'"Quanto dev''essere grande il cimitero della mia isola?"'

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4 Febbraio 2013 - 12.10


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Lettera del Sindaco di Lampedusa all”Italia e all”Europa

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di Giusi Nicolini

Questa lettera risale a qualche mese fa. La pubblichiamo ora perchè nel frattempo è cominciata una nuova guerra in Africa, alla quale l”Italia, come al solito, partecipa. La pubblichiamo ora perchè non risulta che nessuno, nel Palazzo, abbia risposto alla sua autrice. La pubblichiamo perchè i media l”hanno ignorata.
Ci fa onore che esista una  persona come Giusi Nicolini. Le siamo grati. Non mi interessa di che partito è, se ne ha mai avuto uno. Le sue parole sono una condanna: della nostra “umanità europea”, che sta all”umanità come un cacciabombardiere sta alla pace. Le sue parole sono una condanna a una campagna elettorale fatta di bugie e spettacolo, nella quale il mondo intero è stato seppellito. Figuriamoci se c”è spazio per qualche morto annegato, nero per giunta!
Ma guardiamo un pò più in profondità. Questi morti – ha ragione Giusi – sono già i nostri morti. Noi crediamo ancora che siano i morti altrui, solo perchè non abbiamo ancora capito che è cominciata una transizione da questa nostra inciviltà ad una nuova, che ancora non c”è. Sarà – se restiamo quelli che siamo oggi, superbi e stupidi – una transizione sanguinosa. Se vogliamo trasformarla in una transizione pacifica dovremo riscoprire la parola solidarietà.

(Giulietto Chiesa)

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Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa. Eletta a maggio 2012, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme; il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?

Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l”idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l”inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce. Sono indignata dall”assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell”Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra. Sono sempre più convinta che la politica europea sull”immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l”unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l”Europa motivo di vergogna e disonore.

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In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l”unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche. Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all”accoglienza, che dà dignità di esseri umani a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all”Europa intera.

Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato.

Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza.

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Giusi Nicolini

 

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