'I sacrifici per entrare nell''euro, per restarci e per uscirne'

Le farneticazioni di Draghi contengono un messaggio recondito: la vita dell’euro dovrà perpetuarsi oltre la sua morte, con ulteriori sacrifici per tutti

'I sacrifici per entrare nell''euro, per restarci e per uscirne'
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9 Febbraio 2017 - 19.45


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di Comidad

 

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La cronaca “europea” della scorsa settimana è stata segnata dalle
dichiarazioni, poi parzialmente rimangiate, del cancelliere tedesco
Angela Merkel su una “Europa a due velocità”
da formalizzare già al prossimo vertice di Roma. I media hanno
sbrigativamente tradotto le posizioni della Merkel con l’ossimoro di una
“doppia moneta unica”, una per i Paesi del nord ed un’altra per i Paesi
del sud. Non sono mancati i consueti commenti circa l’influenza della
campagna elettorale in Germania su questa presa di distanze della Merkel
dalla consueta dogmatica dell’Unione Europea.

In realtà i Tedeschi sono scontenti dell’UE perché gli è stato fatto
credere che il crollo dei loro redditi sia causato dalla necessità di
sacrificarsi per soccorrere i cosiddetti PIIGS. Dato che così non è,
alla Merkel basterebbe consentire un aumento dei salari in Germania per
fare tutti contenti, all’interno come all’esterno. Un aumento della
domanda in Germania stimolerebbe l’economia dei Paesi UE più in
difficoltà ed il contestuale aumento del costo del lavoro nella stessa
Germania renderebbe le merci tedesche un po’ meno competitive,
diminuendo così il destabilizzante surplus commerciale tedesco.

Ma ciò non accadrà, poiché l’UE non era affatto nata per favorire
l’integrazione economica dell’Europa. Gli interessi erano soltanto
finanziari e militari. La deflazione causata dall’euro rende più forti i
creditori nei confronti dei debitori, e quindi va a favore delle
multinazionali finanziarie. Gli USA sono stati determinanti nella
nascita dell’euro e nella sua conservazione, poiché l’euro consente di
compattare in funzione anti-russa paesi che, come l’Italia, rischiavano
di farsi risucchiare economicamente nell’orbita della Russia. Sino a
qualche anno fa gli USA erano disposti a pagare il prezzo salato che
l’euro comportava in termini di depressione dell’economia mondiale. Pare
che non siano più disposti oggi, dato che le merci tedesche hanno
invaso il mercato statunitense a causa della sottovalutazione dell’euro
rispetto all’effettivo potenziale dell’economia della Germania.
D”altro canto il presunto “disimpegno” americano in Europa potrebbe
davvero cambiare qualcosa? E” vero che gli USA non sono riusciti a
mettere Putin all”angolo, che i costi dei loro impegni militari sono
mostruosi, ma sembra esserci la necessità di una riorganizzazione della
gerarchia internazionale senza la quale il “protezionismo coloniale”
avrebbe qualche difficoltà. Senza una ostentazione di forza militare da
parte degli USA, altri paesi potrebbero rispondere a loro volta col
protezionismo. Certo è che l’UE e l’euro sarebbero travolti non tanto
dai dazi ma da una svalutazione del dollaro che, per ora, non è
arrivata. 

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Non sarebbe comunque la prima volta che gli USA distruggono ciò che essi
stessi hanno creato perché non gli fa più comodo. Nel 1919 il
presidente USA, Woodrow Wilson, impose la nascita della Jugoslavia per
impedire all’Italia il controllo del Mare Adriatico. Per sostenere la
sua posizione Wilson non esitò ad accusare l’Italia di imperialismo (per
la serie del bue che dice cornuto all’asino). La stessa Jugoslavia
negli anni ‘90 è stata poi distrutta dagli USA in concerto con la
Germania e, grazie ad una notevole manipolazione mediatica, anche le
“sinistre radicali” furono indotte a plaudire al “risveglio etnico” che
dissolveva stati che erano apparsi prima inamovibili. 

Pur collocata dagli USA sul maggiore scranno della UE, la Germania non
ha mai mostrato di credere realmente in questa costruzione. Nel 2003
tramontava l’illusione del governo francese di poter usare l’euro per
acquistare direttamente materie prime sui mercati internazionali, poiché
l’invasione USA dell’Iraq servì appunto a punire Saddam Hussein per il
fatto che vendeva petrolio in cambio di euro invece che di dollari.
Nello stesso 2003 il governo tedesco lanciò il piano Hartz per ridurre i
salari in Germania. Il governo tedesco non si accontentava quindi del
vantaggio che l’euro consentiva alle merci tedesche, ma apriva
addirittura una corsa a comprimere il costo del lavoro in modo da
accumulare il maggior surplus commerciale possibile. 

