I diritti dei lavoratori dello spettacolo

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21 Luglio 2009 - 22.15


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Un comunicato letto da dicembre ogni sera in tutti i luoghi di spettacolo d”Italia.

Con un commento di Paola Esposito

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Prendiamo la parola con l”identità che spesso non ci viene riconosciuta: quella di lavoratori dello spettacolo. In Italia siamo più di  200.000: precari, intermittenti, e non tutelati in materia di diritti e di garanzie sociali. Questo sistema rischia di essere ulteriormente danneggiato da un taglio del 30% al Fus, fondo unico per lo spettacolo, risorsa fondamentale del settore e di tutti quelli che ne fanno parte: artisti, tecnici e anche voi pubblico.

 

Tagliare senza un progetto di rilancio significa mettere a rischio tutte le realtà produttive,  soprattutto le più piccole che spesso rappresentano l”eccellenza artistica italiana.

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Chiediamo non solo il ripristino delle risorse destinate allo spettacolo, ma soprattutto una profonda riforma del sistema e delle regole che lo governano per una distribuzione più equa e trasparente.

 

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Vi chiediamo di unirvi a noi per aiutarci a ritrovare una coscienza di categoria e restituire dignità sociale alla nostra professione.

 

Un paese che si rifiuta di investire nella cultura e nell”arte non risparmia ma diventa inevitabilmente più povero. Una comunità che va a teatro, al cinema, ai concerti e che legge, acquisisce sempre più strumenti per scegliere, partecipare e immaginare.

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E” una comunità che si assume la responsabilità diretta della democrazia.

 

Forse l”arte non è la cosa più importante al mondo ma provate a immaginare un mondo senza arte.

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Grazie.

 

(Comunicato letto sabato 18 luglio 2009 in tutti i teatri italiani, vedi QUI)

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Commento di Paola Esposito

Come lavoratrice dello spettacolo (sono una direttrice casting) mi associo all”appello ma devo anche dolorosamente mettere l”accento sulle responsabilità di ognuno di noi e dell”intera “categoria”.

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Abbiamo assistito in silenzio (qualche volta abbiamo proprio partecipato mettendo a disposizione le nostre professionalità), ci siamo prostituiti nel “mercato culturale”, abbiamo contribuito a realizzare prodotti che di culturale avevano ben poco, forse nulla.

Non abbiamo calcolato che la nostra complicità si poteva ritorcere contro noi stessi.

Mi spiego.

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Da una parte spariscono alcune figure professionali, come il direttore casting ad esempio…

Per risparmiare sui costi si opta per altre soluzioni e allora assistenti alla regia, ragazzi alle prime armi, volontari, tutti possono fare un casting, tanto il più delle volte i ruoli principali sono già assegnati. Dall”altra parte riducendo sempre più i fondi destinati allo spettacolo, alla cultura, all”arte, si tende sempre più a creare un mercato chiuso dove le lobby e le cricche dei fedelissimi fagocitano tutto.

Prima di chiedere l”aiuto delle persone, della “gente”, per ritrovare una coscienza di categoria e per restituire dignità sociale alle nostre professioni, penso che dovremmo partire da noi stessi, da ognuno di noi.

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Un abbraccio a tutte/i

Paola Esposito

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