Il Sovranismo? È un grande mosaico

Sottrarsi dalla morsa dei Trattati internazionali e reagire alla guerra di aggressione economica, politica e finanziaria nei confronti dell'Italia. Non è solo questione di Euro e di UE [Glauco Benigni]

Il Sovranismo? È un grande mosaico
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24 Dicembre 2017 - 16.39


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di Glauco Benigni.

 

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Premesso che sono d’accordo con coloro i quali sostengono che i Trattati di Maastricht e di Lisbona contengono i presupposti per una guerra di aggressione economica, politica e finanziaria nei confronti dell’Italia, vorrei in questa sede cominciare ad affrontare un dibattito che appare frantumato a causa di posizioni un po’ “miopi”.

L’oggetto del dibattito è il Sovranismo.

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Con tale definizione (talvolta ai confini con il nazionalismo e il protezionismo) si esprime il punto di approdo verso il quale si orienta l’attività e la volontà di molti, al fine di sottrarsi dalla morsa dei Trattati internazionali e di reagire alla suddetta guerra di aggressione. Tale volontà è quella rinvenibile in un vasto arcipelago di gruppi che si stanno configurando quali nuovi “Comitati di Liberazione Nazionale”.

Nel corso degli ultimi tempi però il Sovranismo si è espresso ed è stato declinato prevalentemente nei confronti dell’Euro (contro l’Euro) e nei confronti della permanenza dell’Italia all’interno dell’Unione Europea (usciamo?). Questa visione, in apparenza, ragionevole e inoppugnabile per alcuni, si sta rivelando però limitata, rigida e ristretta e sta creando molti problemi di comprensione, e quindi di collaborazione, anche tra gruppi e individui che: muovono dalla stessa analisi, hanno le stesse aspettative ma in sostanza non riescono ad agire insieme e unitariamente. Questo limite va superato.

Attualmente, per affrontare le questioni menzionate ci sarebbe bisogno che una forza politica indicesse uno o due referendum. Le forze politiche che potrebbero farlo “giocano” però su questa eventualità e la sbandierano strumentalmente per fini elettorali o peggio per farsi accettare e sostenere dai poteri internazionali manovrando grazie ad azioni stop and go.

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È evidente che, visto lo stato di precarietà della nostra nazione, la richiesta secca di esprimersi su tali temi a mezzo di referendum crea delle condizioni di rischio molto alte, fino a dipingere la scena con fosche tinte di inevitabile tragedia: una spaccatura da guerra civile latente.

Se usciamo dall’Euro – si sente dire nei bar e nella metro e si legge in rete e sui giornali – il nostro debito pubblico, da ripagare in chissà quale futura moneta, aumenterebbe a causa di un concambio molto sfavorevole; la nostra monetina sarebbe sballottolata qui e là; perderemmo anche quella minima rappresentanza che in qualche modo stiamo mantenendo nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, non potremmo più andare in vacanza all’estero; ecc… Sono argomentazioni paralizzanti e non basta ribattere che si potrebbe tornare a “stampare denaro”, che il nostro commercio con l’estero sarebbe agevolato e che aumenterebbe il flusso dei turisti.

Se usciamo dall’Unione Europea, finiamo nel cono d’ombra della geopolitica, saremmo stritolati dai grandi blocchi già esistenti e «ma guarda la Gran Bretagna», e «noi non siamo nemmeno l’ombra della Gran Bretagna», e «se si rifacesse quel referendum l’esito sarebbe ben diverso», ecc…

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La situazione quindi è in stallo. Già da molto tempo. Lo stallo fa comodo solo ai nostri invasori. E alcune delle menti migliori, invece di collaborare, si dividono e si inondano le une con le altre di parole e scritti.

In attesa di qualche miracolo elettorale ognuno apre una propria pagina Facebook e/o un proprio canale Youtube per affermare unilateralmente la propria visione, infilandosi fra l’altro sempre più nel labirinto del controllo digitale sovrannazionale, esponendosi alla censura esercitata dai padroni dei social network e sopravvivendo, in assenza di garanzie relative alla libertà di diffusione, grazie ad un volontariato estenuante.

