Polonia e Turchia, opposti estremismi, stesso dispotismo

Varsavia: riforma della Consulta, rischio democrazia. In Turchia Erdoğan minaccia la Corte costituzionale che cancella arresti di giornalisti. [E.Remondino]

Polonia e Turchia, opposti estremismi, stesso dispotismo
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13 Marzo 2016 - 19.09


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di Ennio Remondino.



Il Consiglio d’Europa bacchetta la Polonia: riforma della Consulta mette a rischio la democrazia. In Turchia l’incontenibile Erdoğan minaccia la Corte costituzionale che cancella i suoi ordini di cattura contro i giornalisti critici. La destra cattolica bacchettona e xenofoba polacca e il partito islamista e conservatore di Ankara, opposti estremismi dello stesso dispotismo.

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POLONIA

Messaggio dell”Unione europea all’ultra-conservatore governo polacco, xenofobo e antisemita: Â«Rendere inefficace la Corte Costituzionale mette a rischio la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto in Polonia». È quello che scrive nella nota ufficiale la Commissione di Venezia, l’organo consultivo del Consiglio d’Europa composto da esperti internazionali, riunita sul caso polacco. La legge condannata dalla Commissione prevede che il governo – guidato dalla forza di destra Diritto e giustizia – possa modificare e «controllare» la Consulta e così renderla meno autonoma.

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Logica costituzionale e diritto rovesciati. Mercoledì scorso la Corte costituzionale polacca aveva emesso una sentenza che definiva incostituzionali le riforme della maggioranza, che di fatto avrebbero paralizzato la Consulta. Ma il premier Beata Szydlo -creatura del vero leader Lech Kaczyński- aveva affermato di non riconoscere la sentenza e si era opposta alla pubblicazione della sentenza con cui gli alti togati avevano bocciato la sua riforma, innescando pesanti proteste, con l’opposizione che parla di rischio della crisi grave per il Paese e di «colpo di stato costituzionale».

«La pubblicazione della sentenza e il suo rispetto da parte delle autorità sono una precondizione per trovare una via d’uscita dalla crisi costituzionale» scrivono i giuristi di Venezia. La Commissione europea ha preso nota della sentenza della Corte Costituzionale polacca, della successiva decisione del governo di non pubblicarla e «riesaminerà la questione» del rispetto dello stato di diritto in Polonia «dopo Pasqua sulla base di tutte le informazioni disponibili e del dialogo in corso» con le autorità polacche, ma vale l’opinione espressa dalla Commissione di Venezia.


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TURCHIA

Il presidente turco Erdoğan, aspirante al potere assoluto, ha minacciato la Corte costituzionale turca.
L’autoritario esponente politico non ha gradito la decisione della Corte di dichiarare illegittimo l’arresto di due giornalisti e di ordinarne il rilascio. Il redattore capo del quotidiano di opposizione vicino “Cumhuriyet”, Can Dündar, e il capo della redazione di Ankara, Erdem Gül, erano stati rilasciato alla fine di febbraio. La loro ‘colpa’, aver documentato lo scorso anno come il servizio segreto turco aveva contribuito alla fornitura di armi alla Siria. E i due giornalisti erano stati arrestati.

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Erdoğan aveva accusato il giornale e i due responsabili poi finiti in galera, di danneggiare la reputazione internazionale della Turchia. E far rilasciare i due giornalisti critici nei confronti del governo -la decisione della Corte costituzionale- diventava un attacco diretto alla Turchia e alla sua gente. Una visione molto personalizzata della dignità nazionale turca quella portata aventi ormai da tempo da Erdoğan che sta ora cercando la maggioranza qualificata per trasformare la Turchia in una Repubblica presidenziale. L’attacco alla Corte costituzionale come parte di una strategia politica.

E nello stile aggressivo che gli è proprio, durante una manifestazione nella città di Burdur, ha affermato che “La decisione del tribunale è stata una decisione contro la Turchia e la sua gente”. E il ripetersi di tali cose -le sentenze contro le decisioni del governo dell’organo terzo a di controllo che è la Corte Costituzionale- sarebbe “Sfidare la legittimità e l’esistenza della corte”, ha avvertito. Follia giuridica oltre che politica. Va ricordato che nonostante il loro rilascio, i due giornalisti rischiano ancora l’ergastolo per violazione della sicurezza dello Stato. Processo il 25 marzo.

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