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Lunedì 15 ottobre 2012, con un tratto di penna, l”Europa delle comunicazioni ha deciso di cancellare la voce di un paese di oltre settanta milioni di abitanti, l”Iran. È il primo atto di guerra deciso nel cuore dell”Unione europea, dopo il suo brindisi per il Nobel per la pace. Se non vi bastava il senso di soffocamento delle dittature finanziarie in veste di governi tecnici, eccovi anche il bavaglio della censura più estrema. Il giustiziere delle tv e radio iraniane nel mondo ha il volto di Eutelsat, uno dei tre maggiori operatori satellitari del pianeta, nato come consorzio intergovernativo, ora “privatizzato”, con sede a Parigi. È bastato un rigo decretato dai padroni della comunicazione, e sulla piattaforma HOTBIRD i canali in lingue straniere realizzati dall”Iran sono stati tutti bannati (QUI la notizia su IRIB – Islamic Republic of Iran Broadcasting).
La decisione di Eutelsat ha ottemperato a una richiesta del Consiglio Superiore Audiovisivo della Francia (CSA) sulla scorta delle nuove sanzioni anti-iraniane decise in sede europea.
L”etere europeo dunque sarà d”ora in poi oscurato per i canali Al-Alam, Press TV, Sahar 1 e 2, Jam-e-Jam 1 e 2, la catena sul Corano e altri ancora. Tra radio e TV sono 19 canali.
Per ora il fatto, di per sé gravissimo, è taciuto dai principali organi di informazione occidentali. Un silenzio che dice già tutto. Se proveranno a parlarne, dovranno faticare assai per giustificare la censura senza cadere in gigantesche contraddizioni con qualsiasi proclamazione sulla libertà di stampa in stile occidentale. Fine delle trasmissioni, senza dibattito.
Qualsiasi rappresentazione autonoma degli interessi e delle visioni di un intero grande paese, qual è l”Iran, è ora totalmente impedita sul terreno dei grandi mass media generalisti. La censura ha il sapore di una reazione e di un esperimento rispetto a nuovi equilibri che si stavano formando nell”informazione globale.
In questi ultimi anni, diversi paesi hanno provato a costruirsi un punto di vista autonomo rispetto al flusso informativo egemonizzato dalle potenze anglosassoni. Paradossalmente, ma non troppo, lo hanno fatto con canali in lingua inglese, oltre che in altre lingue. Non ci deve scandalizzare il fatto che i canali emergenti non abbiano partecipato con un punto di vista “neutro” al gioco della comunicazione. Proprio per questo, rappresentando interessi “altri”, hanno segnato punti impressionanti.
Si pensi che nel giro di pochissimi anni RT, la tv russa in inglese, ha scalzato la BBC quale primo canale straniero presso il pubblico televisivo USA. Segno che l”offerta “altra” risponde a una domanda che c”era: una domanda di “altra” informazione che la fabbrica dei media nostrana, in Occidente, non sapeva e – soprattutto – non voleva fornire.
I canali emergenti trasmessi da paesi un tempo senza voce – al netto della loro “non neutralità ” (ma chi sarebbe neutrale, forse la CNN?, non scherziamo) – riuscivano a essere per molti argomenti fonti più attendibili rispetto alla propaganda omologata che passava dall”altra parte. Prima di degenerare a MinCulPop delle bellicose petro-monarchie del Golfo, e prima di farsi sputtanare con direttori inquadrati nella CIA, perfino Aljazeera aveva aperto spiragli informativi inediti.
E così ci ritroviamo con meno voci. Qual è la prossima tappa? Senza un sistema autonomo di trasmissione, anche la Russia sarà vulnerabile rispetto alle decisioni belliche sui media prese da qualche recente Nobel per la pace. E perfino le nostre già inquadrate officine della menzogna saranno sempre più in uniforme, perché la dittatura avrà meno bisogno di maschere in borghese.
Occorrerà fare molto per conquistare il pluralismo, garantendo proprio le voci dissonanti. La nostra libertà è molto più in pericolo di quanto non appaia a prima vista. Non si vede molto in giro, al momento, a sua difesa. Partiamo comunque da un piccolissimo passo, diffondendo la prima petizione di IRIB.
Per chi non lo avesse capito, questa dittatura è solo agli inizi, e non si sazierà come non si sazia in campo finanziario. Combatterla ha a che fare con il bene più prezioso che dobbiamo difendere: il punto di vista altrui come garanzia del punto di vista nostro.
Versione in lingua portoghese: QUI.
Leggi anche: Davood Abbasi, Quando l”Iran è il “Balla coi Lupi” del nostro tempo.
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