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Un nuovo straordinario fenomeno prende piede negli anni ”50: la commedia all”italiana. Un genere che deriva il proprio nome dal film di Pietro Germi, Divorzio all”Italiana (1961), sebbene I soliti Ignoti di Monicelli (1958) non fosse certo da meno. Totò (antesignano del fenomeno con la sua commedia napoletana), Germi, Monicelli, Dino Risi, Luigi Comencini, Steno, Lina Wertmüller, Luigi Zampa, Camillo Mastrocinque, Age e Scarpelli, Rodolfo Sonego e Suso Cecchi D”Amico, Ettore Scola, sono sceneggiatori e/o registi italiani che hanno non soltanto lasciato un ritratto dell”epoca con le loro commedie, ma hanno, in molti casi, scritto la storia del cinema. La domanda da porsi è se oggi la commedia all”italiana esista ancora o se, a causa della globalizzazione, il nostro popolo abbia perso quelle peculiarità in grado di renderlo unico rispetto al resto del mondo. Nella maggior parte dei casi, oggi, i produttori italiani preferiscono investire sul rifacimento di film che hanno già riscosso successo altrove, piuttosto che lasciare spazio libero al talento, come avveniva dagli anni ”50 ai ”90. Ieri nelle sale italiane è uscito Famiglia Perfetta, film incentrato sulla storia di un uomo solo, che decide di affittare una famiglia di attori per Natale.
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A chi gli chiede se abbiano fatto un remake del film spagnolo “Familia”, il regista, Genovese, risponde che hanno creato una storia nuova, ambientata a Natale. In realtà esiste un altro vecchio film americano, intitolato Surviving Christmas, con Ben Affleck nella parte del riccone solo, che affitta degli attori per recitare il ruolo della famiglia perfetta a Natale.
Certo, sebbene in molti abbiano tentato di riproporre il tema del celebre Canto di Natale di Dickens, in mille stili diversi, c”è da notare che la trama portante di Famiglia Perfetta è identica a quella di Surviving Christmas.
Ci troviamo di fronte all”ennesima manifestazione della linea di tendenza che caratterizza la produzione cinematografica italiana degli ultimi anni. Tanto per citare un altro caso meno recente, Benvenuti al Sud , che tanto successo ha riscosso in Italia, è esattamente la copia del francese Giù al Nord e il regista non ha mai nascosto che si sia trattato di un remake. Un rifacimento riuscito, grazie a un cast di comici di tutto rispetto e a una storia divertente, ma non certo originale.
La sceneggiatura per i produttori è ormai ininfluente, non puntano sulla creazione di una storia nuova, che valga la pena raccontare, assorbire. In quanti andrebbero a vedere Famiglia Perfetta senza Castellitto o senza Francesca Neri, la Gerini, Ilaria Occhini? In quanti sarebbero andati al cinema per Manuale d”Amore senza De Niro o la Bellucci? Chi avrebbe retto un”accozzaglia di luoghi comuni come Maschi contro femmine o Femmine contro maschi, senza l”estro della Cortellesi, di Luciana Littizzetto e di Bisio o senza le pallavoliste Maurizia Cacciatori e Francesca Piccinini? Aprendo un vecchio libro di proverbi e mischiandoli a casaccio si potrebbe ottenere una sceneggiatura più avvincente e originale delle ultime commediole nostrane.
Il punto è che se ai tempi della Commedia all”Italiana anni ”50 il carisma dell”attore era uno strumento per raccontare delle originalissime storie, oggi è lo strumento per vendere dei prodotti in serie o dei remake, nati non dall”incapacità del mondo cinematografico italiano di creare, ma probabilmente dalla scarsa – o meglio ancora assente – propensione al rischio delle imprese di produzione, le quali preferiscono riproporre storie già viste, limitandosi ad accaparrarsi un cast artistico noto.
Tuttavia la recitazione, in un film, non è fine a se stessa, né fine ultimo di un prodotto, ma è semmai il culmine, sublime o mediocre, di un processo creativo, che inizia soltanto con un”idea, un trattamento, una storia: la sceneggiatura.
