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I candidati al mondo multipolare: dal caso Skipral al caso Facebook

Alcune riflessioni molto pertinenti di alcuni lettori del mio articolo “Spigolature dal conflitto mondiale” mi suggeriscono di fare alcune precisazioni. [Piotr]

I candidati al mondo multipolare: dal caso Skipral al caso Facebook
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23 Marzo 2018 - 07.27


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di Piotr

Alcune riflessioni molto pertinenti di alcuni lettori del mio articolo “Spigolature dal conflitto mondiale” mi suggeriscono di fare alcune precisazioni.

Queste precisazioni sono necessarie anche perché non vorrei che quanto scritto accreditasse alcune semplificazioni che vedono solo il bianco e il nero, ma non i toni di grigio. Al contrario, le nuance qui sono molteplici. E “nuance” nel nostro caso significa “contraddizioni” e “conflitti” interni anche allo stesso campo occidentale.

Avevo chiuso parlando del dualismo di potere presente da tempo negli Stati Uniti. Questo riferimento, leggendo a ritroso l’articolo, doveva indurre a pensare che le mosse di Trump non hanno una lettura univoca. La mia affermazione che Trump è ingabbiato dai neo-liberal-cons, non va letta in modo meccanico, ma deve tener conto che il conflitto interno è sempre aperto, per via delle forze che stanno dietro a Trump, di cui accennavo e di cui parlo fino alla noia ogni volta che parlo di Trump, per evitare ogni tentazione di personalizzazione, sempre in agguato e buona solo a nascondere i fenomeni profondi (la berlusconfobia, malattia meningitica della sinistra, insegna). 

Il mondo vive le doglie del parto di un’epoca nuova, che è una configurazione nuova di molte cose, tra le quali, importante, il potere mondiale.

Qui stanno le convulsioni geopolitiche e le guerre.

Nello scontro in atto il ruolo di protagonista è coperto dalla potenza egemone uscente. Cioè gli USA. Gli USA possono quindi sembrare il maggiordomo dei gialli, cioè il colpevole unico. In realtà gli USA sono colpevoli di moltissime cose, ma visto che si sta parlando del parto di un mondo multipolare, non bisogna dimenticarci degli altri poli o candidati poli.

Lasciamo stare chi ha un alibi di ferro, quindi la Russia e la Cina. Per quante altre colpe possano avere, in questo momento non hanno nessun interesse a scatenare guerre. Anzi cercano di starsene alla larga per quanto possibile, di non farsi ingaggiare e se ingaggiati, di farle finire anche rinunciando a qualcosa.

A questo comportamento concorrono molti fattori, culturali, politici, geografici, economici, storici, intrecciati tra loro (basti considerare le differenti esperienze di guerra tra USA e UK da una parte e Russia e Cina dall’altra; basti considerare che gli USA e gli UK sono delle “isole” – e gli UK in senso letterale – mentre la Cina e la Russia non lo sono).

La necessità del conflitto sta dalla parte del potere in difficoltà, cioè degli USA, in primis, ma non solo degli USA, ma di tutto l’Occidente e in particolare delle potenze che una volta nell’Occidente primeggiavano.

Dato che si sta andando verso un mondo multipolare le variabili in gioco crescono e tutti vogliono dire la loro nella nuova configurazione tentando di arrivarci avendo guadagnato una posizione di forza. Tentativo che, ovviamente, modifica proprio il percorso verso il mondo multipolare, che tutto può essere tranne che lineare, nemmeno vagamente.

Qualcuno qui sarebbe tentato di tirare in ballo il principio d’indeterminazione di Heisenberg (l’osservatore influenza il fenomeno osservato, per dirla in termini semplici). Ma dato che la meccanica quantistica qui non c’entra nulla preferisco di gran lunga ricorrere a Lenin quando disse che il capitalismo andava teoricamente nella direzione del “superimperialismo” prevista da Kautsky, ma in questo percorso avrebbe messo in moto forze che avrebbero portato a conflitti mondiali e non a un superimperialismo. Aveva fin troppo ragione, perché poco dopo scoppiò il primo atto della guerra mondiale trentennale 1914-1945.

