Crisi Venezuelana: quel che tacciono i media

'Non solo l''Ucraina è sotto pressione. Anche in Venezuela (altro punto di frizione ai confini dell''Impero) disordini e sistematiche manipolazioni dei media occidentali. '

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19 Febbraio 2014 - 21.58


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di Paolo Maccioni.

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Non è solo l”Ucraina ad essere sotto
pressione. Anche in Venezuela (altro punto di frizione ai confini
dell”Impero) registriamo disordini e sistematiche manipolazioni dei
media occidentali. Per comprendere qualcosa sui disordini di queste
ore in Venezuela, e diradare la cortina di versioni discordanti che
puntualmente avvolge questo tipo di notizie, può essere utile un
semplice esercizio di comparazione fra quotidiani. Prendiamo ad
esempio La Stampa e Il Fatto Quotidiano.

Il quotidiano torinese pubblica
un”intervista a Moisés Naím, il Fatto invece riporta
un articolo firmato da Fabio Marcelli. Interessante il raffronto fra
i titoli che raccontano i guai di Nicolás Maduro, il
presidente chavista in carica.

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La Stampa: “Maduro
sta uccidendo il Venezuela
”.

Agli antipodi il titolo
del Fatto Quotidiano: “Venezuela,
il fascismo non passerà
“.

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Così sulla Stampa:

«Maduro però dice che l’opposizione
è pilotata dall’estero e prepara il colpo di stato [chiede
l”intervistatore Paolo Mastrolilli].

«È curioso sentire una denuncia del
genere da chi controlla l’esercito e reprime la protesta, uccidendo
gli studenti in strada [risponde Moisés Naím]. Quanto
all’influenza esterna, quella vera è di Cuba, che decide le
politiche interne venezuelane, e in più arma e addestra i gruppi di
civili responsabili delle violenze. L’opposizione non ha strumenti,
e se ci sarà una grande manifestazione con l’arresto dei suoi
leader, la gente non lo saprà perché Maduro ha chiuso le
televisioni, come ha fatto con l’emittente colombiana Ntn24,
e ha tolto la carta ai giornali».

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Che cosa dovrebbe fare la comunità
internazionale?

«È triste vedere come il petrolio e i
regali di Caracas abbiano ridotto al silenzio l’interna America
Latina. A Cuba si è appena tenuto il vertice della Comunidad de
Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac), e nessuno ha fatto
alcuna obiezione».

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Verrebbe da commentare: E ci
mancherebbe! Gli altri “Estados Latinoamericanos y Caribeños”
conoscono benissimo gli stessi attacchi per averli subiti
ripetutamente; l”intera seconda metà del XX secolo è stata
contrassegnata dall”ingerenza violenta di Washington che ha imposto
col sangue dittature o governi fantoccio compiacenti, come, al
contrario della Stampa, riferisce Fabio Marcelli (ricercatore
dell’Istituto di studi giuridici internazionali del CNR) sul Fatto
Quotidiano
:

«[In Venezuela]… nella destra ha
preso il sopravvento la corrente più violenta e oltranzista, che
gode con ogni evidenza del sostegno degli Stati Uniti. O meglio di
quelle correnti, tuttora egemoni, nel governo di Washington che
ritengono, con forte miopia e cieca tracotanza, che gli interessi del
popolo statunitense sono meglio garantiti, in tutto il mondo e in
particolare in America Latina da governi di servi sciocchi, come
furono a suo tempo Pinochet e i gorilla argentini, brasiliani e
uruguayani.» E ancora: «Tutti gli Stati latinoamericani, compresa
la Colombia di Santos, stanno esprimendo la propria solidarietà al
governo venezuelano bersaglio dei tentativi di colpo di Stato e del
vero e proprio revival del fascismo più efferato e selvaggio che sta
avendo luogo nello Stato caraibico sotto l’egida dell’ambasciata
di Washington, come dimostrato da numerosi documenti rivelati da
Wikileaks sul finanziamento e appoggio che l’amministrazione Obama
ha portato ai gruppi eversivi.»

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Ogni punto di vista è legittimo, si
potrebbe obiettare a buon diritto… purché si conosca il profilo
completo di chi lo esprime, e che da questo non emergano conflitti di interesse, altrimenti si esce dall”ambito delle opinioni e si entra in quello della propaganda.