Ciò indica che i governi tedeschi non hanno mai creduto alla
sopravvivenza dell’UE e dell’euro; e che l’UE e l’euro, nati come armi
da guerra contro la Russia, venivano usati dalla Germania anche per
deindustrializzare il suo principale concorrente commerciale, cioè
l’Italia, non a caso bersaglio preferito della Commissione Europea. La
Germania non deve neanche affannarsi più di tanto per raggiungere il suo
scopo, poiché ci pensa la lobby dello spread. La moneta “unica” è
infatti un inganno. La moneta è composta di banconote e di debito
pubblico, cioè di titoli del Tesoro: nel caso dell’euro le banconote
sono controllate dalla Banca Centrale Europea, mentre i titoli del
Tesoro sono ancora emessi dagli Stati, che però pagano interessi
diversi. In questa tenaglia è stata stritolata la Grecia e si può
stritolare l’Italia.

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Risulta quindi fuori luogo la sorpresa suscitata dalla minaccia della
Commissione Europea di mettere l’Italia in procedura d’infrazione per il
famoso “zero virgola due”. La Brexit e CialTrump non hanno per niente
indotto Juncker e colleghi a maggiore prudenza e buonsenso poiché la
Commissione Europea, e l’apparato che la supporta, non si pongono
affatto problemi di sopravvivenza dell’UE, ma ragionano esclusivamente
in base agli interessi della lobby dello spread, cioè la lobby di
finanzieri internazionali che esige alti interessi sul debito pubblico
da Paesi che sono ancora in grado di pagarli, come l’Italia.
L’Unione Europea è un allevamento di lobbisti e costituisce il paradiso delle porte girevoli
tra cariche pubbliche e carriere nel privato, ed il tutto è
rigorosamente documentato da tempo, con dovizia di dettagli. La porta
girevole che ha portato l’ex presidente della Commissione Europea,
Manuel Barroso, alla dirigenza di Goldman Sachs dovrebbe costituire una
preoccupazione urgente per tutti gli “europeisti”, i quali insistono
invece a distrarci con voli pindarici. Ma gli europeisti non esistono, i
lobbisti invece esistono, eccome. La delegittimazione delle istituzioni
europee è tale che oggi la vera domanda che tutti si pongono è in quali
multinazionali finanziarie concluderanno felicemente la loro carriera
gli autori della lettera dello “zero virgola due”, Juncker e Moscovici. 

A proposito di lobbisti mascherati, ci si è chiesti da più parti come si
collochi l’ultima sortita del Super-Buffone di Francoforte in questo
contesto di sfaldamento dell’UE. Mario Draghi farnetica di trecentoquaranta miliardi di euro
di tangente da versare per permettere all’Italia di uscire dall’euro,
quando ormai sarebbe evidente che è l’euro che sta uscendo dall’Europa.

La farneticazione del presidente della BCE contiene comunque un
messaggio recondito, e cioè che la vita dell’euro dovrà perpetuarsi
oltre la sua morte, con una scia di ulteriori sacrifici da imporre a
lavoratori e risparmiatori.

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La risposta immediata a Draghi dovrebbe essere quella di sottrarre il
debito pubblico ai cosiddetti “mercati” (cioè la lobby dello spread) per
usare i titoli del Tesoro solo all’interno, per effettuare i pagamenti
della Pubblica Amministrazione e per mettere al sicuro il risparmio
delle famiglie. Si tratta di una vecchia proposta, ripresa qualche
giorno fa – non si sa quanto seriamente – anche dalla Lega. A rendere
improbabile una tale misura di autonomia finanziaria non sono soltanto
gli enormi rischi personali di chi dovrebbe adottarla, ma anche il fatto
che lo spread e l’austerità si avvalgono di una lobby interna, tutta
italiana, che lucra sugli alti interessi del debito pubblico, sul
credito al consumo (e sul relativo recupero crediti), sul caporalato
istituzionalizzato, sulle privatizzazioni e sull’intermediazione per la
svendita all’estero dei patrimoni immobiliari. 

 

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