Senza infinito

“Prima del Big Bang l’Universo fece il Grande Rimbalzo”. La rivoluzione si chiama “gravità quantistica”. Intervista a Carlo Rovelli. [Gabriele Beccaria]

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27 Aprile 2014 - 20.45


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(a cura di) Gabriele Beccaria

Mai credere al buon senso. Ovunque si rivolga lo sguardo le apparenze ingannano. L’aveva già capito un antico filosofo, Talete, e la lezione arriva dritta al presente: la fisica ci prende a pugni, come per svegliarci, e svela – pezzo dopo pezzo – com’è il mondo vero, quello invisibile.

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«La realtà è una rete di eventi granulari. E, tra un evento e l’altro, spazio, tempo, materia ed energia sono sciolti in una nuvola di probabilità», scrive Carlo Rovelli, fisico dell’Università di Aix-Marsiglia nel saggio «La realtà non è come appare», edito da Raffaello Cortina. Il tutto si agita in forme talmente bizzarre da mettere in dubbio perfino la solidità del nostro io. Anche Talete sarebbe sorpreso, per esempio di sapere che le ricerche che stanno generando questa rivoluzione si concentrano in una disciplina ancora magmatica: la gravità quantistica.

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Professore, facciamo un passo indietro: lei sottolinea che c’è una specie di schizofrenia tra la Relatività generale e la meccanica quantistica che ci impedisce di capire davvero la realtà: in cosa consiste?

«Rispetto alla fisica classica, precedente all’una e all’altra, la Relatività ha cambiato la nozione di spazio e di tempo ma ha lasciato la materia com’era, mentre la meccanica quantistica ha cambiato il modo di descrivere la materia, ma ha lasciato lo spazio e il tempo come prima. Di mettere insieme queste due realtà, per ora, nessuno si è ancora rivelato capace».

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Ed ecco allora entrare in scena la gravità quantistica, che punta a conciliare le due teorie: qual è l’idea forte da cui parte?

«Che lo spazio-tempo ha esso stesso proprietà quantistiche. È fatto cioè di grani».

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Se si immagina l’Universo con gli occhi di un fisico che sposa la gravità quantistica, come apparirebbe?

«Invece di uno spazio in cui tutte le cose vivono, lo spazio viene sostituto da una struttura composta da tanti granelli dinamici, che si trasformano gli uni negli altri in continuazione».

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È un’idea tremendamente controintuitiva, come spesso accade con la fisica. È così?

«Sì. E’ un altro passo verso una più precisa descrizione del mondo, diversa dall’intuizione elementare».

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E allora cambiano anche i modi di concepire tanti maxi-problemi: che cosa diventa per esempio il Big Bang?

«Fino all’altro ieri cosa sia successo al momento della nascita dell’Universo era solo un punto interrogativo e le teorie disponibili facevano predizioni insensate. Con le equazioni della gravità quantistica, invece, possiamo iniziare a studiare cos’è avvenuto. La prima indicazione che emerge è la possibilità che l’Universo non sia esploso dal nulla, ma sia rimbalzato da una fase precedente, in cui si contraeva. Il Big Bang, quindi, non è l’inizio di tutto, ma l’inizio della fase che vediamo noi e che segue rispetto a un’altra precedente».

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Lei scrive che si trasforma anche l’idea dei buchi neri: che cosa sarebbero?

«Tendono a somigliare, in qualche modo, all’idea che ci stiamo facendo dell’inizio dell’Universo: anche in questo caso ci sarebbe un punto estremo, in cui tutto si concentra e dove le equazioni standard non funzionano».

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I buchi neri, però, vengono studiati già da tempo: che cosa suggeriscono le osservazioni in cielo?

«Noi ne vediamo solo il bordo. Ma le equazioni ci suggeriscono cosa potrebbe succedere al loro interno e anche cosa potrebbe succedere nel futuro lontano, perché i buchi neri non hanno una vita infinita».

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E qual è l’ipotesi?

«Che evaporino. Al centro si verifica un “rimbalzo”, che fa sì che nel futuro la materia entrata possa uscire di nuovo e il buco nero, così, si sciolga».

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Un’altra rivoluzione della gravità quantistica è un concetto ancora più astruso, quello della «soppressione degli infiniti»: di cosa si tratta?

«E’ un’idea ancora speculativa, ma oggi la fisica sembra aver eliminato quella che sembrava essere la possibilità di una direzione infinitamente grande o infinitamente piccola. L’infinito sparisce».

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Può spiegare meglio?

«Mi riferisco alla continuità dello spazio. La meccanica quantistica dà un taglio all’idea che lo si possa dividere all’infinito e che in ogni granellino ci possano essere universi e universi: sostiene che al di sotto di una determinata scala non c’è più niente, un po’ come accade con la materia ordinaria. La gravità quantistica, da parte sua, suggerisce che anche lo spazio presenta questa granularità: ha un numero finito di “mattoncini”. Alla fine, perciò, li si può contare e arrivare a un numero che, per quanto stratosferico, è finito. Non infinito. È una grande differenza».

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È una svolta anche filosofica.

«Sì. E’ da Aristotele che il concetto di infinito ci confonde e che si cerca di domare. Ciò non significa che nella matematica non esista più, ma nel mondo fisico non ci sarebbe».

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A che punto è la teoria della gravità quantistica? Che prove deve superare?

«Non dispone ancora di prove sperimentali e perciò deve fare gli esami e dimostrare di essere una teoria coerente e compiuta. Ci sono molte questioni aperte: sia teoriche (siamo sicuri che non ci siano aspetti nascosti che poi si rivelino contraddittori?) sia sperimentali (siamo sicuri che la realtà dia tutte le conferme necessarie?)»

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Si può pensare a un esperimento decisivo (o quasi)?

«Esistono lavori che cercano di trarre dalla teoria delle conseguenze da testare in varie direzioni. Altrimenti avremmo lavorato per nulla. Ma più che un esperimento è corretto parlare di osservazioni cosmologiche».

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Vale a dire?

«L’eliocentrismo non ha richiesto un esperimento, ma tante osservazioni. E lo stesso è stato in tempi recenti per la radiazione cosmica di fondo. Penso, perciò, a raccolte dettagliate di dati: potrebbero mostrare tracce significative dei momenti in cui la gravità quantistica aveva effetti importanti sulle future trasformazioni dell’Universo».

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(26 marzo 2014)

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