Datagate, Monti colpevole

'L''Europa ha perso la sovranità sui dati dei suoi cittadini, come l''aveva già persa sulla finanza. Un decreto scandaloso di Monti. Parla Stefano Rodotà'

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Redazione Modifica articolo

9 Luglio 2013 - 23.20


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di Alessandro Longo.

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«L”Europa ha perso la sovranità sui dati dei suoi cittadini, come
l”aveva già persa sulla finanza. Ma in Italia c”è uno scandalo in più:
le intese tra i servizi segreti e le società telefoniche. Consentite da
un decreto dell”ex premier su cui i partiti ora tacciono imbarazzati».
Parla Stefano Rodotà.

«Il governo chiarisca i rapporti Italia-Stati Uniti, su cui per ora
non ha detto in realtà niente. E faccia luce sulle intese con cui,
in virtù di un decreto Monti, i servizi segreti italiani possono
mettere le mani sui nostri dati gestiti dalle società telefoniche e
non solo».

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Stefano Rodotà, ex Garante della Privacy, uno dei massimi studiosi
italiani in tema di diritti e libertà, interviene con durezza sul
cosiddetto datage e sull”impatto di questa vicenda nel nostro
Paese: «Fatto gravissimo, anche se dovessero essere davvero solo
metadati quelli raccolti a strascico dalle intelligence americane.
La quantità di metadati tracciati – chi ha chiamato chi e quando,
per esempio – ha raggiunto volumi così grandi da rivelare comunque
troppe informazioni su identità e abitudini delle singole persone»

Il caso Prism e datagate si approfondisce. Che cosa la colpisce di
questi ultimi sviluppi? «Mi colpisce che sia emersa una sorta di
divisione di lavoro tra europei e americani. I primi non hanno le
risorse per fare l”intelligence e quindi la appaltano agli
americani. In cambio questi possono interferire con gli Stati
europei. E” da vedere se ci sono intese formali e ufficiali. Ma la
reazione del governo italiano e dei Garanti privacy europei sono
state finora molto deboli. Sbaglia chi non si sorprende di tutto
questo: è avvenuto un cambio di scala rispetto alle precedenti
intercettazioni. Ci sono due problemi ormai».

Quali?

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«Chi ha sovranità su questa materia? L”Europa ha perso sovranità
sui dati dei propri cittadini, come già l”ha persa sulla finanza.
L”altro problema è interno: le intese tra i servizi segreti e le
società telefoniche che forniscono loro informazioni. Il decreto
Monti che consente questi accordi sembra non sia stato sottoposto
al parere obbligatorio ma non vincolante del Garante e quindi
potrebbe essere impugnato. Il parere è un modo per rendere almeno
visibile la questione all”opinione pubblica e al Parlamento.
Colpisce che nessuna delle forze politiche che hanno sostenuto il
governo Monti sia stata sfiorata dalla gravità e dall”enormità del
decreto».

Come si può contrastare questa deriva della
privacy?

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«Ci sono diverse strategie possibili. Una è politica. L”Europa
Unita sta permettendo al governo Usa e alle sue multinazionali di
violare i principi che ancora proteggono i cittadini europei. E” il
frutto di una sudditanza nei confronti degli Usa: culturale, oltre
che politica ed economica. Eppure, siamo la regione del mondo che
è giunta ad affermare le maggiori garanzie per i dati personali,
nella Carta fondamentale dei diritti per esempio».

E come invertire questo processo?

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«L”Europa si batta per un”intesa internazionale che almeno
protegga i diritti esistenti. Un”altra strategia è rafforzare i
poteri dei cittadini. Nel nuovo regolamento che dovrà sostituire
(si prevede nel 2014, ndr) le norme europee sulla privacy
risalenti al 1995, si parla di diritto all”oblio (con cui l”utente
può ottenere la cancellazione dei propri dati presenti sul web) e
diritto a rendere silenzioso il chip (possibilità di interrompere
in ogni momento il trasferimento dei propri dati ad altri
soggetti). Ma è importante anche affermare, nelle norme, l”opzione
“Do Not Track”, con cui l”utente può impedire che venga tracciata
la sua navigazione web a scopi di marketing. Sono tutte strategie
praticabili con gli strumenti esistenti e se non sono già attuate
è perché prevalgono altri interessi sui diritti fondamentali
delle persone».

Ma come contemperare i diritti con altre
esigenze?

«Applicando alcuni principi, peraltro pure questi già affermati
in normative europee. Principio di necessità: usare il
tracciamento elettronico solo se soltanto in questo modo è
possibile ottenere determinati risultati. Principio di
proporzionalità: davvero ho bisogno di usare la rete a strascico
per trovare un terrorista o un evasore fiscale? Forse è possibile
ottenere lo stesso risultato senza comprimere diritti delle
persone. Infine, un principio che si trova nella Convenzione
europea dei diritti dell”uomo: usare solo misure compatibili con i
caratteri democratici di un sistema».

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Per leggere anche la seconda parte dell”intervista, CLICCA QUI.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/datagate-monti-colpevole/2210727.

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