'De Benedetti, fustigatore del ''pubblico'' e ''locusta'' in privato '

'Le banche chiudono i rubinetti alle piccole imprese sane, ma con Sorgenia hanno concesso centinaia di milioni mentre accumulava spaventose perdite. Com''è accaduto?'

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26 Giugno 2014 - 11.36


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di Claudio Conti.

Se uno vuol capire bene cos”è il governo Renzi, il “sistema
Pd”, il senso comune “contro il pubblico” e altre stronzate di successo
di questi tempi, è bene che guardi a Carlo De Benedetti, proprietario
del gruppo Repubblica-L”Espresso, ovvero il primo caso di
“partito-azienda” in questo paese (proprio così: è arrivato prima di
Berlusconi, anche se ha “vinto” soltanto ora, dopo aver sponsorizzato e
bruciato decine di aspiranti “salvatori della patria”: De Mita, Craxi,
Segni, Rutelli, D”Alema, Veltroni, Bersani, ecc).

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Curiosità: anche lui,
come Sergio Marchionne, ha preferito farsi “naturalizzare” come
cittadino svizzero, chissà perché…

Un esempio solare viene dalla vicenda Sorgenia, società controllata
dalla Cir (finanziaria della famiglia De Benedetti) fino a pochissimo
tempo fa. Quando, cioè, le perdite sono diventate tali da convincere il
boss di Repubblica e tessera n. 1 del Pd a mollare tutto nelle
mani delle banche creditrici. Le quali ora si ritrovano a gestire 1,8
miliardi di “sofferenze” (l”eufemismo con cui definiscono i prestiti che
non rientraranno mai più in cassa) e a dover trovare qualcuno – nessuno
– che acquisti una società ormai valutata zero euro.

Perché è illuminante (al di là delle facili battute sul fatto che
Sorgenia si occupa di forniture elettriche)?

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Perché il comportamento
delle banche è stato paradigmatico: in piena crisi finanziaria, mente
chiudevano i rubinetti del credito sia a piccole e medie imprese che
alle famiglie, mentre chiedevano “rientri” anche di pochi euro a clienti
giudicati “non solidi”… continuavano a prestare centinaia di milioni a
De Benedetti, per una società che non ha mai fatto un euro di guadagno e
accumulava decine di milioni di perdite l”anno. Evidentemente, nella
valutazione sulla solidità delle “garanzie” offerte da Cir, c”era non
soltanto la grande ricchezza della famiglia, ma anche il “peso politico”
da questa esercitato tramite i media e il Pd.

Se tutto fosse limitato o limitabile a questo solo aspetti, potremmo
chiuderla qui e definire De Benedetti un pessimo imprenditore (basterà
ricordare la distruzione della Olivetti, da lui comprata quando era
ancora un”azienda all”avanguardia in campo informatico), con il pallino
della politica.

Purtroppo la sua golden share sul Pd (su Renzi, in questo
momento) e il controllo di un gruppo mediatico che “fa opinione” nella
parte (poco) progressista del paese ci obbliga a mettere a confronto la
“locusta” De Benedetti (la definizione è de IlSole24Ore, girate lì la querela per diffamazione!) con il “fustigatore” De Benedetti.

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Sul suo giornale – “suo” in senso stretto, proprietario – ma anche sul foglio di Confindustria (IlSole24Ore)
si esercita spesso in infuocati editoriali contro la pubblica
amministrazione, l”invasività dello Stato (in toni non molto dissimili
da LIbero o Il Giornale, peraltro), la fannullonaggine
dei lavoratori pubblici (che licenzierebbe tutti volentieri, polizie a
parte), indicando cosa va cambiato in Italia e come. A suo insindacabile
parere.

Ecco, i due ruoli (“locusta” e “moralizzatore”) a noi sembrano
decisamente incompatibili. Qualcosa che trova un paragone calzante solo
con i numerosi “conflitti di interesse” berlusconiani. Ma di questo
maleodorante impasto sembra fatta la classe dirigente italica. Tutta
intera.

*****

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Il disastro Sorgenia, la Cir liquida e la lezione amara per i banchi


di Fabio Pavesi.

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E’ andata alla fine come doveva andare. La disastrata Sorgenia, la
società elettrica del gruppo Cir della famiglia De Benedetti che
detiene, o meglio deteneva il 53% del capitale , passerà a giorni sotto
il controllo delle banche creditrici esposte sulla società per 1,8
miliardi di euro. Sorgenia come business di fatto è fallita.


