Pietre e droni

Ieri in Palestina è avvenuta l’ennesima strage. Ragazzi con pietre e molotov contro l’esercito più addestrato ed efficiente del mondo. [Sandro Vero]

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31 Marzo 2018 - 11.00


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di Sandro Vero

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C’è una realtà dei fatti, delle cose, che merita di essere guardata con il rispetto che merita. C’è poi una realtà del racconto, che richiede un’analisi puntuale i cui strumenti possono essere anche l’ironia e il sarcasmo.

Ieri in Palestina è avvenuta l’ennesima strage. Ragazzi con pietre e molotov contro l’esercito più addestrato ed efficiente del mondo. Risultato: 16 morti e centinaia di feriti. Tutti rigorosamente palestinesi. Che tiravano pietre con le fionde e qualche molotov.

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I TG nazionali, compreso quello de La7, sottolineano il fatto che i militari avrebbero risposto a provocazioni, anche violente, dei manifestanti. Et voilà, il gioco è fatto, la narrazione mainstream è in azione:prima qualcuno provoca, poi qualcun altro spara! E siccome, si sa, la direzione del tempo è anche e soprattutto direzione causale – la causa viene sempre prima dell’effetto – ecco spiegato l’evento. I soldati israeliani hanno reagito, i ragazzi palestinesi hanno provocato. Cosa si vuole sapere di più?

C’è di più: il Tg ribadisce più volte che dietro la manifestazione e le “violenze” c’è una guerra intestina al fronte palestinese, un conflitto sotterraneo per la supremazia. Questo sembra un po’ più oscuro: si vuole dire che i soldati israeliani hanno “reagito” anche alla lotta interna dei palestinesi? O si vuole dire che i soldati israeliani hanno reagito a provocazioni artatamente “commissionate” dalle fazioni in lotta.

Cosa diavolo si vuole dire?

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Probabilmente nulla di preciso. L’operazione comunicativa è piuttosto grossolana ma efficace: basta ottenere l’effetto di spostare il baricentro della responsabilità quasi completamente dalla parte dei manifestanti e la faccenda è chiusa. I soldati ne possono uscire quasi ripuliti di ogni carico morale: sparare proiettili a manifestanti sostanzialmente disarmati sembra diventare un gesto essiccato di ogni umore etico, un automatismo difensivo, un elemento robotico, innescato, telecomandato da altro, da altri, che hanno certamente preventivato l’esito dello scontro.

Un ulteriore passaggio del TG è interessante: gli scontri di ieri accadono nell’anniversario di ben altra strage – risalente al 1976 – dove ben più grave fu il bilancio delle vittime. Ancora una volta palestinesi con archi e frecce contro soldati armati. Come a dire: abbiamo fatto passi avanti! Gli israeliani sono più attenti all’incolumità dei manifestanti…

Fra questo piano delle narrazioni e la considerazione più scientifica, storicamente fondata, della creazione dello stato di Israele c’è un abisso di cose non dette, di logiche distorte, di vuoti di senso. La ragione è probabilmente da ricondurre al fatto che tale considerazione non lascia scampo: nell’immediato dopoguerra l’Occidente, tanto per cambiare, pretese di rimediare all’orrore della Shoa con una scelta scellerata. Diventata, inesorabilmente, il principale focus di destabilizzazione del mondo.

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