenza:

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* In primo luogo, reparto generale e globale dell”impiego = riduzioni drastiche dell”orario di sfruttamento, su linee trasversali inter-nazionali. O inter-statali per cominciare. Lotte che si possono vincere solo a partire – e concretandolo – da un processo di ricomposizione anti-lavorista .

* Secondo: estensione generale del reddito incondizionato. Anti-workfare, naturalmente. Tanto per cominciare, colpendo evasori ed elusori. E ben in prima fila le oligarchie criminali che ora gestiscono i poteri globali. E anche qui, non sarà certamente il settore “più” impiegato dal capitale, a spingere. Come vediamo molto bene, con il sindacalismo fanalino di coda, soprattutto metropolitano. Sinistre sinistre, come i loro partiti. Lavoristi.


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(21 settembre 2012)

Fonte: http://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/2294-karlo-raveli-.html

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