Io credo che invece di scontrarsi frontalmente su due temi macroscopici, che probabilmente dividono l’Italia al 50%, occorra smontare il giocattolo. Bisogna smontare l’idea generale di Sovranismo e analizzarla nelle sue componenti fondamentali, che sono molte di più delle due citate.

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È evidente che una nazione sovrana dovrebbe avere ampie facoltà di controllare l’emissione e il concambio della propria valuta.

È evidente che le norme espresse dai molti poteri, privi di mandato popolare che agiscono all’interno dell’Unione Europea, dovrebbero essere concepite, discusse ed entrare in vigore solo nel rispetto degli interessi delle nazioni che hanno aderito all’Unione.

È evidente che bisognerebbe cambiare la UE e ridiscutere i Trattati prima di uscirne unilateralmente.

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Nel frattempo però che si fa rispetto ad argomenti molto importanti che compongono il mosaico della perdita/riacquisto di Sovranità?

Elenco alcune sudditanze che andrebbero contrastate e interrotte:

– le scorribande delle agenzie di rating internazionali che si arrogano la facoltà di stendere pagelle sull’ economia nazionale e finanche sulle poche aziende strategiche italiane quotate in Borsa. Ma chi mai gliel’ha conferità tale facoltà? Perchè non se ne parla e si continua a subire e a rimetterci miliardi ad ogni downgrade?

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– la nostra appartenenza alla NATO e la nostra auspicabile neutralità. Perchè dobbiamo ospitare testate atomiche nonostante la nostra sottoscrizione degli accordi di non proliferazione? Perchè dobbiamo spendere in armamenti di seconda mano che ci espongono a rappresaglie da parte di Stati che non sono “nostri nemici”, ma nemici di alcuni dei nostri partner NATO? Senza dubbio con alcuni di questi “nemici” ci converrebbe aumentare gli scambi economici piuttosto che digrignare i denti a comando. E poi… quante altre guerre dovremmo ipotizzare? Quanto fango dovremmo ancora gettare sui principi della nostra Costituzione? Art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

– la revisione strutturale del Debito Pubblico. È sempre più palese che siamo in presenza di una truffa. Una truffa politica epocale architettata con il placet di alcuni nostri governanti del passato e del presente. Che si chiamino in giudizio coloro i quali incautamente hanno sottoscritto tale truffa. È sempre più evidente che la truffa è anche contabile, che l’elenco dei debiti è gonfiato, è stilato impropriamente. Il Debito Pubblico è la nostra catena più grande, il maggior ostacolo alla ricerca di una nuova sovranità.

– il rinnovato controllo della finanza attraverso, se non altro, la riacquisizione di Piazza Affari. Il “nostro” centro operativo per le transazioni finanziarie è posseduto (la definiscono “fusione”) dal London Stock Exchange. Che possiamo aspettarci? Le nostre authorities di controllo sono superviste da soggetti del sistema bancario non italiano. Il nostro oro è sparito! Non se ne parla più. Il valore dello spread è orchestrato all’abbisogna nel mercato secondario di Londra dalle maggiori banche internazionali.

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– il controllo da parte di un’Autorità nazionale sul costo degli spazi pubblicitari. La compravendita di spazi pubblicitari non è semplicemente un “negoziato tra privati” come vorrebbero farci credere, è l’elemento strategico fondamentale da cui derivano il 70% delle risorse del sistema mediatico nazionale. Quindi: è la spina dorsale dell’indipendenza degli editori e di chiunque produca comunicazione in rete (User-Generated Content, in sigla UGC, ossia contenuto generato dagli utenti). È il veicolo prioritario per l’orientamento degli stili di vita. Che me ne faccio di una moneta nazionale sovrana se la popolazione, ipnotizzata dalla pubblicità, vuole continuare a comprare merci e servizi non italiani, superflui e inquinanti?

