Brown, il giornalista che rischia un secolo di galera

Barrett Brown è in prigione dal settembre del 2012. Rischia di rimanerci tutta la vita per aver fatto il giornalista. E aveva solo scambiato dei link.

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Redazione Modifica articolo

15 Luglio 2013 - 21.46


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di Mazzetta.

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Barrett Brown è in prigione dal settembre del 2012. Rischia di rimanerci tutta la vita per aver fatto il giornalista.

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31
anni, ha lavorato per The Guardian e Vanity Fair e prima di dedicarsi
al giornalismo a tempo pieno è stato anche portavoce informale di
Anonymous
, ora è in prigione in attesa di essere processato il prossimo
settembre per numerosi capi d’accusa, tutti o quasi relativi ad un’unica
azione, ossia l’aver scambiato con altri in chat un link alle mail
sottratte a Stratfor, la compagnia d’intelligence privata che ha visto
la sua corrispondenza interna e il suo discutibilissimo modus operandi,
esposti da Wikileaks e numerose testate.

 

Dice il segretario generale di Reporter Senza Frontiere, Christophe Deloire:

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“Barret Brown non è un hacker, non è un criminale. Non si
è infiltrato in alcun sistame informatico, né sembra avere le capacità
tecniche per farlo. Prima di tutto Barret Brown è un giornalista
investigativo che stava semplicemente facendo il suo dovere
professionale studiando le mail di Stratfo, una questione di pubblico
interesse. La condanna a 105 anni di prigione che rischia è assurda e
pericolosa, dato che Jeremy Ammond, che si è in effetti dichiarato
colpevole della vera intrusione nei sistemi di Stratfor ne rischia solo
(?) 10. Minacciare un giornalista con un’ipotetica condanna secolare è
una prospettiva spaventosa per i giornalisti che investigano l’industria
dell’intelligenze che elavora per il governo”

Si
può anche aggiungere che i 10 anni che rischia Ammond sono uno
sproposito e che anche minacciare di un solo anno di galera i
giornalisti che investigano su possibili scandali nelle istituzioni,
fosse pure nel delicato ramo dell’intelligence, è la stessa barbarie,
tanto più che Brown si è già quasi fatto un anno in attesa di giudizio,
semplicemente per aver discusso materiale d’interesse giornalistico. 

Che
il contenuto di quelle mail abbia un altissimo valore storico e
giornalistico
, lo testimoniano le migliaia di pezzi scritti ovunque
sulle curiose attività di questa pretenziosa e opacissima compagnia di
spie che si sono messe in proprio, colte a prendersi gioco dei clienti
stranieri, e sarebbe il minimo, ma anche esposti nella propria attività
di fabbrica e spaccio di fumo, assemblato con poca fatica e una buona
dose di approssimazione.

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Posso
fin da ora dichiararmi colpevole dello stesso crimine di Barret Brown,
se non anche di uno maggiore. Brown è infatti accusato, udite, udite, di
aver pensato che il suo ProjectPM,
un gruppo e un wiki dedicati per le indagini collaborative, sarebbe
stato un ottimo posto dove discuterne ed esaminare i 5 milioni di mail
messe online da Wikileaks e così ha pubblicato nella relativa chat il
link che puntava alla sezione dell’archivio di Wikileaks che contiene la
mail di Stratfor, sulla chat di ProjectPm. Sembra incredibile, ma non
ha dovuto fare altro per essere arrestato, se non prendere parte come
giornalista e da giornalista in un’attività che in quei giorni
condivideva con migliaia di giornalisti e curiosi in tutto il mondo

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