Le perdite


Non perchè non faccia ricavi, ma perchè continua a macinare perdite.
Ai 196 milioni del 2012 si sono aggiunti i 783 milioni del
2013. Un’emorragia che rischia di non esaurirsi presto. C’è troppa
sovracapacità produttiva e ci sono i legacci dei rigidi
contratti di approvvigionamento che tengono alti i costi. Dopo l’altro
socio, l’austriaca Verbund che aveva portato a zero già mesi addietro il
patrimonio di Sorgenia, anche Cir nell’ultimo bilancio del 2013 ha
azzerato la sua partecipazione. Sorgenia era iscritta ancora nel 2012
nel bilancio Cir per 500 milioni, oggi vale zero. Una debaclè pagata
cara e che ha pesato suoi conti della holding dei De Benedetti che ha
chiuso il 2013 in rosso per 270 milioni, in gran parte provocati dalle
svalutazioni sulla società elettrica. Ora però se la Cir si è svincolata
dalla infelice avventura nel business dell’energia, la patata bollente
rimane in mano alle banche. Che  convertendo i debiti in azioni,
diventano i nuovi soci forti di Sorgenia. Non c’era altra strada, si
dirà.

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La montagna di debiti


Se Sorgenia fosse stata lasciata fallire le banche
avrebbero trasformato in perdite gli 1,8 miliardi concessi negli anni a
Sorgenia. Ora quei soldi sono per ora sofferenze nei bilanci delle
banche. Non ce n’era bisogno in questa fase. La speranza è che le banche
trovino un compratore o finiscano per vendere a pezzi la società per
rientrare dai crediti. Ma per ora al rischio credito si aggiunge il
rischio capitale. Un doppio rischio che rivela tutta la miopia dei
banchieri italiani. Sorgenia infatti non è affondata di colpo. La genesi
del cattivo andamento è da porre già nel 2009, quando i debiti bancari
superavano di 10 volte il margine operativo lordo. La società cominciava
già allora a perdere marginalità. E cosa hanno fatto le banche, in
pieno credit crunch (per tutti gli altri evidentemente)? Non solo non si
sono cautelate chiedendo allora alla famiglia De Benedetti di
riequilbrare con nuovi capitali la società, ma hanno aumentato del 50%
la loro esposizione portando i crediti concessi da 1,3 miliardi a 1,9
miliardi.

La famiglia si defila


E  allo scoppio della crisi finanziaria di fine dell’anno scorso,
quando Sorgenia non ha pagato gli interessi sui debiti, si sono sentiti
dire dalla famiglia che Cir era disposta a mettere non più di 100
milioni per salvare la società, anzichè i 150 milioni chiesti dalle
banche. Un gran rifiuto, segno che per Cir era più comodo e meno oneroso
uscire del tutto dal business, consegnando la rovine alle banche. Del
resto gli analisti finanziari suggerivano nei loro report che per Cir
era meglio lasciar perdere, per evitare nuovi bagni di sangue. E non è
casuale che sulle notizie che neo mesi scorsi davano le banche come
nuovi azionisti il titolo Cir volava verso l’alto. Del resto non ci
vuole un genio per capire che vista la situazione di Sorgenia, ogni
nuovo impegno di capitale aggiuntivo rischiava di venire bruciato.
Meglio lasciar perdere e lasciare il nodo dolente alle banche. L’indizio
della non volontà del gruppo Cir a proseguire nell’avventura sta nei
conti.

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La liquidità in pancia a Cir


I soldi, volendo, cioè i 150 milioni chiesti dalle banche c’erano in
pancia alla Cir. Che a fine 2013 ha visto la sua liquidità disponibile
salire da 33 milioni a 538 milioni. E ironia della sorte, buona parte di
quel cash viene dall’incasso di oltre 300 milioni dalla contesa vinta
sul lodo Mondadori con l’odiata Fininvest di Sivio Berlusconi. Un tocco
beffardo a una storia emblematica sul rapporto tra banche e poteri
forti. Dove il merito di credito e la sana e prudente gestione dello
stesso non si sono viste dalle parti della famiglia De Benedetti. Non si
spiega altrimenti perchè pur con un quadro deteriorato i banchieri
hanno continuato dal 2009 in poi a foraggiare a piene mani Sorgenia,
quando a molti piccoli imprenditori quel credito veniva o revocato o
negato.   Si vedrà più avanti quanto sarà costata ai bilanci delle
banche tanta munificenza ingiustificata.


dal blog su IlSole24Ore online

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Tratto da: http://contropiano.org/politica/item/24873-de-benedetti-fustigatore-del-pubblico-e-bancarottiere-in-privato.

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