– la nazionalizzazione della Cassa Depositi e Prestiti intesa quale centro di investimenti per opere pubbliche. Che sovranità c’è se lo Stato non ha facoltà di decidere di sostenere il mercato interno?

– l’imposizione di imposte adeguate ad ogni soggetto multinazionale che opera in Italia eventualmente mascherato dalle sue sezioni Irlanda o Lussemburgo o Delaware. Bisognerebbe far pagare le tasse sui fatturati lordi generati in Italia e non sui profitti (dichiarati) che si ottengono sottraendo ai fatturati costi non verificabili.

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– il controllo sull’e-commerce. Qui siamo veramente alla totale rinuncia alla sovranità. Esistono pochissimi progetti per costruire importanti centrali di e-commerce italiano. Tra questi quello della Yoox, che è anche sostenuto dall’Istituto del Commercio Estero, ma la sua espansione soffre perchè “dipende dai ratings delle agenzie internazionali”. Gli italiani stanno aumentando inverosimilmente i loro acquisti in rete, effettuati soprattutto grazie a carte di credito non italiane, in market places non italiani (uno per tutti Amazon), supervisti dal garante planetario PayPal… ogni anno decine di miliardi di euro italiani finiscono nelle casse di aziende non italiane… mentre i nostri competitors locali non ottengono alcun sostegno per “competere” e chiudono tragicamente (qui l’avverbio vale) uno dopo l’altro. Che me ne faccio della moneta sovrana se la devo usare per comprare in rete merci non italiane?

– il turismo… l’80% degli accordi sottoscritti in rete per affittare stanze e letti italiani, non solo da turisti stranieri ma anche dagli stessi connazionali, è organizzato e supervisto da società non italiane (Airbnb, Trivago, Booking), soggetti che sottraggono ampie percentuali da ogni transazione e che secondo un recente articolo non assicurano neanche il buon fine. Come se non bastasse, non si capisce ancora se vogliono pagare le tasse.

L’elenco dei pezzi del Mosaico della Sovranità sarebbe ancora molto lungo.

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– non parliamo della egemonia di Google che condiziona ormai ogni aspetto della Cultura; non parliamo del comportamento di Ryan Air dopo la cessione di Alitalia, né dell’assenza di grandi società telefoniche italiane (Telecom è in mano francese ormai), nè del posizionamento in progress in ogni regione delle grandi catene di supermercati non italiani… non parliamo del posizionamento dei cinesi nella piccola distribuzione, nè del posizionamento di egiziani e emigrati dal Bangladesh, che di fatto stanno stabilendo una sorta di monopolio dei punti vendita di fiori e ortofrutta. Non parliamo dei flussi migratori, nè dei vaccini imposti da Big Farma, non parliamo degli OGM e degli antipesticidi, della ventilata fusione Bayer-Monsanto e dei suoi effetti, non parliamo del CETA e del (quasi) monopolio nella paytv di Sky – Murdoch – ecc…

 

Conclusioni

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L’Italia è stata “globalizzata passivamente” già da molti anni, sotto gli occhi di tutti, complici i media drogati di pubblicità e con il sostegno dei partiti al Governo e dei maggiordomi che li hanno guidati.

Purtroppo (e lo sottolineo) non è solamente tornando a una moneta sovrana o uscendo dalla UE che si riacquisterà la sognata Sovranità.

I fronti su cui battersi sono dunque molti e non vanno limitati dalle visioni economicistiche o monetaristiche.

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Ogni aspetto citato merita inevitabilmente una trattazione dettagliata e prevederebbe una strategia unitaria per riconquistare brandelli di posizioni perdute.

Ogni tassello di questo puzzle è un pezzo di Sovranità che abbiamo lasciato sul campo. La visione generale, e la ricomposizione dell’intero mosaico, credo che aiuterebbe molto il dialogo tra tutti i soggetti che si battono per una “nuova Liberazione” dall’invasore, sia esso europeo o genericamente internazionale. Mentre invece il confronto aspro, circoscritto ai due temi che costituiscono la scelta estrema, assicura solo il perpetuarsi delle divisioni e il mantenimento della sudditanza.

 

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