Mene, Tekel, Peres: quattro parole a Israele dal Libro di Daniele

Da Teheran, una riflessione politico-religiosa in chiave profetica su un episodio narrato nel Libro di Daniele, quasi parlasse delle vicende odierne in Palestina

Mene, Tekel, Peres: quattro parole a Israele dal Libro di Daniele
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18 Novembre 2014 - 06.43


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di Davood Abbasi.

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TEHERAN – Mentre durante una serata persiana ascoltavo la lettura del libro di Daniele (un profeta che
per ironia della sorte la tradizione vuole sepolto proprio in Iran, a
Susa) mi colpì una parte della narrazione, quella della mano che dal
nulla apparve all’improvviso alla corte del re babilonese
Baldassarre e scrisse tre parole solenni. Nel ripensare
all”impressione di quell”enigma, chissà perché, mi ricordo un
dramma del mondo di oggi: la Palestina.

Cosa scrisse quella mano che si
materializzò subitanea sopra la parete della sala?

«Mene,
Tekel, Peres»
(Contati,
Pesati, Divisi
). Tre parole in aramaico antico che suoneranno
familiari pure a chi parla l”ebraico moderno e perciò saranno probabilmente
intese anche dal regime di Tel Aviv.

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Così le interpretò Daniele: “MENE:
Dio ha contato i giorni del tuo regno, e vi ha posto termine. TEKEL:
tu sei stato posto sulla bilancia, e sei stato trovato di scarso
peso. PERES, il tuo regno è stato diviso, e sarà dato ai Medi ed ai
Persiani”.

Tutto ciò avvenne dopo che il re di
Babilonia aveva commesso un sacrilegio contro il tempio di
Gerusalemme, oltre a tutti gli altri soprusi fatti ai figli di
Israele.

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Nel ripensare a questa storia mi
domando:

1) Israele non commette quasi
giornalmente sacrilegi quando incita i coloni a irrompere nella moschea
Al-Aqsa di Gerusalemme?

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2) Israele, come Nabucodonossor e
Baldassarre, non ha praticamente messo in prigione un intero popolo,
quello palestinese?

3) “La mano” di Dio si mette in
moto solo quando la parte lesa sono gli israeliani?

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Eh no!

Dio non è come i media occidentali che
martedì parlano di un attentato ad opera dei palestinesi, ma
rinunciano a dire che il giorno prima, il giorno prima ancora, e per
tanti giorni prima, erano stati gli israeliani ad uccidere.

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Com’è che quando un soldato sionista
riporta una ferita è Obama in persona a condannare, ma quando
Israele uccide duemila civili a Gaza la condanna arriva al massimo da
un vice-segretario dell’Onu?

Le regole del Divino non sono
discriminatorie e sono immutabili.

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Chi uccide, umilia e perseguita gli
altri popoli ha i giorni contati e ciò che ha verrà ereditato da
altri, più meritevoli.

Dopo 60 anni di occupazione di terre
altrui, massacri, genocidi, attacchi e le peggiori persecuzioni, oggi
più che mai pare chiaro che Israele si sia autocondannato a
scomparire.

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Una scomparsa che il defunto fondatore
della rivoluzione islamica dell’Iran, l’Imam Khomeini, ha
previsto e che pare più che chiara.

Certo, gli analisti politici potrebbero
criticare la nostra previsione facendo notare la strapotenza dei
sionisti a confronto con i palestinesi, il sostegno occidentale a Tel
Aviv e tante altre cose.

Mi chiedo io, non era forte anche il re
di Babilonia? Arrivò un certo Ciro a sconfiggerlo e a liberare la
povera gente che era stata imprigionata.

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Lo Stato di Israele verrà sconfitto e sarà la sua
stessa ingiustizia e le sue scelte disumane a motivare la fine dei suoi
giorni.

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