Elezioni 2018. L'ossessione dem per le interferenze russe

Un rapporto paranoico di un senatore USA, giornalisti che copincollano obbedienti, ed ecco servito un allarme russofobo per le elezioni del 4 marzo. Ormai è un format (perdente). [Pino Cabras]

Elezioni 2018. L'ossessione dem per le interferenze russe
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10 Gennaio 2018 - 23.52


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di Pino Cabras.
 
Ora, non è che io abbia un’ossessione contro i russofobi. Sono i russofobi a essere ossessionati e ossessionanti. Sta diventando un format, poveri noi. Prendete ad esempio questo articolone on line della solita Repubblica (uno dei più ligi megafoni della NATO):
Già nel titolo e nel sommario troviamo uno spettacolare esempio di «bispensiero» orwelliano, praticamente lo stesso meccanismo psicologico del romanzo 1984, dove il Partito del Grande Fratello pretendeva da chi era bombardato dai contenuti dei teleschermi che credesse contemporaneamente a due verità normalmente incompatibili: doveva sostenere un’idea e il suo contrario, così da non stare mai al di fuori dell’ortodossia, scordando sia di aver cambiato opinione sia l’atto stesso dello scordare. Cioè un principio opposto a quello del XXVII canto dell’Inferno di Dante, «la contradizion che nol consente»
A la Repubblica, alla NATO, a casa dei politici USA, la contraddizione invece consente tutto. Tanto che leggiamo:
«Il documento redatto dallo staff del senatore democratico Ben Cardin avverte: “Il Cremlino probabilmente cercherà di favorire i partiti contrari alle sanzioni contro Mosca”. Riferimento a M5s e Lega. “L’amministrazione Usa garantisca il processo democratico di un alleato come l’Italia dall’interferenza straniera”»
Cioè, avete letto bene: un’interferenza straniera lamenta che possa esistere un’interferenza straniera. Orwell, maledetto dilettante!
Per corroborare l’analisi, ecco la solita litania: viene citata ancora una volta una sputtanatissima inchiesta maccartista del sito americano Buzzfeed – ripresa in Italia dalla bolla autoreferenziale degli influencer atlantisti – in cui fu descritto un megacomplotto di siti vicini al M5S per combattere il RefeRenzum sulla Costituzione. In particolare, udite udite, ci fu nientemeno che «un video prodotto da Russia Today e promosso dal network del M5s in cui si mostravano migliaia di dimostranti contrari alla riforma costituzionale, quando in realtà erano state filmate durante una manifestazione a sostegno del referendum.» Questi intelligentoni dei Democrats non hanno ancora digerito la grande marea di No che ha ripudiato un tentativo francamente schifoso di manomettere la Costituzione, da loro sostenuto con valanghe di fake news istituzionali, e cercano scuse puerili per negare la forza intrinseca dell’orientamento pubblico e del voto popolare. Altro che Cremlino! Il loro orologio si è fermato il 4 dicembre 2016 e ancora vorrebbero fermare tutti i nostri orologi.
Ma non basta. Paternalisticamente ci dicono: «alcuni partiti sono vulnerabili alle infiltrazioni, non hanno esperienza, non hanno anticorpi». Mentre ci vorrebbe qualche politico virtuoso e non “infiltrabile”, perbacco. Ecco che lo trovano nel presidente della Camera, Laura Boldrini, lodata per il suo voler «addestrare gli studenti di 8mila scuole in tutto il Paese alla verifica delle notizie e al riconoscimento delle fake news e delle teorie cospirazioniste sui social media». Compito che sarebbe meritorio, se ben attuato: riconoscerebbe ad esempio nel rapporto del senatore USA Cardin tutti i vizi, le fallacie e le paranoie di una teoria cospirazionista, condita da fake news al cubo. Solo che l’ufficio della presidenza della Camera – forse per inesperienza, per mancanza di “anticorpi” – si è fatto “infiltrare” (usiamo pure questo termine, provvisto di un’irrinunciabile accuratezza) da una brigata di balilla digitali, gente capace di dire che occorre «immaginare un sistema di regole condivise sulla Verità», una roba che starebbe bene solo in uno Stato totalitario. Gente che sembra stupirsi che esista il pluralismo.
Siccome il riflesso russofobo deve essere implacabile, sempre lì si deve andare a parare, perché la nuova guerra fredda è ciò che i democratici americani – e i loro maggiordomi d’oltreoceano – devono alimentare senza flessioni. Se qualcuno ha qualcosa da obiettare sulle sanzioni contro la Russia e vuole raccontare i fatti in dissenso dall’agenda mediatica della NATO, è sicuramente parte di una terrificante guerra asimmetrica di Putin «con l’obiettivo di destabilizzare i governi nelle fragili democrazie di Ucraina e Georgia». Gli addestratori americani di milizie paranaziste e le valanghe di dollari riversate sulla vorace oligarchia ucraina non sono mica interferenze antidemocratiche. Il rapporto dei bravi Dem così preoccupati delle nostre imminenti elezioni e delle “fragili democrazie” non citerà mai un mio articolo del 2014 su Hunter Biden, figlio dell’ex vicepresidente democratico USA e i suoi alleati di Kiev. 
Si bolli tutto come teoria del complotto, e via. E allo stesso tempo si denunci il mega-complottone di Putin che sta congiurando per favorire il «crescente consenso riscontrato dai partiti “populisti e anti-establishment”» in Europa e anche in Italia. Capito? Anti-establishment. Non sia mai che ce lo tocchino, per cui teniamocelo caro, questo bell’establishment che il mondo ci invidia. E teniamoci la cosa che più di tutte interessa ai padroni di Washington: le sanzioni contro la Russia. Anche se queste sanzioni ci fanno molto danno, anche se voler piegare la Russia con le sanzioni è come voler spaventare un porcospino mostrandogli il culo nudo (abbastanza intercambiabile con la faccia di un politico straniero che pretende come salvarci dalle influenze straniere).
Il 4 marzo 2018, dopo il 4 dicembre 2016, potrebbe essere una data preoccupante per i “dem” tanto cari a Repubblica. Per cui già strillano, già denunciano, già fanno i maccartisti, già trovano giornalisti che copincollano obbedienti come soldatini le loro veline. 
 

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