‘di Ennio Abate
Bozza:
Punti interrogativi
Scrivere ancora su Gaza.
Pensarci quando la bombardano gli israeliani.
Fare dell’ironia: (ogni tanto).
Come quando una bestia s’inalbera e il contadino la bastona, gli israeliani…
Maledire lo Stato di Israele (ma anche quelli che su esso ci campano).
Maledirlo per come bombarda e come giustifica le sue bombe.
Essere impermeabili alle accuse di antisemitismo e di filo jihadismo
che fioccano appena si apre bocca
su questa lontana orrenda incacrenita faccenda.
Maledire i suoi sostenitori.
E fossero solo gli USA e gli europei.
Maledire o fare del sarcasmo sui pacifisti che sanno solo…
Fare altro sarcasmo sui letterati
girando il coltello nella propria piaga.
Oggi (9 luglio 2014) Massimo Raffaelli
che è serioso ma pur pulito nel linguaggio e stimabile
su «Le parole e le cose»
invaghito o semplicemente per dovere d’ufficio
in occasione della uscita nella Pléiade
«la collana più prestigiosa d’Europa»
delle «Oeuvres» di Philippe Jaccottet
ha scritto che Peter Handke
(di cui i vecchi si ricordano
perché ai tempi della guerra in ex Jugoslavia
difese scandalosamente la Serbia bombardata
anche grazie al governo di D’Alema)
«trattando di quella inimitabile cadenza
[di Jacottet, s’intenda],
parla di una sua “meravigliosa irresolutezzaâ€
ed è, di fatto, la stessa di un poeta
che non si dà altro compito
se non di ascoltare, osservare, infine vedere».
Ascoltare osservare vedere…
Non avendo in mente più nulla
che possa tirarci fuori
(tutti o almeno una parte dei viventi)
da quest’ansa melmosa e puzzolente
in cui la storia (il fiume della…seee!) ci ha ammucchiati e ammutoliti
a me
– vanitosamente, lo ammetto
(e mi rivolgo a voi letterati miei concorrenti)
retoricamente, lo so
(e lo dico a voi critici indisponenti)
disperatamente, lo riconosco
(davanti a voi politici come me morenti)
è venuto di commentare:
«Oh, sì!
Come avremmo bisogno di questi poeti
in Ucraina, in Siria, in Irak
a Gaza (in questo momento!)
al posto di tanti inviati speciali».
Come avremmo bisogno che le nostre orecchie ascoltassero i boati di una bomba.
Come avremmo bisogno che i nostri occhi osservassero le macerie degli edifici.
Come avremmo bisogno di vedere i corpi dei morti e i corpi dei vivi che hanno ordinato quelle morti.
Come noi ordiniamo al salumiere tot grammi di carne sanguinolenta.
Come avremmo bisogno di essere noi
capaci di odiare pensare protestare
e non solo (dopo, sempre dopo) di esclamare: Ahi! Ahi!
[i]Aggiornamento[/i]
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—————————— Ennio AbateÈ nato a Baronissi (Salerno) nel 1941. Vive a Cologno Monzese (Milano) ed ha insegnato nelle scuole superiori. Ha pubblicato cinque raccolte di poesia: Salernitudine (Ripostes, Salerno 2003), Prof Samizdat (E-book Edizioni Biagio Cepollaro 2006), Donne seni petrosi (Fare Poesia 2010), Immigratorio (CFR 2011), La polìs che non c’è (CFR 2013). Ha anche tradotto dal francese, curato dei manuali scolastici sulla Commedia di Dante e con Pietro Cataldi ed altri è coautore di DI FRONTE ALLA STORIA (Palumbo 2009). Suoi testi di poesia, disegni, saggi e interventi critici sono apparsi su varie riviste (Allegoria, Hortus Musicus, Inoltre, Il Monte Analogo, La ginestra).
Dal 2006 al 2012, all’interno delle iniziative della Casa della Poesia di Milano ha condotto il Laboratorio MOLTINPOESIA e cura i blog [url”Immigratorio”]http://immigratorio.wordpress.com/[/url] e [url”Narratorio grafico”]http://narratoriografico.wordpress.com/[/url]. È redattore della rivista di ricerca e cultura critica [url”Poliscritture”]http://www.poliscritture.it/[/url].
[url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it[/url]‘