Potete chiamarla “dialettica”, o chiamarlo “trade-off“, io lo chiamo “capir di politica” (purtroppo nella sinistra “marxista” semplificazioni come il “superimperialismo” o il “capitale unico mondiale” sono ancora presenti e questo è un altro motivo per cercare di de-semplificare, cioè di guardare in faccia alla realtà con meno ideologia).

Ordunque, si parlava delle potenze primeggianti nell’Occidente. Vediamole un po’.

a) Gli USA hanno sostanzialmente due opzioni davanti a loro che, molto schematicamente, sono:
(i) Quella che chiamerei “opzione Clinton”, ovvero tentare di rimanere egemoni, spingendo l’aggressività fino al limite di una guerra mondiale e sperando che alla fine gli altri cedano per paura. Qui giocano molto anche i fattori culturali e storici di cui si parlava prima e anche la loro elaborazione miope se non addirittura invasata. E’ l’opzione meno realistica. Perché equivale a pretendere che l’1% del 7% della popolazione mondiale domini tutto il globo.

(ii) Poi c’è quella che possiamo chiamare “opzione Kissinger-Trump-ultimo Obama”, ovvero evitare che Russia e Cina si compattino, perdere meno terreno possibile in Europa e in Asia e puntare sull’Africa. E’ una linea più realistica ma con molteplici paradossi e circoli viziosi. Uno, ad esempio, è il rilancio dell’industria e dell’occupazione interna che vuol dire rischiare il TPP e mollare il TTIP, che hanno una valenza geopolitica oltre che economica. Ma anche in questo caso ci sono molte ambiguità, perché la minaccia dei dazi potrebbe essere invece un forcing verso un TPP e un TTIP informali. Cosa sia nelle intenzioni e cosa no, magari non lo sanno nemmeno loro. Non solo, ma aggravare la situazione economica in Europa e scombinarla politicamente sono la stessa cosa, mentre gli USA hanno una necessità vitale dell’Europa (il risultato è che ci sarà una probabilissima ulteriore stretta antidemocratica nei nostri Paesi, già anticipata da Macron in Francia e dalla lista di premier del presidente in Italia – e dal fatto che del responso delle urne non importa niente a nessuno tra quelli contano davvero).

b) Gli UK stanno prendendo la palla al balzo e cercano di rilanciarsi come grande potenza. La Brexit è stata un po’ come dire: mollo la nave che affonda, mi ricostruisco il mio Commonwealth e divento il quarto incomodo.

Qui si inserisce la messinscena dell’avvelenamento della ex spia Sergei Skipral, messinscena che   probabilmente ha colto di sorpresa l’entourage di Donald Trump.

Secondo Thierry Meyssan, il governo May era in combutta con Rex Tillerson (che Meyssan considera una sorta di agente al servizio di Sua Maestà). Il ben servito a Tillerson avrebbe quindi sventato il tentativo degli UK di bombardare Damasco e di iniziare (così dice Meyssan) una guerra fredda con la Russia. Thierry Meyssan sa molte cose che io non so, dati i suoi contatti. Ma il suo ragionamento presuppone che una nuova guerra fredda non sia già in atto – e invece è in atto – e che Donald Trump voglia e abbia la possibilità di attuare la strategia di cui si sta parlando senza tener conto delle sue contraddizioni economiche, finanziarie e politiche. E, in aggiunta, salvando i suoi interessi e la sua persona. Cosa che secondo me non è possibile.

Sicuramente gli UK stanno tentando un gioco geopolitico relativamente autonomo dagli USA.

Da qui, ancora sicuramente, i sospetti degli USA nei confronti degli UK che Washington ha necessità che si mantengano subordinati e non interferiscano coi suoi piani, per altro caotici e ondivaghi. In specifico, Trump potrebbe, una volta venutone a conoscenza, aver deciso di smontare il complotto May contro la Russia e mettersi di traverso alle mene degli UK, della Francia e del “secondo potere” statunitense in Siria, ma di utilizzare quanto è successo per fare pressione sulla Russia (e non dimentichiamoci che la lobby sionista interferisce anch’essa nei piani della Casa Bianca).

