Quel che resta delle stelle

Ecco: il M5S si è nutrito, per dieci anni, del fallimento della sinistra. [Alessandro Gilioli]

Quel che resta delle stelle
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2 Giugno 2018 - 08.40


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di Alessandro Gilioli

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C’è stato un momento, tra domenica e lunedì, in cui la situazione qui a Roma era pesantissima.

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Ce lo dicevamo un po’ tra noi, giornalisti e circo vario attorno alla politica, ma lo si scriveva moderatamente per non aggravare il senso di inquietudine.

Il niet a Savona, il video digrignante e minaccioso di Di Maio, la richiesta di impeachment, la chiamata alla piazza, il delirio di qualcuno che incitava alla guerra civile. È stato allora che ho giudicato un errore politico (non costituzionale, sia chiaro) la decisione di Mattarella su Savona: perché aveva spaccato malamente il Paese e rischiava di provocare reazioni incontrollate.

Invece – per fortuna – alla fine una mediazione si è trovata, il governo si è fatto, gli spadoni sono stati riposti nelle fodere, il Presidente ha riaccolto i dioscuri al Colle. Ah: chi ha già comprato il biglietto per manifestare a Roma pro o contro di lui, ormai che c’è può venire al baretto sotto casa mia che ci si fa una birra insieme.

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Questo per dire che si è rivelato sbagliato il mio giudizio sull’«errore politico» compiuto da Mattarella domenica sera. Ha rischiato molto e forse esagerato un po’ (ad esempio, incaricando un uomo della Troika privo di ogni consenso cinque minuti dopo lo scontro su Savona) ma con il suo bluff ha vinto. Non interesserà a molti, ma interessa a me correggermi quando a correggermi sono i fatti.

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So che tra i miei 25 lettori, qui, non mancano quelli di simpatie pentastellate, nelle diverse sfumature: dai più tenui ai più assertivi.

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Questo probabilmente per via della piccola storia di questo blog, nato in tempi di comune e decisa battaglia contro il berlusconismo nella sua fase peggiore, quello delle leggi ad personam; e forse anche per la curiosità e l’interesse che ho avuto verso Grillo fin dai suoi primi post, circa 13 anni fa, quando a scrivere sul web eravamo in quattro gatti e non esistevano i social.

Al contrario di tanti altri, poi, sono sempre stato lontano da ogni demonizzazione preventiva verso il fenomeno-Grillo (pur non avendolo mai votato).

Banalizzando, credo che i miei lettori pentastellati provengano da sinistra – peraltro solo uno sciocco può credere che non vi siano tante persone provenienti dalla sinistra (dai suoi valori storici, assai più che dai suoi partiti) le quali oggi stanno con il M5S.

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Del resto, Casaleggio padre ancora quattro anni fa invitava tutti a urlare insieme il nome di Berlinguer, in piazza San Giovanni; al M5S si avvicinavano personalità di sinistra come Dario Fo (più di recente, De Masi o Roventini); e contemporaneamente il Pd insisteva nella sua parabola di emulazione del centro e della destra economica, di cedimento epocale rispetto agli ideali del Pci, da cui proveniva.

Ecco: il M5S si è nutrito, per dieci anni, del fallimento della sinistra. Molti esponenti nei sedicenti partiti di sinistra oggi si indignano del suo successo, ma ne sono stati di fatto tra gli artefici.

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Sarebbe tuttavia molto ottuso non osservare l’evoluzione e la graduale trasformazione del Movimento 5 Stelle.

Dieci anni fa la prima stella era l’acqua pubblica; la seconda l’ambiente; la terza la connettività, il web; la quarta era l’economia circolare e dal volto umano al posto dello sviluppo insostenibile e del saccheggio del pianeta; la quinta l’abbandono dei combustibili fossili e il passaggio dal privato al pubblico per i trasporti.

Tutte cose molto belle, tra l’altro.

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Così come del tutto condivisibile era l’attenzione verso i precari (spesso dimenticati dalla sinistra) e verso l’inaccettabilità esistenziale di un modello stritolante di consumo-produzione, che svuota di senso le nostre vite.

Anche l’utopia/distopia di una democrazia diretta nasceva dal tentativo di risolvere un grave problema, cioè il tradimento troppo frequente della rappresentanza, la lontananza sempre maggiore tra le persone e il Palazzo.

Oggi mi chiedo, senza livore, cos’è rimasto di tutto questo nel “contratto di governo” (a proposito, ma non ci avete detto per anni “nessuna alleanza, o governeremo da soli o niente?”).

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Mi chiedo quanto questi ideali primigeni siano stati diluiti o affogati in un’intesa dove le priorità sono tutt’altre, dove la cultura di fondo è tutt’altra. Perché di chiusura, non di apertura. Perché guarda al passato, non al futuro. Perché parla alla paura, non alla speranza.

Il tutto in un governo tra i cui personaggi forti troviamo lo sceriffo Salvini al Viminale (con tutte le sue ruspe, immagino); l’economista preferito da Brunetta, Tria; il sempreverde d’establishment Moavero Milanesi che andava bene per Monti, Letta e Cottarelli, ma va bene anche per “il cambiamento”; l’avvocatessa di Andreotti (ed ex An) Giulia Bongiorno, che ci spacciava per assoluzione una condanna storica del suo cliente mafioso; l’antiabortista e omofobo Lorenzo Fontana, fissato col “gender” e cattolico anticonciliare, che si occuperà di famiglia – spero non la mia e nemmeno la vostra.

Mah. Davvero vi piacciono? O più semplicemente: davvero li accettate senza battere ciglio? Davvero avete abbassato l’asticella così tanto, voi che siete nati proprio per giustificato sdegno per le troppe asticelle abbassate negli ultimi dieci anni dal Pd?

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A proposito. Ricordo un’intervista di Beppe Grillo al Corriere nel 2012, sei anni fa. Diceva così, il fondatore del Movimento: «Non è di sinistra l’acqua pubblica? Non è di sinistra la raccolta differenziata? Non sono di sinistra tutte le altre cose che proponiamo? Non sono tutte cose condivise dai ragazzi e dalla base del Partito democratico? Perché quelli di sinistra non si sono impossessati delle nostre idee? Le ho tentate tutte, anche violentandomi in una sezione del Pd ad Arzachena per farmi dare la tessera. Niente, non vogliono ascoltare. Vogliono solo parlare tra loro».

Aveva ragione.

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Tuttavia oggi guardo il “contratto”, e molti degli esponenti politici che lo impersoneranno. E mi chiedo: non è di destra la flat tax, che taglia le tasse ai ricchi? Non è di destra la cosiddetta “pace fiscale”, cioè il condono? Non è di destra il taser ai poliziotti, la pistola elettrica che per Amnesty International è uno strumento di tortura? Non è di destra il capitoletto del contratto sulle spese militari e sulla “tutela dell’industria italiana del comparto difesa”? Non è di destra la xenofobia di Salvini e la sua promessa deportazione di 500 mila migranti? Non è di destra la libertà di sparare a un’ombra che cammina sul tetto, con cui si reintroduce di fatto in Italia la pena di morte (e senza nemmeno un processo)?

Ecco, ai simpatizzanti M5S che passano di qui pongo queste domande e suggerisco – se posso – di non fare lo stesso errore che Grillo imputava al Pd. Non parlatevi solo tra voi.

(1 giugno 2018)

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