Piccole donne crescono

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30 Giugno 2009 - 18.29


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di Alessandro Cisilin – da «Galatea European Magazine» di luglio

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La persistenza di un solido settore pubblico era uno dei pochi segni distintivi dell”era del New Labour rispetto a quella dei tagli thatcheriani. Ora anche tale residuo del welfare viene messo a repentaglio dall”ideologia delle “riforme” che significano decapitazioni di stipendio e personale.

La crisi e le ripetute sconfitte dei laburisti non sembrano aver prodotto un ripensamento in materia, anzi un”ulteriore accelerazione. L”azione di quel che resta del sindacato britannico suona allora come l”estremo baluardo di un”epopea. E il suo simbolo più recente è il trionfo in una lunga battaglia giudiziaria di alcune pensionate. Che hanno chiesto, quantomeno, il riconoscimento dei loro pari diritti rispetto agli uomini, nonché del lavoro prestato.

Dopo oltre dieci anni di contenzioso, il mese scorso ventisette donne mal pagate hanno celebrato l”affermazione di quei diritti salariali e pensionistici. Le coraggiose signore si erano rivolte a un tribunale del lavoro denunciando di essere discriminate in ragione del loro sesso. Lavoravano in una scuola prestigiosa a Monmouth, nel Sud del Galles, frequentata dai rampolli dell”aristocrazia locale. Splendide strutture per attrarre facoltose famiglie, ma niente trippa per i gatti che vi operano.

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Confinate ai lavori più modesti, svolgevano funzioni quali il baby-sitting, le pulizie, la contabilità, la cucina, l”accompagnamento dei ragazzi in difficoltà. Lavori preziosi ma dietro le quinte, con stipendi da fame, e per giunta inferiori a quelli percepiti dai pari grado uomini, con l”umiliante epilogo della mancata assegnazione delle prestazioni pensionistiche solitamente previste nei contratti scolastici.

Anche la magistratura britannica ha le sue lungaggini, ed è giunta al dibattimento quando oramai molte di loro erano giunte al pensionamento. La pronuncia è stata però rapida, seguendo di pochi giorni l”udienza e l”esame della documentazione. Il risultato sembra modesto nelle cifre, a testimonianza del declino dei diritti dei lavoratori britannici.

L”istituto è stato condannato a sborsare in tutto centocinquantamila sterline, pari a risarcimenti individuali tra le millecinquecento e le diciassettemila sterline. Cifre che comprendono una limitata una tantum di morosità, che si somma a una contribuzione annuale di milletrecento sterline. Un caso seguito dalle parti soprattutto come una battaglia di principio, dunque, a cominciare da quello della non-discriminazione.

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«La scuola ha speso più in spese legali che per la liquidazione dei suoi lavoratori», commenta il sindacato Unison, la seconda sigla del paese per numero di iscritti, una delle poche a essere sopravvissute alle politiche antisindacali degli anni ottanta. Legata tradizionalmente proprio ai laburisti al potere, i suoi contributi finanziari al partito sono oramai significativamente ridotti all”osso.

È la stessa Unison ad aver seguito la vicenda giudiziaria e a sottolinearne ora l”esito nei termini del “fatto epocale”, in ragione della «dignità e determinazione di queste donne a battagliare insieme». Insieme, e avendo coscienza dei propri contratti e dei propri diritti, una coscienza che tende oggi a schiacciarsi nell”etichetta dell”atteggiamento anti-impresa.

Secondo statistiche risalenti al 2005, i lavoratori statali nel Regno Unito erano quasi sei milioni, settecentomila in più rispetto a sette anni prima. Nello stesso periodo la crescita dell”occupazione nel settore privato è stata quasi doppia, ma il dato comunque documenta l”attenzione a non falcidiare il pubblico, almeno dal punto di vista occupazionale.

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Anche quel baluardo volge però ora al termine, nelle intenzioni del governo, col cancelliere all”Economia Darling ad annunciare proprio il mese scorso la “difficile sfida” di drastici tagli di spesa. I settori individuati sono i trasporti, l”edilizia pubblica e la stessa istruzione.

Il successo delle donne di Monmouth suona allora come un monito: per i lavoratori il tempo dei sacrifici non è iniziato bensì, al contrario, finito. «La nostra è una grande vittoria di piccole donne», commentano. Sono in realtà ventisei. Alla ventisettesima, l”addetta alle pulizie Kay Bamford, morta prima della sentenza, dedicano il loro trionfo.

acisilin@yahoo.it

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