Di Moises Naím la Stampa
ci dice che “è stato ministro dell’Industria e del Commercio”
e ricorda che è “studioso del Carnegie Endowment for
International Peace, ex direttore della rivista Foreign Policy
e autore del celebrato saggio «La fine del potere»”. Una
verità incompleta, perché Moises Naím è stato anche direttore
esecutivo prima, e primo consigliere del presidente poi, della Banca
Mondiale
(basta banalmente cercare su Wikipedia per saperlo).
Inoltre “ministro dell’Industria e del Commercio” è un
titolo vero ma reticente: più precisamente è stato ministro del
gabinetto di Carlos Andrés Perez, il quale il 27 e 28 febbraio 1989
(ancora Wikipedia): «mobilitò l”esercito per soffocare nel
sangue la rivolta popolare contro un pacchetto di misure anti-crisi
imposte al Venezuela dal Fondo monetario internazionale. La
repressione ordinata dal presidente fu particolarmente brutale in
tutta la cintura dei quartieri popolari (i ranchos) alla periferia di
Caracas e il numero delle vittime non fu mai reso ufficialmente noto
(alcune fonti indipendenti parlarono di 3500 morti).»

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Una figura non disinteressata insomma.

Moises Naím viene pubblicato con
frequenza sul Corriere della Sera, L”Espresso e Il
Sole 24ore
, e la sua opinione è inghiottita da lettori che la
metabolizzano, in buona fede, totalmente ignari del suo profilo.
Quanto ai suoi trascorsi come direttore esecutivo e successivamente
primo consigliere del presidente della Banca Mondiale (il cui
presidente viene nominato dagli USA, giova ricordarlo) basterebbe
ricordare come questa
rispettabile istituzione, insieme al Fondo Monetario Internazionale,
abbia imposto politiche economiche di indebitamento e privatizzazioni
(altrimenti chiamate svendite) a pressoché tutti i Paesi
latinoamericani e non solo.

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Per non limitarci alla stampa nostrana, suggerirei la lettura di un articolo di María Páez Victor
che illustra le dinamiche dell”attacco al Venezuela,
nonché – per chi mastica l’inglese – di un articolo apparso su The Guardian, firmato da Mark Weisbrot,
condirettore del Centre for Economic and Policy Research di Washington DC
(“L”appoggio di Washington al rovesciamento del potere in
Venezuela è un errore
“).

Weisbrot, a dispetto di Moises Naím,
il quale sostiene che Washington non c”entri niente, scrive:

«Quando il Segretario di Stato John
Kerry dice “Siamo parecchio allarmati dalla notizia che il
governo venezuelano ha arrestato e detenuto diversi manifestanti
anti-governativi”, sta prendendo una posizione politica, poiché
parecchi di questi manifestanti hanno commesso crimini: hanno
attaccato e ferito poliziotti con blocchi di cemento e bottiglie
Molotov, hanno incendiato automobili, cassonetti, in qualche caso
appiccato il fuoco a edifici governativi e commesso altri atti di
violenza e vandalismo.»

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Toh!, questi dettagli non emergono
nell”intervista a Moises Naím. Così come i ribelli armati
nazistoidi di Kiev non vengono raccontati dai nostri media.

Continua Weisbrot: «E” chiaro, tutti
sanno a chi gli Stati Uniti diano il loro sostegno in Venezuela. Nel
budget federale 2014 ci sono 5 milioni di dollari stanziati per
finanziare attività di opposizione in Venezuela, e questa è
senz”altro la punta dell”iceberg, poiché vano ad aggiungersi ai
finanziamenti erogati alla luce del sole di centinaia di milioni di
dollari negli ultimi quindici anni».

Weisbrot inoltre riconosce, dati alla
mano, che «da quando il governo di Chávez prese il controllo
dell”industria nazionale del petrolio, l”indice
di povertà si è dimezzato e la povertà estrema ridotta del 70%
.»
Informazione spesso taciuta dai media nostrani. Eppure, proviene
nientemeno che dalla sopraccitata Banca Mondiale.

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Insomma, le vicende possono essere
declinate in diversi modi a seconda di chi le racconta, di quali
interessi (manifesti o taciuti) rappresenti chi ne tesse la
narrazione e di quali siano i soggetti coinvolti. Si può essere
“criminali” da condannare o “oppositori” da
sostenere a seconda che si sia No-Tav oppure “manifestanti”
venezuelani o ucraini.

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