Un po’ come è successo con la Libia, dove UK e Francia hanno fatto da motore e Obama si è inserito per prendere le redini di una situazione che ormai era in movimento (cosa che poi ha rinfacciato a entrambe le potenze europee). E, ancora per una volta sicuramente, questi intrighi incrociati vedono vari settori statunitensi in conflitto tra loro. E’ il protratto dualismo di potere di cui si parlava.

D’altra parte simili intrighi, in piccolo, ci sono anche all’interno dell’Europa. Ad esempio, per me nel caso Regeni c’è lo zampino dei servizi francesi in combutta con ambienti dei servizi egiziani (forse settori infeudati all’Arabia Saudita) – contro l’Italia mentre al-Sisi non c’entra nulla. Ovviamente nessuno ha le prove di alcunche. Il ragionamento è esclusivamente politico e logico.

Ad ogni modo, già agli inizi di febbraio il generale Jim Mattis aveva dichiarato che gli USA non avevano nessuna prova dell’uso del sarin da parte del governo di Damasco. Quindi su questo l’Amministrazione Trump era stata chiara.

Che la May, e quell’inqualificabile di Boris Johnson, abbiano a quel punto tentato autonomamente il colpaccio con l’aiuto del “secondo potere” statunitense, è verosimile. Il fatto è che per fare quel che vogliono fare, negli UK ci vorrebbe un Churchill (e negli USA un Roosevelt). Nel mondo occidentale c’è anche l’evidente problema del personale politico, perché quello disponibile è di bassissima caratura.

Dato che anche Trump non ha chissà quale caratura (per lo meno visto da lontano, magari non è vero), evidentemente ha dei guardaspalle abbastanza “cazzuti”.

Adesso stiamo a vedere le ricadute dello scandalo Facebook su Trump (e su Bannon, che è uno dei cazzuti). Guarda caso lo scandalo è partito dagli UK (però vorrei essere cauto nel tirare subito conclusioni da ciò, anche se la tentazione c’è).

c) La Francia cerca di fare pateticamente quello che fanno gli UK. Vorrebbe fare il quinto incomodo. In realtà è una candidatura un po “scrausa” come si dice a Roma. Tra l’altro, i suoi fondamentali economici sono pessimi, peggiori dei nostri, e ha un po’ di respiro in più perché ha il Franco Africano e la Force de Frappe. Tuttavia rilancia la sua candidatura a quinto polo come può e appena può. Si è già fatto notare il ruolo frenetico e isterico della Francia nella guerra alla Libia. Adesso continua a manovrare in Africa e in Medioriente (con gli UK) e cerca di rilanciare l’asse con Berlino per sottomettere tutta la UE, cioè per sottomettere una UE che ormai si sta sfaldando.

Non credo proprio però che la Francia abbia la possibilità di fare veramente il quinto incomodo, ma solo quella di creare ulteriori problemi ai “big”.

Questo per quanto riguarda i vincitori occidentali della Guerra Mondiale 1914-1945.

Guardiamo ora brevemente fuori dal nostro mondo.

Della Russia e della Cina si è detto. Cercano di evitare troppi danni in attesa di diventare il primo e il secondo incomodo o, magari, il primo pari merito.

Rimane la mastodontica India. Per ora fa il pesce in barile. Anche perché ha talmente tante gatte da pelare al suo interno, da 800 milioni di persone sotto la soglia della povertà (che in India viene di tanto in tanto ribassata per annacquare le statistiche) a 180 milioni di musulmani governati da un governo nazionalista indù, con un Primo Ministro che ha rivendicato la responsabilità politica di orrende stragi antimusulmane (e con chissà quante cellule al-Qaida-like già pronte all’uso, temo, se anche l’India accennasse a intromettersi nei piani USA) e infine circa 120 milioni di tribali arrabbiati ed esasperati con le multinazionali industriali e agroalimentari e che appoggiano, chi più chi meno, la guerriglia maoista che ormai amministra migliaia di villaggi.

Per finire vorrei ricordare un ulteriore incomodo, un’ulteriore variabile in questa crisi sistemica, cioè l’ambiente, che banalmente vuol dire “energia biologica e condizioni per il sostentamento degli esseri umani”. Ogni tanto presi dalle convulsioni geopolitiche del parto del mondo multipolare ce ne dimentichiamo, ma in realtà non bisogna scordarcene mai. Ci ritorneremo.

 

 

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