Il primo senatore nero della Repubblica Italiana

"Selvaggio e alla rinfusa turbina il mondo!" [Piotr]

Il primo senatore nero della Repubblica Italiana
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8 Marzo 2018 - 07.18


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di Piotr

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Confusione mi viene, da che mi son svegliata; selvaggio e alla rinfusa turbina il mondo! […] Chi la tracotanza insegnò, punisce la tracotanza? Chi all’azione infiammò, dell’azione s’adira? Chi il giusto difende e il giuramento protegge, al giusto è d’impedimento e regge con spergiuro? Lascia ch’io ridiscenda! E che il sonno rinserri il mio sapere!”[1]

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1. Erda, dea della Terra è sconvolta da questo mondo che sembra turbinare senza senso.

Anche la mia generazione non ci capisce più nulla. La nostalgia le ha offuscato la mente. Per giunta non ha nemmeno la sapienza di Erda, sapienza che giace nel suo sogno, sogno che nasce dal suo sonno. Tutta la sapienza della mia generazione sta invece in due slogan e in un paio di testi capiti male; e in un autoimposto sonno della ragione. D’ora in avanti capirà ancora meno correndo il rischio di diventare una delle generazioni più inutili dal dopoguerra a questa parte e di farsi disprezzare dai suoi figli e dalle sue figlie, dai nipoti e dalle nipoti. E a ragione, perché c’è un che di egoistico in questo ritratto di Dorian Gray politico in cui la mia generazione cerca di perpetuarsi.

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Vedo che il primo senatore nero della storia della nostra Repubblica è Toni Iwobi, italiano di origini nigeriane. E’ stato eletto nelle fila della Lega (che io non ho votato e di cui non sto quindi facendo il panegirico, come qualche anima semplice e munita di paraocchi potrebbe pensare). Sto solo dicendo che tutto turbina. Perché quando la base di massa di Donald Trump è la stessa di quella che un secolo prima era il sostegno dell’Industrial Workers of the World, la più fantastica organizzazione comunista degli Stati Uniti, quando il Movimento 5 Stelle è sostenuto dalla composizione sociale 2.0 che sosteneva il Partito Comunista Italiano, vuol dire che tutto turbina e che qualcuno, per forza di cose, verrà spazzato via (a meno di golpe o “regime change“, diretti oppure sornioni come può capitare nel nostro Paese dove anche le cose gravi non sono serie, come diceva Ennio Flaiano).

Il dottor Toni Iwobi non è il primo parlamentare afro-italiano. Infatti il PD riuscì a produrre il più inutile ministro degli ultimi anni, mettendo a capo delle Politiche per l’Integrazione Cécile Kyenge, italiana di origini congolesi. Ho avuto modo d’incontrarla in un’occasione, una donna gentile e con un viso estremamente simpatico. Fece un buon lavoro, apprezzato dai neri immigrati nel nostro Paese che per riconoscenza si cucivano uno dopo l’altro le labbra con ago e filo nei centri cosiddetti di “prima accoglienza”, probabilmente proprio per trattenere le lodi per le politiche di accoglienza del governo di allora, a guida PD.

L’inutilità della ministra Kyenge non dipendeva da lei, ma dai suoi capi, perché io sono sicuro che la dottoressa Cécile era animata da ottime intenzioni (uso apposta l’indicativo e non il congiuntivo). Ma coi vincoli di Maastricht come si fanno a integrare flussi di decine di migliaia di immigrati dato che con quei vincoli si emarginano persino gli Italiani? Un controsenso, vero? Un paradosso socio-finanziario (o, in termini correnti, una presa per i fondelli). Un altro turbinio senza senso. E su questo turbinio, che è sotto gli occhi di tutti, ha fatto le sue fortune la Lega.

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2. Tutto turbina senza senso. Non è vero?

No! Non è vero: un senso c’è. Il buonismo di sinistra, di chi vuole “più Europa e più immigrati”, di chi vuole la botte piena e la moglie ubriaca – la moglie degli altri, ovviamente, perché il famoso “Non nel mio giardino (in centro)” vale anche per i buonisti -, non è altro che la copertura di una tratta di schiavi che devono essere eradicati dai loro Paesi a suon di bombe (e abbiamo dimostrato anche noi di saperlo fare) e di rapine economiche e di risorse (anche qui non siamo gli ultimi) e poi costretti a venire qui da noi per essere ghettizzati, umiliati e offesi a ingigantire un esercito industriale (etnico) di riserva:  delocalizzazione a chilometro zero. E, in the process, creare tensioni culturali – dato che l’integrazione è solo una façon de parler e dato che basta una piccolissima percentuale per la nobile impresa –  che ovviamente qualche idiota di destra col ritratto di Hitler sul comodino o con paturnie islamofobe e per ragioni opposte qualche altro idiota, di sinistra, dipingerà come tensioni “razziali”. Infamia a questi untori. A loro tutto il mio disprezzo. Usano esseri umani come scudo della loro imbecillità contrapposta, razzismo cattivo vs razzismo col cuore in mano, razzismo infernale vs razzismo celestiale.

Io, per me, ho cancellato la parola “razza” dal mio vocabolario.

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Tutto turbina in modo confuso.

«Perché sta succedendo qualcosa qui/ma tu non sai cosa sia/non è così signor Jones?» cantava nel 1965 Bob Dylan. Oh, come ci riconoscevamo in quelle parole! Ma ora siamo diventati noi i signor Jones: «You walk into the room, with your pencil in your hand». Abbiamo concentrato tutta la nostra sapienza sulla punta di un pennino, e per giunta del pennino di qualcun altro. E il mondo ci è sfuggito di mano. Poco male, se nel mondo non ci fossero anche i nostri figli.

Tutto turbina in modo confuso. Non è vero signore Jones?

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[1] Richard Wagner, “Sigfrido”. Un’opera in cui l’ormai maturo e “rosso-bruno” Wagner evoca nell’eroe puro – e notevolmente tonto – Sigfrido, la sua gioventù sulle barricate di Dresda assieme a Michail Bakunin, che gli costò una condanna a morte (e poi l’esilio). Erda strigliando qui Wotan probabilmente striglia lo stesso Wagner, politicamente e musicalmente. Insomma, qui Wagner affronta la sua cattiva coscienza e la sua stessa rigida e cervellotica concezione del dramma in musica.

 

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