Un buon attore costretto in un ruolo scontato equivale ad un inutile spreco di capitale umano. Cosa ne sarebbe stato di Brancaleone senza Gassman? Difficile immaginarlo, quanto è arduo immaginare il contrario, ovvero Gassman calato in un ruolo inconsistente e diverso da quello costruito per lui dal Maestro. Negli anni ”80, il Maestro Monicelli continua a dare vita a memorabili commedie come Il marchese del Grillo, Amici miei atto II , Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, Le due vite di Mattia Pascal, Speriamo che sia femmina e conquista il suo spazio anche Carlo Verdone, che con le sue storie e le sue caratterizzazioni del popolo Italiano, fotografa magistralmente un”epoca. Si cimentano alla regia Troisi – Ricomincio, da tre, Scusate il ritardo, Non ci resta che piangere – e Benigni con Il Piccolo Diavolo. Verdone, Troisi, Benigni e Nanni Moretti dominano indiscussi il panorama della commedia italiana anche nei ”90, anni che hanno visto nascere una perla rara come Ovosodo (1997) di Paolo Virzì.
Oggi gli eredi della commedia all”italiana restano nascosti tra gli sceneggiatori e i registi ai quali la grande produzione italiana non concede spazio. Resta ancora Roberto Benigni, il cui genio è stato riconosciuto innanzitutto all”estero, con il successo riscosso da La Vita è bella, perché gli italiani, prima degli Oscar, erano ancora convinti che fosse un comico da “filmetti”.
Come se Il Pap”occhio, Non ci resta che piangere, Johnny Stecchino, Il Piccolo Diavolo, il Mostro, non fossero già delle commedie italiane di notevole spessore artistico.
Se l”è meritato tutto, Benigni, quel “Roberto” gridato con gioia e commozione dalla Loren sul palco degli Oscar di Los Angeles. L”orgoglio della Diva Italiana è quello di tutto un popolo. Benigni ha raccolto l”eredità della commedia all”Italiana d”autore degli anni ”50 e ha il merito indiscusso di aver creato storie originali, che ancora ci consentono di avere una voce nell”ambito cinematografico internazionale. Perché la poesia de La Tigre e la neve, film successivo a La Vita è bella e forse per questo meno riconosciuto, è arrivata ovunque.
Anche in Canada, dove mi trovo, è patrimonio di alcune Libraries. Tuttavia se a celebrare Benigni come attore e regista è il mondo intero, sono ancora in pochi a conoscere i suoi meriti come produttore. La Melampo srl, Casa di Produzione di Benigni e della moglie, l”attrice Nicoletta Braschi, ha consentito senza dubbio al talento dei due artisti una libertà di espressione illimitata e al contempo ha sempre mantenuto un fatturato alto, a dimostrazione che investire soldi sulla creatività , alla fine dei conti, paga con Oscar e incassi da record.
Vogliono farci credere che il pubblico italiano, oggi, sia più ignorante di quello che guardava Il Marchese del Grillo. Lasciano intendere che sono i nostri gusti a domandare, affamati, i cinepanettoni di cui ci ingozzano nel belpaese. La realtà è che i gusti possono essere facilmente indotti dalla standardizzazione di un”industria cinematografica e distributiva spesso fondata su una mera eredità economica, anziché culturale. Il risultato è spesso deludente sul fronte della creatività e anche su quello degli incassi, inferiori rispetto alla media internazionale. L”anno sta per concludersi ed è bene che l”industria cinematografica italiana faccia i suoi bilanci, specie perché, tranne rari casi, è finanziata con i soldi pubblici.
Tra i cento film più visti del 2012 non figura neanche un film italiano nel Box office Internazionale. E non è vero che la fanno da padroni esclusivamente i ricchi colossal americani, perché tra i primi dodici film in classifica del 2012 troviamo il francese Quasi Amici (The Intouchables), privo di effetti speciali, se non quelli della narrazione. Segno che, quando le belle storie vengono prodotte, sono in grado di sbancare al botteghino.
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