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L'Europa tra fisica e metafisica

I fatti concreti dissolvono le nebbie della metafisica europeista e fanno precipitare il tema sulla fisica. [Pierluigi Fagan]

L'Europa tra fisica e metafisica
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29 Giugno 2018 - 17.38


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di Pierluigi Fagan

 

Sul tema “Europa” ha a lungo dominato la metafisica espressasi in due versioni, quella del mercato che tutto e tutti unisce e quella del “sogno di una cosa” o di una casa, comune, per tutte le genti del tormentato sub-continente. Il mercato, per altro, è anche un fatto ma si sta dimostrando che non è un fatto sufficiente per farci base per la costruzione della casa. Addirittura si potrebbe notare che in effetti gli scambi di mercato migliori sono quelli tra dissimili mentre per fare casa comune occorre un qualche pregresso “in comune” che di solito si trova tra simili. Tant’è che l’UE è a 28 ed a tratti c’è pure chi aveva vagheggiato una inclusione dei turchi o degli israeliani o degli egiziani. Fare un mercato ha logica del tutto diverse da quelle che governano la costruzioni di stati, ed una cosa è certa: fare una casa comune è fare, in prospettiva, uno Stato.

Fino a qualche mese fa, pochi mesi fa, il dibattito era ancora governato dalla metafisica, opinioni in libera uscita su chi la voleva cruda e chi la voleva cotta, asini che volevano come gli Stati Uniti d’Europa, ferrei paradigmi economicisti o meglio, monetari, diarchia regnante un po’ a Parigi, un po’ di più a Berlino.

Ma ecco che irrompono due fatti concreti. Il primo è la serie a ripetizione degli attacchi di Trump: dazi sull’export, liaison con gli euro-orientali, datemi più soldi per la NATO, richiamate i russi al tavolo, special relation con il nuovo governo italiano. Il secondo è la stagionale questione migratoria che nella sua ricorsiva manifestazione non ha nulla di nuovo, ma che ha incontrato una nuova variabile di quadro: l’Italia che chiude i porti ed apre le discussioni.

I fatti concreti dissolvono le nebbie della metafisica europeista e fanno precipitare il tema sulla fisica. E con la fisica, torna la geografia che abitata da genti è sempre geostoria. Nel nuovo contesto l’unità metodologica torna ad essere lo Stato, l’istituzione della sovranità giuridica-fiscale-militare che un popolo ha su un territorio. Una istituzione umana che ha appena cinquemila anni, forse seimila, e che i metafisici di varia estrazione, quelli liberali e quelli marxisti, avevano liquidato con la tipica leggerezza di chi confonde le parole con le cose, gli universali coi particolari, l’idea con il “tode tì” (il “questo qui”, il concreto, la sostanza per Aristotele).

E con gli Stati tornano le interrelazioni tra Stati su base geostorica: i britannici che, pragmatici ed empirici, per primi hanno dato il via al ritorno ordinativo della fisica; i nove di Bucarest non russi e non euro-occidentali con sogni ancora vaghi e per altro neanche coincidenti tra Intermarium e Trimarium; la Lega anseatica degli euro-nordici un po’ germani, un po’ scandinavi; i latino-mediterranei richiamati dalla comune condizione di dirimpettai all’Africa a condividere problemi e quindi anche a convenire le soluzioni.

Certo, le cose non sono mai nitide come vorremmo, transitano e fanno i conti con l’attrito delle contraddizioni e delle rispettive complessità. Tra i britannici c’è chi vorrebbe mantenere il mercato comune con gli europei, tra gli euro-orientali c’è chi odia i russi e chi no, tra i nordici c’è chi come Merkel e la SPD s’incupiscono all’idea del non realizzo del sogno europeo germano-centrico. Poi, tra gli euro-sud, c’è il povero Macron che è in un gran bel pasticcio tra la tradizione del trattato dell’Eliseo, la grandeur, l’asse FN-Lega, egoistici interessi africani, la prospettiva di un riproporsi della questione corsa ed il mandato di leader dell’internazionale liberale che lo vuole a capo dell’asse Ciudadanos-Renzi per tornare alla metafisica del mercato.

Ma se le cose non sono nitide in fotografia, diventano più chiare nel film ed il film sta cambiando il registro tra il primo ed il secondo tempo: svaniscono gli enti metafisici e torna a dettar il contesto di riferimento per tutti, la concreta realtà. Penso sia un bene, anche se a molti sembrerà diversamente.

 

 

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