Le stime del Fondo Monetario Internazionale circa la crescita delle diverse potenze economiche mondiali si sono rivelate leggermente più ottimiste di quanto poi, invece, si è avverato. Ormai il quadro internazionale economico appare sempre più chiaro, ed è palese la disparità tra i diversi Paesi: se gli U.S.A. dimostrano una crescita del 2,2%, perdendo uno 0,6% dalle proiezioni a causa del vortice di aria gelida polare che ha stazionato, per quasi un trimestre, sul Paese, il Giappone aumenta la propria ricchezza del 1,5%, dimostrando, ormai, che la potenza economica dell’area asiatica non è più il Sol Levante, comunque sempre più in salute dell’Europa, ma il Dragone Rosso.
Infatti, la Cina si rivela come l’economia più solida, più dinamica e, soprattutto, più in crescita degli ultimi anni. Inutile ripeterlo, ha tutte le carte in regola per primeggiare sulle altre economie (ovviamente, con i suoi lati negativi): un territorio vastissimo ricco di risorse naturali (per esempio carbone, legname e acqua), corposi investimenti nella tecnologia e nell’ottimizzazione energetica, una forza lavoro composta da 1,35 miliardi di abitanti, che formano mano d’opera a basso costo che ha attirato anche molte imprese occidentali delocalizzantesi negli ultimi anni, una forte spinta verso il miglioramento infrastrutturale e, non meno importante, la mancanza dei più fondamentali diritti per i lavoratori, il che permette alle imprese di far lavorare con efficienza spendendo poco.
Come se non bastasse, la Cina è ricchissima anche di storia e di arte, attirando milioni di turisti ogni anno. Non soddisfatta, presenta una burocrazia semplice e scarna per incoraggiare la nascita di nuove imprese: bastano cinque giorni e la compilazione di un solo modulo per aprire una nuova impresa, che per i primi due anni non pagherà tasse.
La bandiera nera per le peggiori performance va all’Europa, che si limita a rosicchiare ogni singolo punto percentuale (o frazione di esso), arrancando con il fiatone ad ogni nuovo cambiamento nello scacchiere globale. Angela Merkel, la cancelliera tedesca ormai tanto amata dagli italiani, ribadisce l’insufficienza delle riforme economiche di Francia e Italia.
Le previsioni del Fmi sono più o meno sempre le stesse, meno dell’1% di crescita, la quale risulterà lenta e spalmata negli anni. Il Belpaese tornerà a crescere nel 2015 dello 0,6%, accontentandosi di una contrazione dello 0,2% durante il 2014. A completare il bel quadro c’è la solita disoccupazione al 12,6% e il famoso e inimitabile debito pubblico al 136,7% del PIL. Meglio del Tricolore fanno Spagna e Grecia (rispettivamente +1,3% e +0,6%).
Comunque sia, l’Occidente impallidisce dinanzi alla vertiginosa crescita cinese che, anzi, è vista come “insufficiente†dalla stessa Cina, che punta sempre più in alto. Infatti, non si limita solo a una cieca crescita economica, ma inizia a guardare anche alla valorizzazione delle proprie risorse storiche, culturali e naturali. Non a caso, per fare un esempio, in moltissime scuole, il “Caoshuâ€, lo stile calligrafico più diffuso nel Paese, non è andato perso e, anzi, viene conservato e protetto grazie al divieto dell’uso di penne biro o stilografiche e all’â€imposizione†dell’uso del tradizionale pennello, il “maobiâ€.
La Cina inizia a correre con consapevolezza, tutto il contrario di un Occidente perso, senza più un punto di riferimento culturale, sballottato a destra e a manca dall’economia impazzita dell’alta finanza e concentrato ad elemosinare ogni singolo, benedettissimo, punto percentuale di crescita, senza farlo con consapevolezza, senza salvaguardare le proprie ricchezze culturali e depauperando le proprie risorse naturali. Appare chiaro che per crescere non basta sfruttare i lavoratori (cosa che qui da noi, in parte, già si fa) e non è sufficiente distruggere foreste, esaurire pozzi e provocare disastri ambientali: bisogna assumere una consapevolezza che la Cina sta iniziando ad avere.
(8 dicembre 2014) [url”Link articolo”]http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/la-cina-e-matura-loccidente-no/[/url] [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it[/url]