Non è una generazione persa, è una generazione sgomberata

La domanda è: la generazione messa in ginocchio a Genova quando si rialzerà per comporre la propria Blue Monday? [Ilaria Lucaroni]

Non è una generazione persa, è una generazione sgomberata
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25 Aprile 2016 - 07.26


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di Ilaria Lucaroni

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Improvvisamente una mattina ci si accorge che, a forza di togliere diritti,
prospettive di vita e mantenere una scala sociale pressoché immobile, visto
che i “figli di” perduti non lo saranno mai mentre gli altri, fuori dai network di conoscenze e amicizie, a fatica riusciranno a farsi strada, stai smantellando
le gambe che dovrebbero sorreggere te un domani.

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Però ci sono una serie di errori sul come la “storia” viene oggi presentata da
voci come Draghi e Boeri (che può ergersi a paladino della giustizia ma è in
tutti noi quel brivido di paura quando ti arriva la raccomandata Inps), questo
perchè si guarda al risultato dimenticando tutti gli errori fatti nel processo, e dove tutti sono responsabili.

Anzitutto la difficoltà di uniformare in una rappresentanza una generazione
così variegata, non più collegata a categorie lavorative definite, categorie
miste a livello di titolo di studio, operaio e professionista scontano spesso le
stesse preoccupazioni per il domani, miste per fasce di età, condizioni e
provenienze geografiche. Insomma un maremagnum dove puoi pescare tra le
più variegate forme e situazioni. Il divide et impera, sembrerebbe. Ma in
realtà è il punto di forza, non più chiusa in definizioni di vita, percorsi già
stabiliti, la massa informe ha preso forma nel rivendicare diritti che sono
diventati sempre più universali, non più il diritto alle ferie ma ad una vita
dignitosa in città vivibili.

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Il vostro stra-produrre per lo stra-consumo non ci interessa, piuttosto si lotta per spazi comuni di socialità, linguaggi diversi, unione e mutualismo contro lo sfruttamento mentale, fisico e di genere. E quindi ecco sbocciare le economie di supporto, basate sullo sharing, sul banale “parlarsi” per vedere cosa si ha da offrire e da ricevere, piattaforme start up che cercano di mappare monadi spesso isolate nel caos dell”universo capitalista, biciclette audaci che sfidano il flusso violento ed isterico della città sommersa nella sua fretta di arrivare chissà dove… “guarda che a quest”ora ”e banche sò chiuseee” urla l”anziano romano seduto al bar prendendo in giro enormi Suv che sfrecciano tra i grand canyon della Tiburtina. E ancora la ricerca di mangiare cibi non contaminati e aiutare i piccoli produttori che vogliono ancora bene alla loro (T)erra, entrare nelle piccole librerie indipendenti e resistenti, sentirsi alienato nei mostri dei centri commerciali che ti ubriacano di luci, pessima musica e odori di fritto.

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Eppure la solidarietà e la battaglia non si è ricevuta da nessuna parte. Non
dimentichiamo l”eterna lotta per il reddito di cittadinanza contro la sinistra e i sindacati “perchè il reddito minimo deve essere legato al lavoro!!” Si, ok, ma se io da contratto lavoro ad intermittenza ma in realtà, anche negli altri
momenti del lavoro destrutturato nella società liquida, non è che sto con le
mani in mano, magari mi aggiorno, continuo a studiare, preparo progetti da
sottoporre ad eterne commissioni di valutazioni, altro che l”uomo postmoderno,
siamo l”homo valutato da eterne commissioni. Tu come me lo riconosci quel periodo di lavoro? la presa in giro del sussidio di disoccupazione? Bollati come oziosi che vogliono il reddito senza lavorare…sic!

Gli spazi occupati in una città come Roma, per fare un esempio, dove tra i
manifesti elettorali che si vedono in questo periodo mi stupisco non si candidi
Godzilla, sotto l”ascia implacabile del riordino della figura mitologica del
commissario Tronca, sale cinematografiche e piccoli teatri che cercano di
resistere in nome della cultura non ministerializzata, palestre popolari, piccole librerie indipendenti spazi di animazione cittadina, niente, serve a poco, prima o poi arriverà l”avviso di sgombero, è pur vero che poi si rioccupa, ma mai una volta che si possa stare tranquilli e poter progettare su lunghe scadenze.

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Qualche tempo fa sono stata ad una presentazione di un libro dal titolo
“Happy Diaz – la formazione musicale di una generazione che è stata
ammazzata di botte”, di Massimo Palma. Un libro non troppo corposo, una
meravigliosa copertina che incrocia il volto di Carlo Giuliani con i Joy Division, senza pretese di risolvere enigmi capitalisti del post moderno dando risposte universali come spesso si legge in giro, però afferma una verità che per la prima volta, forse, riesce davvero ad identificare una generazione. La
generazione picchiata a Genova che ascoltava i Blue Monday in cuffia.

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Perchè nei tragici e vergognosi eventi di Genova si è dimenticato di
raccontare un particolare: che quella settimana una pulsione di vita si riuniva
giorno per giorno per offrire risposte ad un mondo dai toni sempre più grigi,
dove si parlava di economia, ambiente, cultura, beni comuni, nuovi modi di
concepire lo stare insieme in comunità. La risposta del potere costituito non
poteva essere più eloquente.

Cosa c”entrano i New Order del Blue Monday? L”autore porta avanti un ragionamento ben chiaro: i New Order, gruppo nato dalle ceneri del suicido del giovanissimo e carismatico Ian Curtis, post-punk per eccellenza, hanno il coraggio di rialzarsi e tirano fuori un pezzo come Blue Monday, ritmato, coinvolgente, danzabile, anticipando la disco che arriverà poco dopo e invaderà gli anni 80. La domanda è: la generazione messa in ginocchio a Genova quando si rialzerà per comporre la propria Blue Monday?

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Il ritornello è già in testa, le forme innovative di autorganizzarsi lo dimostrano, basta soltanto non sgombrarle o piegarle, con la forza e la burocrazia, strumenti da sempre cari al potere, perchè se c”è una cosa certa di questa generazione perduta è che non sarà la vostra maniera di fare politica a
recuperarla.

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…tu tu tu tu tu tu….

…how does it feel…

…to treat me like you do it…

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…When you”ve laid your hands upon me…

…And told me who you are… (25 aprile 2015)

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